The Mandalorian 2×04 – Chapter 12: The SiegeTEMPO DI LETTURA 4 min

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Ogni stagione ha il suo episodio di svolta, quello che segue le premesse e gli spunti disseminati nella sua parte introduttiva, capace di donare finalmente una direzione alla trama generale, ben sostenuto inoltre da una scossa decisa ed emozionante anche dal punto di vista scenico. È assecondando in pieno tutti questi parametri che il “Capitolo 12” di The Mandalorian si candida prepotentemente a fare da spartiacque di un percorso che, fin qui, stava facendo nascere i primi mugugni di disapprovazione.
Per l’occasione, Jon Favreau riunisce la “cricca” protagonista della prima stagione (quasi al completo, manca solo il compianto IG-11, per forza di cose), richiamando quei personaggi ricorrenti che avevano accompagnato il peregrinare di Mando per la galassia, in una sorta di curioso quanto nostalgico “che fine hanno fatto?”. Quasi a celebrare l’atmosfera di allegra reunion dello “storico” cast, la regia dell’episodio viene affidata proprio a Carl Weathers, il caro Apollo Creed qui interprete del vecchio nemico/amico Green Karga. Dulcis in fundo, con il pretesto di necessarie “cure” alla malandata Razor Crest, si rispolvera infine la stessa ambientazione di Navarro, tanto centrale in passato dello sviluppo della storia quanto del suo protagonista, mostrandola però in tutti i suoi moderni “upgrade” resi possibili dalla buona opera di Karga e di Cara Dune (e per estensione, di Mando, naturalmente).
Insomma, ci sono tutti gli elementi per assistere al più classico (quanto innocuo) degli script, tra i divertenti siparietti con protagonista la solita “sicurezza” The Child e quelli, un po’ meno (e più scontati), affidati invece alla codardia del “malfattore” Mythros, culminando poi in un piano d’assedio che sembra procedere in maniera fin troppo liscia e lineare. Almeno fino a quando, a metà episodio, non arriva la svolta, con la scoperta del “laboratorio” imperiale e, simultaneamente, della sopravvivenza di Moff Gideon, permettendo alla narrazione di cambiare totalmente faccia.
Da questo momento in poi, da rappresentare tutto quello che Favreau stava sbagliando in quest’inizio di stagione, “The Siege” arriva ad incarnare tutto il meraviglioso spirito e l’affascinante peculiarità di The Mandalorian. Tanto da un punto di vista “verticale”, con una sequenza d’inseguimento da capogiro che racchiude tutto quello che si vuole vedere in Star Wars, fino al climax sull’arrivo di Mando e The Child clamoroso, per spettacolarità ed intrattenimento (e qui un plauso alla regia di Weather è dovuto); quanto e soprattutto da quello “orizzontale”, con la rivelazione sulle mire di Moff Gideon verso The Child e la Razor Crest che staglia l’ombra della Nuova Era dell’Impero sull’intero universo (o, per meglio dire, vista la comparsa delle uniformi imperiali “total black” che hanno caratterizzato l’ultima trilogia cinematografica, quella del Nuovo Ordine).

Cara Dune: “I lost everyone.

Ad arricchire ulteriormente l’episodio, rendendolo oltremodo completo in tutti i suoi aspetti, ci sono infine quei ripetuti accenni, sottili quanto profondi, alla situazione “politica” della galassia, che collimano nel confronto finale con l’emissario della Repubblica. In poche battute, Favreau riesce a dare un quadro sì generale dell’ordine costituito, ma da un punto di vista estremamente umano, individuale e per questo tanto “credibile”.
Un personaggio chiave in questo senso è proprio quello (gigantesco) di Cara (tra i più riusciti della serie) perché capace di rappresentare tutti i suoi punti di forza e che trova in questo episodio il suo meritato “lieto fine” e, allo stesso tempo, il suo “nuovo inizio”. La “ribelle” superstite di Alderaan, che ha perso tutto, ora ha trovato il suo posto insieme al suo nuovo scopo, senza che le serva quella medaglia, ossia quel vacuo riconoscimento “istituzionale”. Se Mando è il pistolero errante, Cara è il vero Sceriffo del selvaggio west, segnato da quell’atroce mondo ma dal cuore indomito e puro, deciso a portare ordine lì dove regna il caos.
A Navarro, in quello che il trio di eroi protagonisti è riuscito a compiere, c’è la lontananza tra il Nucleo e l’Orlo Esterno, tra Coruscant e la periferia, abbandonata a se stessa; c’è l’eroismo degli “ultimi”, non retorico e strumentalizzato, ma vero e concreto; c’è quella distanza dal sistema centralizzato, quel disagio in cui probabilmente si insinuerà il Nuovo Ordine; c’è l’esplorazione di un mondo e delle sue potenzialità narrative infinite, che sono la caratteristica fondante di The Mandalorian.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • La “nuova” Navarro e la Reunion col vecchio cast
  • The Child a scuola 
  • La svolta, a metà episodio 
  • L’inseguimento spettacolare, mancava solo la musica di John Williams 
  • L’arrivo di Mando e di un The Child trionfante
  • Finale su Moff Gideon e la “Nuova Era” 
  • Cara Dune 
  • La Nuova Repubblica vs l’Orlo Esterno
  • La prima parte fin troppo “classica”, specie a livello di scrittura 

 

Servendosi degli strascichi del suo luminoso passato, Favreau mette le basi per chiudere un capitolo del percorso di Mando ed aprirlo, allo stesso tempo, al futuro, riposizionando la serie sui livelli che tanto hanno appassionato. Un futuro che, adesso sì, appare più brillante che mai.

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