Nonostante il minutaggio relativamente impegnativo di ogni episodio, considerata la generale lentezza narrativa (non è una critica, quanto piuttosto una considerazione), Unorthodox riesce a mantenere l’attenzione in maniera pressoché costante durante tutti i 52 minuti di visione. Ed è un’impresa abbastanza difficile visto e considerato il tema, molto pesante, che viene trattato in maniera encomiabile da regia e sceneggiatura. Ovviamente anche merito dell’autobiografia di Deborah Feldman.
La decisione di proseguire la narrazione seguendo due piani temporali differenti, il passato a Brooklyn ed il presente a Berlino, è probabilmente la scelta migliore che si potesse fare per non incappare in ridondanze. L’effetto è però duplice perché non solo si riesce ad usufruire di salti temporali (nel passato) che agevolano il ritmo e la digestione dell’episodio, ma si enfatizza anche l’enorme distanza tra i due universi: quello berlinese e libertario da un lato, quello ultraortodosso e totalitario dall’altro. Come infatti fa notare la non proprio gentilissima Yael nel dialogo che segue, la sensazione che Esty si trovasse in una sorta di prigionia è probabilmente l’esempio migliore che si possa fare.
Yael: “You escaped, didn’t you?”
Esty: “You make it sound like I was in prison.”
Yael: “Weren’t you?”
Esty: “No. But I left, without telling anyone where I was going.”
Yael: “Why did you leave?”
Robert: “This is not a job interview, okay?”
Esty: “It’s okay. God expected too much of me. Now I need to find my own path.”
Questo è probabilmente l’unico momento in cui la veridicità scenica viene meno per far fronte ad una necessità di scrittura e di minutaggio: tralasciando il fatto che Yael si presenta come una persona molto diretta ai limiti dall’essere definita come rude, è palese che ad Anna Winger ed Alexa Karolinski (entrambe showrunner/sceneggiatrici dietro i quattro episodi) servisse un escamotage per accelerare il distacco di Esty da quelli che avevano tutto il potenziale per essere degli amici. La conseguenza diretta dei commenti onesti, ma diretti, di Yael si riflette in maniera abbastanza scontata, ma realissima, su Esty: una chiamata alla donna che l’ha cresciuta con relativo muro di silenzio da parte di una donna che si sente tradita. Se si pensa, bastano pochissime scene e meno di cinque minuti per far riflettere ancora di più circa il vero significato della puntata.
La contrapposizione diretta con il matrimonio (veramente ben rappresentato) e la preparazione ad esso, mettono subito in chiaro che si sta assistendo a due diverse persone: la Esty ortodossa che timorosa diventa moglie per il volere di una comunità che ha deciso il suo futuro e la Esty berlinese che per la prima volta sta prendendo delle decisioni di sua spontanea volontà.
Serviva chiaramente un elemento di rottura nel presente per preparare Esty allo scontato, ma necessario, incontro con la madre “rinnegata” ai tempi del matrimonio che, verosimilmente, la difenderà da Yanky ed il cugino.
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Part 1 1×01 | ND milioni – ND rating |
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.