WandaVision 1×02 – Don’t Touch That DialTEMPO DI LETTURA 5 min

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WandaVision 1x02 recensioneDopo la visione di “Filmed Before A Live Studio Audience” è ben più che lecito avere qualche domanda circa l’intero progetto WandaVision:

  • è una sit-com o qualcosa di molto più complesso?
  • come fa Visione ad essere vivo se è stato ucciso (due volte per la precisione) in Avengers: Infinite War?
  • perché l’ambientazione anni ’50?

Questi ovviamente sono solo alcuni degli innumerevoli interrogativi che ci si è subito posti al termine del pilot, e questo “Don’t Touch That Dial” sembra aggiungere ulteriore carne al fuoco, sebbene rispondendo a qualche domanda. Si capisce anche la necessità e la scelta strategica di Disney+ di rilasciare i primi due episodi contemporaneamente, vista l’oggettiva difficoltà nel contestualizzare WandaVision dopo la prima puntata.
Le due puntate girate da Matt Shakman devono infatti essere viste tutte d’un fiato per fugare i primi dubbi e cominciare ad interessare veramente. La struttura della serie è ovviamente molto più complicata di ciò che viene fatto intendere e si possono già intravedere svariati livelli di lettura.

LA VISIONE SEMPLICISTICA


Visione: I am Glamour and this is my delightful assistant Illusion.
Wanda: I am Glamour and he is Illusion.

Jac Schaeffer, la (sconosciuta) creatrice della serie che tra le altre cose è anche la penna dietro il prossimo Black Widow ed ha già co-firmato lo script di Captain Marvel, ha sicuramente creato qualcosa di nuovo per il piccolo schermo, qualcosa di nuovo e non così facilmente decifrabile. Chiaramente se si guarda “Filmed Before A Live Studio Audience” (e si è un po’ naive) si potrebbe pensare che l’intero WandaVision non sia altro che una mera sit-com ambientata negli anni ’50, il che è un po’ limitante ma anche potenzialmente comprensibile.
Questa seconda puntata prosegue sulla falsariga della precedente: ci sono sempre le risate registrate, i personaggi secondari sembrano non prestare molta attenzione ai dettagli, la vita dei protagonisti sembra costruita esattamente per riproporre la classica tipologia di storie che ci si aspetta da una sit-com anni ’50. Eppure in “Don’t Touch That Dial” la casa dei due coniugi cambia stile, non è più la stessa che era stata mostrata e allo stesso modo cambia anche lo stile utilizzato dalla regia Shakman, ora non più “limitato” dallo stile della sit-com ma più “agile” e dinamico. Pur mantenendo le risate finte del pubblico.
Sembra passata una decade, per l’esattezza sembrano gli anni ’60: lo dicono gli ambienti interni della casa, lo dicono i vestiti, lo confermano i tagli di capelli di Wanda e delle altre casalinghe.

LA VISIONE DETTAGLIATA


Wanda:No.

Come detto nella scorsa recensione, la brevissima scena dopo i finti titoli di coda di WandaVision lasciavano intendere la presenza dello S.W.O.R.D. (Sentient World Observation and Response Department) all’interno della serie, una presenza che qui viene confermata non una ma ben due volte. Premettendo che niente è casuale e che molto spesso ogni frase o inquadratura nasconde un significato intrinseco, l’elicottero rosso e l’apicoltore che esce dal tombino sono due segnali che non possono essere ignorati e che puntano dritto all’organizzazione.
E, se si fa caso, sono due segnali che vengono volutamente interrotti prima dalla (misteriosa) vicina Agnes e poi da una precisa scelta della strega. Addirittura tre se ci si aggiunge l’improvvisa interruzione radiofonica. Sono infatti troppi i dettagli che fanno intendere che Wanda stia in realtà proteggendosi dal mondo esterno, un mondo in cui lo S.W.O.R.D. ha chiaramente un ruolo che, verosimilmente, porta al controllo dei suoi poteri per il bene dell’umanità.
In tal senso va visto anche il completo silenzio-assenso di praticamente tutti i personaggi secondari ma anche dello stesso Visione che, pur essendo un androide completamente razionale, cede all’irrazionalità più e più volte. Basti pensare allo spettacolo di magia e alla reazione del pubblico che non si fa troppe domande. Tutto un po’ troppo forzato per essere reale.

LA VISIONE COMPLICATA


For the children!

Chi ha letto un po’ di fumetti sicuramente sarà a conoscenza della travagliatissima storia personale di Wanda Maximoff e della sua famiglia. Una storia che lascia ampissimi margini di narrazione per la serie, sia per quanto riguarda i poteri di Wanda, sia per quanto riguarda la sua salute mentale. Sembra ormai abbastanza chiaro che quella che si sta guardando sia una realtà costruita da Wanda su misura per se stessa, una realtà in cui può vivere felice con il suo amato (defunto) e che è ricolma di ricordi del suo passato proveniente da programmi televisivi americani (come già detto e come si evince dalla stessa sigla in stile Bewitched).
In questo contesto andrebbe messo in discussione tutto, dagli oggetti in scena (ricchissimi di easter eggs) ai personaggi secondari stessi che ricoprono, chi più chi meno, una certa importanza. In particolare, su internet girano già diverse teorie sul character di Agnes, praticamente una sorta di mentore di Wanda che tiene molto a quest’ultima e che continua ad instillare in lei il pensiero di avere dei bambini (“schools admissions“). E chi ha letto i fumetti avrà già capito cosa vuol dire tutto ciò, rimane da capire cosa la Schaeffer abbia in mente e se ci sia qualcosa di satanico malefico dietro.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • For the children!“: una frase che apre “letteralmente” un nuovo mondo, specie con la gravidanza finale di Wanda
  • I colori ed il presumibile arrivo degli anni ’70
  • L’apicoltore che esce dal tombino con il simbolo dello S.W.O.R.D.
  • Visione “ubriaco” che fa il mago
  • La sigla di WandaVision in stile Bewitched
  • Interpretazione eccezionale di Paul Bettany
  • Il “no” ed il successivo rewind della storia
  • La finta pubblicità degli orologi Strucker: chiaro riferimento al barone Wolfgang von Strucker e all’Hydra
  • Ennesimo episodio strapieno di easter eggs che non sono solo lì per essere scovati ma sono praticamente necessari per capire la vera qualità della puntata
  • La durata dell’episodio è decisamente un vantaggio
  • Niente di rilevante da segnalare

 

Questo “Don’t Touch That Dial” può sembrare una puntata piuttosto facile da guardare e senza troppe pretese ma è solo riflettendoci che, nel lungo periodo e dopo aver capito tutti i semi che ha piantato, si capirà il potenziale enorme del “non detto”. E per questo si azzarda una “benedizione” che magari sarà un po’ troppo larga per qualcuno ma che, a posteriori, verrà capita dai più.

 

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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