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Star Trek: Discovery 2×02 – New EdenTEMPO DI LETTURA 6 min

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“In the 20th century, Arthur C. Clark said that ‘Any sufficiently advanced technology is indistinguishable from magic’. The law was debated by scientists and theologians alike, and lather reinterpreted to say: ‘Any sufficiently advanced extraterrestrial intelligence is indistinguishable from God’.”

 

Con “New Eden”, la ricerca di una spiegazione dietro le misteriose esplosioni di energia conduce Pike e la sua nuova ciurma su un remoto pianeta, sede di un’idilliaca comunità umana rimasta ferma a uno stadio pre-spaziale, e tuttavia presente su quel mondo da ben 200 anni. La nuova serie Trek ha dunque modo di affrontare alcuni dei temi più cari non solo alla saga pluridecennale di cui fa parte, ma in generale a tutta la science fiction: la religione, il suo rapporto con la scienza, il primo contatto con altre civiltà, il dilemma dell’intervento nel naturale sviluppo culturale e scientifico di popolazioni “arretrate”.
Certo, un solo episodio non basta ad approfondire in maniera soddisfacente questi spunti e la sensazione finale è di trovarsi di fronte a potenzialità parzialmente sprecate, che avrebbero meritato come minimo una doppia puntata o, ancora meglio, un piccolo arco narrativo spalmato in più settimane. Si pensi, ad esempio, alla questione del contrasto tra fede e ragione, qui incarnato nella figura di Jacob: il suo scetticismo razionalistico lo porta a mettere in dubbio le certezze della comunità di New Eden e a credere che la Terra non sia stata distrutta dalla terza guerra mondiale, che i suoi abitanti siano progrediti fino a conquistare la tecnologia per viaggiare tra le stelle; ma queste sue certezze non conducono ad un reale e drammatico scontro con l’autorità religiosa locale e tutto si riduce ad una piccola, personale vittoria dell’uomo che ottiene da Pike la conferma che le sue teorie sono vere. Stesso discorso si potrebbe fare per il particolare sincretismo che costituisce la fede di New Eden e in cui confluiscono cristianesimo, ebraismo, islamismo, shintoismo, buddhismo e chi più ne ha più ne metta: un’occasione perfetta per parlare di tolleranza e di superamento delle barriere tra le fedi, ma ancora una volta la concitazione della scrittura impedisce di soffermarsi più compiutamente sul tema.
Anche il tentativo di ritagliare un ruolo maggiore per un membro dell’equipaggio che non sia il solito Saru/Michael/Stamets/Tilly, coinvolgendo nell’azione uno di quei cartonati viventi che stanno sulla plancia solo per far numero, si rivela un’occasione sprecata. Joann Owosekun è coinvolta nella missione sul pianeta misterioso perché ha vissuto in una comunità luddista (se non sapete cos’è il luddismo, andate qui), eppure il suo apporto alla trama dell’episodio si limita ad una prodezza degna del peggior episodio di MacGyver e basta; in più, quando si scopre che non è credente ci si aspetterebbe che sia lei a portare avanti la critica contro la fede di New Eden, ma tale onore spetta alla solita Michael Burnham, che deve sfoggiare la propria superiorità intellettuale facendosi paladina del diritto degli edeniani di sapere la verità sul loro “rapimento” mistico e sulla Terra. Per fortuna, almeno questa volta la nostra Mary Sue riesce a domare il desiderio di fare come più le pare, anche grazie al polso fermo e deciso di un capitano Pike sempre molto convincente e carismatico, e la Prima Direttiva è salva, ma resta il fastidio di avere a che fare con una protagonista perennemente circondata da un’aura di spocchia e superiorità, in questo caso quel fanatismo “ateo” e razionalista che non è meno fastidioso di quello religioso.
Tuttavia, Star Trek: Discovery non è solo la storia di Michael Burnham e lo spazio dedicato a Saru, a Tilly e a Stamets, impegnati in un processo di crescita personale per il momento assai convincente, costituisce decisamente la parte migliore dell’episodio. Il kelpiano conferma ancora una volta le proprie doti di comandante, gestendo un’emergenza planetaria con polso fermo ma anche con la lungimiranza e l’umiltà di accettare i consigli dei subordinati, senza dimenticare il dialogo in infermeria con Tilly che svela il suo lato più “umano” ed empatico. Passando alla guardiamarina, la sua caratterizzazione continua lungo quel doppio binario che ne fa da un lato il principale personaggio comico della serie (e come abbiamo già detto, un po’ di comic relief in una space opera così cupa può solo far bene) e dall’altro una figura sempre più determinante ai fini della trama, con i suoi provvidenziali colpi di genio: il risultato finale è una sorta di genio pasticcione, alla maniera (pur con tutte le dovutissime proporzioni) del Walter Bishop di Fringe, e finché gli sceneggiatori bilanceranno le due componenti senza esagerare in un senso o nell’altro, la sua presenza nella narrazione sarà tutt’altro che molesta. E ispira tenerezza il rapporto sempre più stretto che si è creato con Stamets, un rapporto fatto di fiducia e di confidenze che mostrano tutta l’umanità dell’astromicologo, segnato dalla perdita di Hugh ma non per questo incapace di fare il proprio dovere quando diventa necessario utilizzare il motore a spore.
A tal proposito, l’avveniristica tecnologia di navigazione continua a rappresentare uno dei principali punti deboli di Star Trek: Discovery, sicuramente il dato che meno si incastra nella continuity della saga. Non solo l’esistenza del motore è nota a buona parte della Flotta Stellare, ma Tilly sta persino cercando un modo alternativo all’utilizzo di interfacce viventi, che se avesse successo porterebbe ad un utilizzo della tecnologia su vasta scala. Noi continuiamo ad aver fiducia negli sceneggiatori e a sperare che prima o poi tutti i pezzi del puzzle si incastrino perfettamente al loro posto, ma più si va avanti e più la totale mancanza di accenni ad una simile tecnologia nelle serie ambientate cronologicamente dopo Discovery inizia a costituire un problema. Ma si sa, con i prequel è facile combinare qualche pasticcio, anche senza mettercisi d’impegno.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • L’ambizione di trattare temi come la religione, il suo rapporto con la scienza, il primo contatto, l’ingerenza nello sviluppo di popoli “primitivi”…
  • Il capitano Pike sempre molto convincente e carismatico
  • Saru e le sue doti di leader
  • La crescita personale di Tilly e il suo rapporto con Stamets
  • …ma è chiaro che un singolo episodio non basta a sviluppare tali discorsi come meriterebbero
  • Occasione sprecata per dare spazio ad un personaggio che non sia Michael/Pike/Saru/Stamets/Tilly
  • Michael Burnham insopportabile nella sua superiorità intellettuale e razionale
  • Questo benedetto motore a spore continua a fare a cazzotti con la continuity della saga

 

Dopo una premiere convincente, Discovery sforna un episodio stand-alone, come ai vecchi tempi, pieno di temi importanti ma non sviluppati a dovere. La strada è ancora lunga e forse ci sarà modo di ritornare su tali questioni, ma non si può negare che un doppio episodio o un piccolo arco narrativo di più puntate sarebbe stato preferibile.

 

Brother 2×01 ND milioni – ND rating
New Eden 2×02 ND milioni – ND rating

 

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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.

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