“Dark’s nothing to be afraid of. In fact, I’d go as far as saying there’s nothing to be afraid of. Anywhere. The strongest person is the person who isn’t scared to be alone. It’s other people you got to worry about. Other people. They’ll tell you what to do, how to feel… before you know it, you’re pouring your life out in search of something other people told you to go look for. Someday, you’re gonna be all alone, so you need to figure out how to take care of yourself.”
Le emblematiche e profetiche parole pronunciate sommessamente dalla madre biologica di Beth, sono un perfetto incipit per questa quinta puntata, nella quale la Harmon si ritrova sola, con l’ego fratturato dopo la cocente sconfitta per mano di Borgov. Costretta ad affrontare la perdita di Mrs. Wheatley, lutto che la segna molto più di quanto lei voglia far credere, Beth torna a casa e pensa di affogare la sua rabbia e tristezza con alcool e pastiglie. D’altronde, questo è stato il suo atteggiamento fin dall’infanzia, dopo l’abbandono dei genitori e una vita di privazione affettive. A porgerle una spalla su cui piangere, ma, soprattutto due occhi in più sulla scacchiera, ci pensa Harry Beltik, campione del Kentucky, sconfitto proprio da Beth cinque anni prima.
E’ chiaro l’effetto che la giovane scacchista causa negli uomini, siano essi amici o avversari: unica donna in un mondo puramente declinato al maschile, la Harmon si fa notare prima per la sua eterea bellezza e poi per la sua genialità da giocatrice. Gli uomini rimangono affascinati ed incantati da lei, come fossero sotto una specie di sortilegio. Beth, dal canto suo, non risponde a questi approcci e non lascia entrare nessuno nella sua vita privata, alzando un muro invisibile che, però, ferisce nel profondo.
Beltik, infatti, dopo aver cercato di aiutare la ragazza, non solo con le sue abilità nel gioco ma anche per quanto riguarda la sua dipendenza da farmaci, si rende conto dell’indifferenza di Beth a qualsiasi tipo di rapporto umano. La sua corazza, costruita dopo anni di sofferenza ed alienazione, non viene scalfita nemmeno da un flebile tentativo di dichiarazione d’amore da parte di Harry. La ragazza, incapace di lasciarsi andare a qualsiasi tipo di emozione positiva, si crogiola nella solitudine e nell’autocommiserazione, allontanando – volutamente o non – qualsiasi persona che cerchi di avere un tipo di connessione con lei. La sua vita è dominata solo dagli scacchi e dalla voglia di prevalere su tutti, di essere la migliore, per raggiungere il riscatto da sempre agognato.
Chiave di volta dell’episodio è il discorso che Beltik (un Harry Melling impeccabile) fa a Beth, poco prima di andarsene. Con poche ma incisive parole, l’ex campione del Kentucky paragona la Harmon a Paul Murphy, uno dei più grandi scacchisti mai esistiti. Vissuto nella seconda metà dell’Ottocento e ricordato per la sua forza negli attacchi e la sua fantasia da stratega, morì nel 1884 dopo anni di depressione. Una personalità fragile, come quelle che si nascondono dietro i più grandi campioni. Tra genio e follia esiste un confine molto labile e non sempre si ha la forza per riuscire a superare questa dicotomia. Beltik, pur addolorandosi per il destino di Beth, la esorta a stare attenta e a cercare di riprendere in mano le redini della sua vita.
Ma fondamentale nella vita della ragazza è anche un’altra figura maschile, quella di Benny Watts. Lo scacchista (impersonato da Thomas Brodie-Sangster) è una vecchia conoscenza di Beth, avendola sconfitta a Las Vegas qualche anno prima. Anche l’impetuosità di Benny mette a dura prova le capacità di Beth e il suo ego subisce un altro poderoso attacco. Nonostante ciò, la Harmon ne esce vincitrice e decide di accettare l’aiuto di Benny per prepararsi ad affrontare nuovamente Borgov.
L’unica possibilità di vittoria per la ragazza è quella di mettere da parte, per un attimo, le ferite inferte al suo animo e incanalare rabbia e dolore nella giusta direzione, per vincere e non soccombere.
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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.