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La terza parte di “Unorthodox” comincia con un ulteriore esempio della mortificazione femminile subita da Esther e, di riflesso, da tutte le donne appartenenti alla comunità ultra ortodossa di Williamsburg. Quello che dovrebbe essere l’inizio di una bellissima storia d’amore, il momento più intenso dell’unione fisica e mentale tra due persone che si amano, diventa solo l’ennesimo rituale in un mondo fatto di regole, precetti ed imposizioni.
La prima notte di nozze, quindi, viene vissuta da Esty con dolore e terrore, non essendo stata minimamente preparata dal punto di vista anatomico e, soprattutto, da quello emozionale. Le donne, infatti, vengono viste come meri recipienti, atti solo a contenere una nuova vita e non come esseri senzienti, capaci di provare gioia e piacere. L’atto sessuale viene vissuto solo attraverso la sua funzione riproduttiva ma, se per gli uomini risulta più semplice, per le donne non sempre è così.
È importante tenere a mente che Esther è ancora una ragazzina, appena diciottenne, ed è inesperta di tutto. La sua inesperienza non è dovuta ad una mancanza personale, ma all’ambiente in cui è cresciuta: le donne non hanno accesso ad un’istruzione, non possono essere informate, non possono sviluppare opinioni, non devono ambire a qualcosa in più che non sia soddisfare l’uomo e tenere pulita la casa. Questa oscurità metaforica a cui vengono sottoposte, è un altro esempio della sovranità machista all’interno del movimento chassidico, dove l’ignoranza femminile viene usata come strumento di controllo e subordinazione. Una donna ignorante e apatica non si pone domande, non mette in discussione la propria condizione di vita e, necessariamente, accetta passivamente tutto quello che le viene imposto e propinato come verità assoluta.
Esty invece, nonostante tutto, comincia a nutrire dei dubbi sulla propria felicità e dignità, proprio partendo dalla libertà sessuale: la conversazione con la suocera, avvenuta tra le mura di casa, come una sorta di “intervention“, è un momento epifanico per la ragazza che comincia a capire l’assurdità della sua vita. Il marito, le intima la suocera, deve essere un vero e proprio re a letto, deve essere accontentato e soddisfatto in ogni sua richiesta, ma, ciò non significa, ed Esther capisce tra le righe che la donna sia, di conseguenza, una regina.
Il peso da sopportare, per la ragazza, diventa troppo ingombrante: gli sguardi ed il giudizio della comunità, della sua famiglia, addirittura del marito, che la vedono come un fallimento, come un corpo guasto, si trasformano in pugnalate che, giorno dopo giorno, distruggono la dignità di Esther, portandola a dubitare sempre più di se stessa. Il momento in cui, finalmente, Esty e Yanky riescono a fare l’amore (anche se di amore, in questo caso, non c’è traccia) è quasi descritto come uno stupro: stufa di essere continuamente sulla bocca di tutti, Esther subisce l’atto sessuale e, in questo modo, accontenta il marito nonostante il dolore insopportabile. Qualcosa, però, si è rotto per sempre dentro la mente di Esty che decide per l’unica soluzione possibile, ovvero andarsene e lasciarsi alle spalle una vita fatta di sicuri traumi futuri.
I due uomini, pur essendo stati cresciuti nello stesso modo, sono molto diversi tra l’altro: Yanky è insicuro, titubante e si rende conto di aver chiesto troppo a sua moglie visto che, in realtà, la felicità che lui credeva veritiera era solo imposta; il cugino rappresenta l’emblema perfetto della differenza di genere all’interno del chassidismo, dove agli uomini tutto è concesso (Moishe utilizza lo smartphone, gioca d’azzardo, frequenta locali a luci rosse), mentre le donne che solo osano mostrarsi in pubblico con i loro capelli naturali vengono additate come eretiche. Le motivazioni di Moishe non sono personali e “amorevoli” come quelle di Yanky, ma sono puramente spinte dal desiderio di controllo e plagio nei confronti della ragazza.
Se si dovesse trovare una pecca nella gestione dello show, si potrebbe pensare che condensare la storia in soli quattro episodi possa essere controproducente: è vero che il minutaggio ampio permette di affrontare più trame e situazioni ma, in alcuni momenti, si avverte una certa fretta nella narrazione, che sfocia in alcune sviste e scene non sempre coerenti. Le due sceneggiatrici, però, dimostrano di saper fare il loro lavoro, confezionando un prodotto sicuramente sopra la media.
La prima notte di nozze, quindi, viene vissuta da Esty con dolore e terrore, non essendo stata minimamente preparata dal punto di vista anatomico e, soprattutto, da quello emozionale. Le donne, infatti, vengono viste come meri recipienti, atti solo a contenere una nuova vita e non come esseri senzienti, capaci di provare gioia e piacere. L’atto sessuale viene vissuto solo attraverso la sua funzione riproduttiva ma, se per gli uomini risulta più semplice, per le donne non sempre è così.
È importante tenere a mente che Esther è ancora una ragazzina, appena diciottenne, ed è inesperta di tutto. La sua inesperienza non è dovuta ad una mancanza personale, ma all’ambiente in cui è cresciuta: le donne non hanno accesso ad un’istruzione, non possono essere informate, non possono sviluppare opinioni, non devono ambire a qualcosa in più che non sia soddisfare l’uomo e tenere pulita la casa. Questa oscurità metaforica a cui vengono sottoposte, è un altro esempio della sovranità machista all’interno del movimento chassidico, dove l’ignoranza femminile viene usata come strumento di controllo e subordinazione. Una donna ignorante e apatica non si pone domande, non mette in discussione la propria condizione di vita e, necessariamente, accetta passivamente tutto quello che le viene imposto e propinato come verità assoluta.
Esty invece, nonostante tutto, comincia a nutrire dei dubbi sulla propria felicità e dignità, proprio partendo dalla libertà sessuale: la conversazione con la suocera, avvenuta tra le mura di casa, come una sorta di “intervention“, è un momento epifanico per la ragazza che comincia a capire l’assurdità della sua vita. Il marito, le intima la suocera, deve essere un vero e proprio re a letto, deve essere accontentato e soddisfatto in ogni sua richiesta, ma, ciò non significa, ed Esther capisce tra le righe che la donna sia, di conseguenza, una regina.
Il peso da sopportare, per la ragazza, diventa troppo ingombrante: gli sguardi ed il giudizio della comunità, della sua famiglia, addirittura del marito, che la vedono come un fallimento, come un corpo guasto, si trasformano in pugnalate che, giorno dopo giorno, distruggono la dignità di Esther, portandola a dubitare sempre più di se stessa. Il momento in cui, finalmente, Esty e Yanky riescono a fare l’amore (anche se di amore, in questo caso, non c’è traccia) è quasi descritto come uno stupro: stufa di essere continuamente sulla bocca di tutti, Esther subisce l’atto sessuale e, in questo modo, accontenta il marito nonostante il dolore insopportabile. Qualcosa, però, si è rotto per sempre dentro la mente di Esty che decide per l’unica soluzione possibile, ovvero andarsene e lasciarsi alle spalle una vita fatta di sicuri traumi futuri.
I due uomini, pur essendo stati cresciuti nello stesso modo, sono molto diversi tra l’altro: Yanky è insicuro, titubante e si rende conto di aver chiesto troppo a sua moglie visto che, in realtà, la felicità che lui credeva veritiera era solo imposta; il cugino rappresenta l’emblema perfetto della differenza di genere all’interno del chassidismo, dove agli uomini tutto è concesso (Moishe utilizza lo smartphone, gioca d’azzardo, frequenta locali a luci rosse), mentre le donne che solo osano mostrarsi in pubblico con i loro capelli naturali vengono additate come eretiche. Le motivazioni di Moishe non sono personali e “amorevoli” come quelle di Yanky, ma sono puramente spinte dal desiderio di controllo e plagio nei confronti della ragazza.
Se si dovesse trovare una pecca nella gestione dello show, si potrebbe pensare che condensare la storia in soli quattro episodi possa essere controproducente: è vero che il minutaggio ampio permette di affrontare più trame e situazioni ma, in alcuni momenti, si avverte una certa fretta nella narrazione, che sfocia in alcune sviste e scene non sempre coerenti. Le due sceneggiatrici, però, dimostrano di saper fare il loro lavoro, confezionando un prodotto sicuramente sopra la media.
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“Part 3” si avvicina al finale e alla risoluzione della storia, mettendo in luce, ancora una volta, il divario abissale tra uomini e donne negli ambienti ultra ortodossi e, quindi, la necessità estrema di liberarsi da tali catene.
Part 2 1×02 | ND milioni – ND rating |
Part 3 1×03 | ND milioni – ND rating |
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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.