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Away 1×08 – Vital SignsTEMPO DI LETTURA 3 min

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Giunti quasi alla fine del viaggio di andata dell’Atlas, a pochi episodi dalla conclusione, ancora una volta il Comandante Emma Green ed il suo equipaggio si trovano di fronte ad una scelta difficile. Il fulcro di questo episodio è rappresentato dalla scelta se tornare indietro o meno. Per un problema tecnico infatti Pegasus, la navicella che contiene tutto ciò che servirà agli astronauti per i 18 mesi marziani, non è più reperibile in quanto nei pressi di Marte le comunicazioni sono sparite e alla NASA nessuno sa cosa fare per ripristinarle. Le possibilità sono solo due: tornare indietro o morire da eroi, e nessuna sembra praticabile. Se infatti la logica direbbe di tornare indietro e riprovarci con un’altra missione, il cuore degli astronauti è diviso: vi è chi morirebbe anche per la missione. Marte si vede oramai dall’oblò: sono più vicini che mai. Purtroppo, però, nulla può aiutarli nello spazio. Ma su Marte sì. L’idea di Lu costituisce un momento di svolta. È proprio grazie alla cosmonauta che all’equipaggio viene data una scelta. Utilizzando la sonda Insight si potrebbe scoprire se Pegasus è entrato nell’atmosfera marziana, anche se questo non confermerebbe se la navicella si è schiantata o comunque in parte distrutta. Il filo conduttore delle scelte operate in questo episodio è costituito quindi dalla speranza, una speranza flebile e pericolosa.
Si ha qui un perfetto mix di emotività e sci-fy: la scelta è difficile, in gioco c’è troppo. Se da un lato tornare a casa sembrerebbe essere la migliore delle idee, dall’altro c’è il gettare alle ortiche mesi e mesi di viaggio, difficoltà superate, emergenze mediche. È proprio questo ciò che tenta di dire Lu alla sua Commander che vorrebbe tornare indietro per, dice lei, salvare le vite di tutti. Ovviamente la scelta si sa dove andrà a ricadere.
Dopo la crisi di “Goodnight, Mars“, la Comandante Emma è stata messa a dura prova e, come lei, il suo equipaggio. Solo Lu sembra più lucida degli altri nelle sue azioni e nei suoi ragionamenti. È per questo che decide di tentare il tutto per tutto e motivare Emma ma, a cose fatte, dopo aver convinto il resto degli astronauti con dati oggettivi e logici, dettati dall’esperienza e dall’amore che ha sempre nutrito per Marte e per la missione, per il suo onore e non più solo per quello della patria.
In linea con i precedenti episodi, Away si prende tempo, si ferma per un attimo e fa riflettere lo spettatore: cosa è davvero importante? Inseguire una speranza (e poter morire per essa) oppure il logico ritorno a casa? Ancora una volta gli astronauti sono sottoposti a un dramma: solo Lu non vacilla mai e rimane fedele a sé stessa e all’obiettivo della missione, gli altri hanno titubanze, dubbi. Come già emerso precedentemente, è un viaggio di uomini e, in quanto tali, sono imperfetti e possono avere dubbi anche su un qualcosa di più grande di loro come il primo sbarco su Marte. È umano farsi sopraffare da un evento così spettacolare e grandioso.
Colpiscono le performance di Hilary Swank e Vivian Wu, le quali rappresentano due personaggi così simili ma così diversi: se entrambe sono madri, solo Lu ha uno spirito di sacrificio così grande dovuto al senso del dovere verso la propria patria (come ricordava Misha nei primi episodi) che qui, però, si evolve e diventa sacrificio per sé stessa e per gli sforzi fatti per arrivare a tale livello. La patria rimane, l’onore anche, ma c’è anche lei. Compie un’affermazione di sé stessa, come a dire “esisto anch’io”.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Determinazione di Lu
  • Evidente dilatazione dell’episodio

 

Anche questo episodio mostra indubbiamente il lato più umano degli astronauti e lo fa prendendosi il suo tempo (forse troppo questa volta).

 

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La notte sognivaga passeggia nel cielo ed il gufo, che mai dice il vero, sussurra che sono in me draghi ch'infuocano approdi reali e assassini seriali, vaghi accenti d'odio feroce verso chiunque abbia una voce e un respiro di psicosfera che rende la mia indole quanto mai nera. Però sono simpatica, a volte.

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