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Con “Adjournment” The Queen’s Gambit compie il suo ciclo e, ad una sola puntata dalla fine, ricongiunge l’attuale narrazione alla breve introduzione presentata nel pilot. Da lì in poi, infatti, la storia era stata portata in scena tramite un enorme flashback che aveva raccontato la vita di Beth sin dal suo soggiorno in orfanotrofio. In questa penultima puntata, dunque, ci si ritrova catapultati nuovamente a Parigi ma, contrariamente a quei pochi minuti assaporati nel primo episodio, adesso si ha il quadro completo riguardo le condizioni in cui Beth si presenta al torneo. E ciò che emerge ha un sapore ancora più amaro di ciò che si poteva inizialmente pensare.
E dire che l’episodio era partito con tutte le migliori premesse per la partita più importante della protagonista. L’accoppiata con Benny Watts si è rivelata molto più proficua di quel che si poteva pensare sia a livello personale che professionale, con l’ex campione che si è posto come punto di riferimento stabile e affidabile e un maestro perfetto. Anche sullo schermo la coppia ha funzionato nel miglior modo possibile: le loro continue e ripetute esercitazioni con gli scacchi, o le loro discussioni a riguardo, non sono mai risultate tediose e non hanno mai creato momenti morti all’interno della narrazione. Ovviamente il merito va anche alla sceneggiatura e soprattutto alla regia, in grado di conferire dinamicità alle sequenze di gioco, mantenendo alto l’interesse anche in momenti che altrimenti potevano facilmente scadere nel ripetitivo. Benny Watts si è quindi rivelato essenziale nel cammino di Beth e, in questa fase della sua vita, è stato anche una sorta di ago della bilancia, portando la ragazza sulla strada della concentrazione assoluta e lontano dai vizi che fino a quel momento la stavano distraendo.
E dire che l’episodio era partito con tutte le migliori premesse per la partita più importante della protagonista. L’accoppiata con Benny Watts si è rivelata molto più proficua di quel che si poteva pensare sia a livello personale che professionale, con l’ex campione che si è posto come punto di riferimento stabile e affidabile e un maestro perfetto. Anche sullo schermo la coppia ha funzionato nel miglior modo possibile: le loro continue e ripetute esercitazioni con gli scacchi, o le loro discussioni a riguardo, non sono mai risultate tediose e non hanno mai creato momenti morti all’interno della narrazione. Ovviamente il merito va anche alla sceneggiatura e soprattutto alla regia, in grado di conferire dinamicità alle sequenze di gioco, mantenendo alto l’interesse anche in momenti che altrimenti potevano facilmente scadere nel ripetitivo. Benny Watts si è quindi rivelato essenziale nel cammino di Beth e, in questa fase della sua vita, è stato anche una sorta di ago della bilancia, portando la ragazza sulla strada della concentrazione assoluta e lontano dai vizi che fino a quel momento la stavano distraendo.
Beth: “At night, I stay in my room and study mr. Borgov old games.”
Giornalista: “Including the one against you in Mexico City?”
Beth: “Especially that one.”
Giornalista: “Including the one against you in Mexico City?”
Beth: “Especially that one.”
Non è un caso, dunque, che Beth, sola a Parigi, si lasci influenzare finendo sulla via del declino. Questa porzione di episodio è forse quella più frustrante di tutta la serie. Gli sforzi di Beth per rimanere sobria fino a quel momento erano sotto gli occhi di tutti, e lo spettatore sa benissimo anche quanto sia importante questa partita/rivincita con Borgov. Ma per quanto avvilente possa essere la sconfitta, soprattutto per il modo in cui è arrivata, non si può certo dire che ciò che ne consegue giunga come una sorpresa. L’equilibrio già precario della giovane subisce infatti il colpo di grazia.
Nelle recensioni precedenti, ma anche nella stessa serie, si è più volte sottolineato come l’importanza degli scacchi per Beth sia vitale da un punto di vista personale. La sua vita sempre in bilico da orfana ha trovato riparo all’interno della sicurezza della scacchiera e, come dice lo stesso Borgov in “Middle Game”, gli scacchi sono tutto ciò che la Haromn ha nella sua vita. Senza di quelli non è niente. Un messaggio di desolazione che viene ripreso in questo episodio anche tramite la casa dei Wheatley. Per Beth quel luogo è ormai diventato casa sua, acquistando un valore sentimentale importante, per questo il ritorno in scena del signor Wheatley in tutta la sua meschinità segna un altro passo verso l’abisso per la ragazza. Da sola e senza più neanche la spinta datale finora dalla sua passione per gli scacchi, piombare nel tunnel della dipendenza non è mai stato così facile.
Fortunatamente per Beth, la riapparizione della sua amica dei tempi dell’orfanotrofio Jolene – evento che ha il sapore di deus ex machina narrativo – può essere quella spinta per riportare Beth sulla retta via. E chissà che nel suo percorso futuro non sia compresa finalmente una rivincita con Borgov.
Nelle recensioni precedenti, ma anche nella stessa serie, si è più volte sottolineato come l’importanza degli scacchi per Beth sia vitale da un punto di vista personale. La sua vita sempre in bilico da orfana ha trovato riparo all’interno della sicurezza della scacchiera e, come dice lo stesso Borgov in “Middle Game”, gli scacchi sono tutto ciò che la Haromn ha nella sua vita. Senza di quelli non è niente. Un messaggio di desolazione che viene ripreso in questo episodio anche tramite la casa dei Wheatley. Per Beth quel luogo è ormai diventato casa sua, acquistando un valore sentimentale importante, per questo il ritorno in scena del signor Wheatley in tutta la sua meschinità segna un altro passo verso l’abisso per la ragazza. Da sola e senza più neanche la spinta datale finora dalla sua passione per gli scacchi, piombare nel tunnel della dipendenza non è mai stato così facile.
Fortunatamente per Beth, la riapparizione della sua amica dei tempi dell’orfanotrofio Jolene – evento che ha il sapore di deus ex machina narrativo – può essere quella spinta per riportare Beth sulla retta via. E chissà che nel suo percorso futuro non sia compresa finalmente una rivincita con Borgov.
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Si dice che bisogna toccare il fondo per poter risalire… speriamo sia così anche per Beth Harmon.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.