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Ci si avvicina sempre di più all’episodio che concluderà questa nona stagione di The Walking Dead, una stagione che, parzialmente, è riuscita nell’intento di risollevare la serie dal pantano di inutilità in cui oramai giaceva da anni. Notevoli passi avanti sono stati compiuti, soprattutto dal punto di vista della scrittura, e questo quattordicesimo appuntamento stagionale ne è la chiara dimostrazione.
“Scars” porta con sé diversi aspetti fortemente positivi, tutti legati al salto temporale di cinque anni che ha aperto questo nuovo arco narrativo e al cupo mistero che si cela dietro le misteriose cicatrici gemelle di Michonne e Daryl; al contempo, però, l’episodio porta con sé anche molti aspetti negativi, i quali terminano con l’invalidare il risultato finale, pienamente sufficiente ma visibilmente zavorrato dalla gestione fallimentare di alcune dinamiche, in particolare quelle legate agli interpreti più giovani della serie.
Partiamo quindi dall’elemento positivo che contraddistingue la puntata: il massacro di Michonne ai danni del piccolo esercito di Jocelyn. Vediamo di analizzare quanto appena detto prima di essere denunciati da associazioni di tutela minorile o da lettori che amano i bambini. Da che mondo e mondo, perfino all’interno del genere horror, l’uccisione di piccole creature innocenti – in particolar modo con metodi truci quali ad esempio una katana in mezzo agli occhi – non è mai un argomento facile da trattare, quantomeno senza la giusta edulcorazione. A tal proposito, non si può far altro che elogiare quanto fatto in questo episodio, uno dei più impattanti dal punto di vista visivo e senza dubbio uno dei più disturbanti dai tempi della Lucille-lotteria che tenne col fiato sospeso appassionati e non del Morto Che Cammina. Nulla a che vedere con l’intensità di quell’episodio, ancora adesso uno dei più belli e seguiti della serie – complice anche la campagna pubblicitaria a tappeto del periodo – ma sicuramente un netto passo avanti verso la salvezza della serie, prima dell’inizio di questa stagione pericolosamente vicina alla totale disfatta.
Il tema della maternità e del conflitto interiore di Michonne, disposta a qualsiasi cosa pur di proteggere la creatura che porta in grembo, portano così alla creazione di un’atmosfera cupa e ansiogena, che accompagna passo per passo la fuga del personaggio dal posto in cui lei e Daryl sono stati rinchiusi. Tra lacerazioni pericolosamente vicine al suo utero e botte da orbi che manco Daredevil ai tempi d’oro, elementi che non fanno altro che amplificare la componente ansiogena sopracitata, è impossibile spiegare a parole la soddisfazione che lo spettatore prova nel vedere l’amica di vecchia data Jocelyn impalata come uno spiedino al termine di questa estenuante corsa verso la libertà. Quella che così era iniziata come una reunion tra le madri del vicinato, si trasforma in una vera e propria guerra tra Michonne (protagonista indiscussa di questa puntata fortemente monografica) e la baby gang di Jocelyn, guerra che termina con il massacro di questi ultimi e una cicatrice indelebile – non parliamo ovviamente soltanto di quella fisica – che inevitabilmente accompagnerà la nostra protagonista per il resto dei suoi giorni.
Se, però, da un lato ci si trova ad elogiare il coraggio mostrato dagli autori in questa occasione, dall’altro non possiamo far altro che far piovere insulti in merito alla gestione dei membri più giovani del cast, posti al centro di storyline inutili, poco interessanti e spesso anticlimatiche. In altre parole, al centro di patetici teen drama che nessuno aveva chiesto e che la serie cerca di proporre ciclicamente utilizzando semplicemente la coppia di adolescenti di turno. Ma ancora più fastidiosa è la scrittura di Judith, bambina decisamente troppo saggia rispetto alla sua effettiva età anagrafica e che finisce col regalare profonde elucubrazioni filosofiche sul senso della vita a uomini e donne di mezza età che vivono ormai da quindici anni in un mondo devastato da un’apocalisse zombie, il genere di persona che senza dubbio necessita di una lezione di vita da una bambina di dieci anni. Bambina che tra l’altro continua a fraternizzare con la nemesi storica di suo padre – un Negan che oramai sembra aver perso ogni tipo di utilità – e che in meno di dieci anni di vita ha già messo in pericolo sua madre e il suo gruppo di sopravvissuti un discreto numero di volte.
Ma d’altronde lo sappiamo bene, per ogni cosa buona che The Walking Dead mette a disposizione dei suoi spettatori, in netto calo tra l’altro, almeno una decina di aspetti negativi cooperano alla vanificazione di qualsivoglia sforzo autoriale fatto per riportare il prodotto sulla retta via. Basti pensare a Daryl, all’unanimità personaggio più amato dal pubblico e oramai unica vera “bandiera” del telefilm, personaggio che chiunque vorrebbe al proprio fianco in un apocalisse zombie, relegato qui a confidente di Judith e completamente dimenticato nel corso della fuga dalla tana di Jocelyn (seriamente Michonne, donna incinta tenuta prigioniera da un esercito di bambini comandati da una totale squilibrata, preferisce dividersi che farsi scortare da Daryl e la sua balestra? Deus Ex What???) per poi ricomparire magicamente un secondo dopo il massacro minorile perpetrato da Michonne.
Questi e mille altri piccoli particolari terminano col rovinare un episodio che, altrimenti, sarebbe stato ottimo – nonostante tra l’altro si tratti di un fillerONE bello e buono – ma che comunque si guadagna la piena sufficienza. E per questo dovete ringraziare una manciata di bambini morti, frase che mai avremmo pensato di utilizzare per chiudere una recensione.
“Scars” porta con sé diversi aspetti fortemente positivi, tutti legati al salto temporale di cinque anni che ha aperto questo nuovo arco narrativo e al cupo mistero che si cela dietro le misteriose cicatrici gemelle di Michonne e Daryl; al contempo, però, l’episodio porta con sé anche molti aspetti negativi, i quali terminano con l’invalidare il risultato finale, pienamente sufficiente ma visibilmente zavorrato dalla gestione fallimentare di alcune dinamiche, in particolare quelle legate agli interpreti più giovani della serie.
Partiamo quindi dall’elemento positivo che contraddistingue la puntata: il massacro di Michonne ai danni del piccolo esercito di Jocelyn. Vediamo di analizzare quanto appena detto prima di essere denunciati da associazioni di tutela minorile o da lettori che amano i bambini. Da che mondo e mondo, perfino all’interno del genere horror, l’uccisione di piccole creature innocenti – in particolar modo con metodi truci quali ad esempio una katana in mezzo agli occhi – non è mai un argomento facile da trattare, quantomeno senza la giusta edulcorazione. A tal proposito, non si può far altro che elogiare quanto fatto in questo episodio, uno dei più impattanti dal punto di vista visivo e senza dubbio uno dei più disturbanti dai tempi della Lucille-lotteria che tenne col fiato sospeso appassionati e non del Morto Che Cammina. Nulla a che vedere con l’intensità di quell’episodio, ancora adesso uno dei più belli e seguiti della serie – complice anche la campagna pubblicitaria a tappeto del periodo – ma sicuramente un netto passo avanti verso la salvezza della serie, prima dell’inizio di questa stagione pericolosamente vicina alla totale disfatta.
Il tema della maternità e del conflitto interiore di Michonne, disposta a qualsiasi cosa pur di proteggere la creatura che porta in grembo, portano così alla creazione di un’atmosfera cupa e ansiogena, che accompagna passo per passo la fuga del personaggio dal posto in cui lei e Daryl sono stati rinchiusi. Tra lacerazioni pericolosamente vicine al suo utero e botte da orbi che manco Daredevil ai tempi d’oro, elementi che non fanno altro che amplificare la componente ansiogena sopracitata, è impossibile spiegare a parole la soddisfazione che lo spettatore prova nel vedere l’amica di vecchia data Jocelyn impalata come uno spiedino al termine di questa estenuante corsa verso la libertà. Quella che così era iniziata come una reunion tra le madri del vicinato, si trasforma in una vera e propria guerra tra Michonne (protagonista indiscussa di questa puntata fortemente monografica) e la baby gang di Jocelyn, guerra che termina con il massacro di questi ultimi e una cicatrice indelebile – non parliamo ovviamente soltanto di quella fisica – che inevitabilmente accompagnerà la nostra protagonista per il resto dei suoi giorni.
Se, però, da un lato ci si trova ad elogiare il coraggio mostrato dagli autori in questa occasione, dall’altro non possiamo far altro che far piovere insulti in merito alla gestione dei membri più giovani del cast, posti al centro di storyline inutili, poco interessanti e spesso anticlimatiche. In altre parole, al centro di patetici teen drama che nessuno aveva chiesto e che la serie cerca di proporre ciclicamente utilizzando semplicemente la coppia di adolescenti di turno. Ma ancora più fastidiosa è la scrittura di Judith, bambina decisamente troppo saggia rispetto alla sua effettiva età anagrafica e che finisce col regalare profonde elucubrazioni filosofiche sul senso della vita a uomini e donne di mezza età che vivono ormai da quindici anni in un mondo devastato da un’apocalisse zombie, il genere di persona che senza dubbio necessita di una lezione di vita da una bambina di dieci anni. Bambina che tra l’altro continua a fraternizzare con la nemesi storica di suo padre – un Negan che oramai sembra aver perso ogni tipo di utilità – e che in meno di dieci anni di vita ha già messo in pericolo sua madre e il suo gruppo di sopravvissuti un discreto numero di volte.
Ma d’altronde lo sappiamo bene, per ogni cosa buona che The Walking Dead mette a disposizione dei suoi spettatori, in netto calo tra l’altro, almeno una decina di aspetti negativi cooperano alla vanificazione di qualsivoglia sforzo autoriale fatto per riportare il prodotto sulla retta via. Basti pensare a Daryl, all’unanimità personaggio più amato dal pubblico e oramai unica vera “bandiera” del telefilm, personaggio che chiunque vorrebbe al proprio fianco in un apocalisse zombie, relegato qui a confidente di Judith e completamente dimenticato nel corso della fuga dalla tana di Jocelyn (seriamente Michonne, donna incinta tenuta prigioniera da un esercito di bambini comandati da una totale squilibrata, preferisce dividersi che farsi scortare da Daryl e la sua balestra? Deus Ex What???) per poi ricomparire magicamente un secondo dopo il massacro minorile perpetrato da Michonne.
Questi e mille altri piccoli particolari terminano col rovinare un episodio che, altrimenti, sarebbe stato ottimo – nonostante tra l’altro si tratti di un fillerONE bello e buono – ma che comunque si guadagna la piena sufficienza. E per questo dovete ringraziare una manciata di bambini morti, frase che mai avremmo pensato di utilizzare per chiudere una recensione.
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Sufficienza guadagnata per l’intensità dell’episodio e per il coraggio mostrato dagli autori nell’affrontare un tema decisamente scottante e difficile da trattare perfino in una serie survival horror. Peccato per tutto il resto.
Chokepoint 9×13 | 4.83 milioni – 1.8 rating |
Scars 9×14 | 4.57 milioni – 1.7 rating |
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.