“Exactly how well did you know Elena Alves?”
Fatta eccezione per il piccolo Henry, completamente sconvolto dall’arresto e dall’ammissione del tradimento del padre (“Did you kill her? You were fucking her.“), il resto degli uomini messi sotto il riflettore in questa puntata rendono sempre più evidente la loro doppia faccia. Il parziale cambio di prospettiva proposto in questo “Do No Harm” si dimostra essenziale per dare la giusta attenzione e permettere allo spettatore di familiarizzare maggiormente anche con l’altro protagonista della serie, Jonathan Fraser, e dando anche a Hugh Grant la possibilità di bucare lo schermo al pari della Kidman (per poi raggiungere le vette più alte nelle scene che li vedono uno di fronte all’altro). L’attenzione posta su questo personaggio rivela un gioco di costruzione e decostruzione del character che rasenta la perfezione. Anche nel corso della stessa puntata infatti, Jonathan si ritrova su di una altalena continua che oscilla tra la figura di un uomo quasi “semplice” e affranto dal rimorso, a quella di un uomo dai contorni molto più torbidi.
Si può essenzialmente dire che “Do No Harm” si occupa di sgretolare in maniera più minuziosa la figura di Jonathan, una distruzione iniziata nella scorsa puntata con la messa a nudo di segreti e sotterfugi e che qui si amplia soprattutto attraverso la descrizione che ne fanno gli altri. Se da una parte infatti il personaggio di Hugh Grant appare ancora un padre amorevole e preoccupato per la sua famiglia, capace in questo modo di toccare a fondo i sentimenti di moglie e figlio portando addirittura Grace a riconsiderare la sua colpevolezza e ad aiutarlo, qualsiasi altro punto di vista ne dà una descrizione completamente opposta. A partire dal suo ex collega, fino al suocero, passando attraverso il parere professionale dell’avvocato, Jonathan viene fuori come un uomo meschino, egocentrico e pieno di sé che dà infine prova allo spettatore di questo lato oscuro durante la rissa in carcere.
Ma Jonathan Fraser non è l’unico nuovo punto di vista ad emergere attraverso un voltafaccia. Franklin Reinhardt, interpretato magistralmente da Donald Sutherland, si dimostra altrettanto ambivalente. Il padre di Grace finora era passato quasi in sordina, svolgendo perlopiù il ruolo di àncora per la figlia, pronto a elargire aiuti e consigli; risulta tuttavia naturale immaginare che un attore di tale calibro dovesse ricoprire un ruolo più prominente. Così, quello che può essere interpretato come un finto senso di colpa dinanzi alla figlia, i suoi prestiti nascosti a Jonathan e le sue escursioni notturne aggiungono altre pennellate di mistero lasciando entrare anche Mr. Reinhardt di diritto tra i “personaggi che nascondono qualcosa”.
LE VERITA’ DI GRACE
Una delle caratteristiche principali di The Undoing è proprio questo continuo fare e disfare dei suoi personaggi che nel corso di un episodio possono variare più volte.
“Do No Harm” presenta una Grace con un approccio differente rispetto allo scorso episodio, adesso per lo più disposta a credere ed aiutare il marito, cercando in tutti i modi elementi per screditare Elena. Messa in secondo piano e intenta nelle sue ricerche, l’attenzione su alcuni suoi comportamenti ed i continui flashback(?) che l’hanno circondata spesso negli scorsi episodi erano quasi venuti meno. Questo fino al sensazionale colpo di scena finale, che riporta in auge sia il personaggio di Grace che la teoria riguardo una crisi psicotica. Nella recensione di “The Missing” si era ampiamente analizzata questa ipotesi di una Grace in piena fase di perdita di memoria post traumatica, ipotesi che in questa puntata, grazie al colpo di scena finale, prende decisamente una forma concreta. In questi tre episodi infatti, lo spettatore ha avuto uno sguardo abbastanza deciso nei flashback della sera dell’omicidio, rivivendo quelle che sembrano le memorie di Grace attraverso di lei e quello che l’inconscio le fa ricordare.
Ma c’è un altro particolare che viene continuamente riproposto e che sembra quasi confermare che ci sia qualcosa di nascosto in Grace: la regia infatti, nel suo lavoro magistrale, tende sin dal primo episodio a soffermarsi sugli occhi della donna. Il continuo movimento spasmodico delle pupille nei momenti di maggiore stress lasciano intuire che sotto quella nebbia che sembra offuscare la mente, ci sia un trauma a cui Grace ha assistito in prima persona. Rimane solo da vedere se sia stata artefice o spettatrice.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.