Away 1×09 – SpektrTEMPO DI LETTURA 3 min

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Kwesi: “Why? Why can’t we?”
Misha: “Because it’s impossible”
Emma: “I’ll get on it with ground. The impossible is where we’re at.”

Il punto di forza di Away è giocare sul piano dell’impossibile. Appena sessant’anni fa era del tutto impensabile che l’uomo potesse viaggiare nello spazio, toccare il suolo lunare o inviare una sonda su Marte, eppure eccolo qui, l’uomo, a trasformare l’impossibile in possibile. 
Nonostante tutti i goffi problemi sottolineati in precedenza, Away funziona proprio perché ha ampio spazio di manovra nella dimensione dell’impossibile, motivo per cui si accettano tutti gli imprevisti che si susseguono durante il viaggio verso Marte, seppur spesso estremamente gonfiati in tragiche scelte al limite tra la vita e la morte. 
Anche questa volta gli astronauti dell’Atlas si ritrovano a dover salvare la missione e le loro vite misurandosi con un problema più grande di loro che li porterà a un esperimento improvvisato in una scena carica di adrenalina ma, soprattutto, di fascino. Se infatti il tutto, come già detto, suona eccessivamente romanzato, la verità è che ciò non ha reale importanza nell’economia dell’episodio: il tacito patto tra telespettatore e autori è quello di una sospensione della sfera della credibilità in cambio di un momento visivo carico di pathos e di fascino. La sequenza di fine episodio paga ogni minuto speso a seguire il tracciato dei precedenti episodi. Un po’ come l’acqua nel deserto, lo spettatore rimane a bocca aperta in un limbo tra la realtà e il sogno: tra il possibile e l’impossibile.

Ram: “You know, I used to think that if my life ended in a sacrifice for something great, something bigger than myself, for my country, science, history…it would be the epitome of a life well-lived.”
Emma: “What changed?”
Ram: “You.” 

La porta dell’Atlas si apre per la seconda volta dal lancio e Emma e Ram si ritrovano a condividere molto più di un momento di scienza; da spettatori inermi dello spazio, diventano protagonisti attivi in una dimensione di cui per un piccolo istante diventano proprietari.
Ma nella grande metafora rappresentata dalla serie, la porta del veicolo spaziale non è l’unica ad aprirsi. In uno slancio di sincerità che pone le basi per nuove complicazioni, Ram apre il suo cuore a Emma mettendo da parte per la prima volta la scienza, sua unica compagna di vita. Ovattato e coperto dalla sua tuta, il giovane astronauta è in realtà più a nudo che mai di fronte al suo comandante e i due astronauti pur non toccandosi si sentono.
E pur di fronte a un bacio mai avvenuto e a mani mai sfiorate, lo sguardo finale racconta un’intimità che sembra essersi consumata dinanzi agli occhi dello spettatore, il quale ha appena fatto un viaggio di andata e ritorno nell’impossibile.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Passeggiata nello spazio: un momento ad alto impatto visivo ed emotivo
  • Emma prende la situazione in mano come solo un leader è in grado di fare
  • Episodio ben calibrato tra narrazione terrestre e narrazione spaziale
  • Il percepibile contatto umano tra Emma e Ram
  • Ray Panthaki si è dimostrato all’altezza di una scena carica di tensione, con a fianco una Swank sempre perfetta
  • Un dialogo di poche battute, ma più loquace che mai 
  • La difficile adolescenza di Lex, una storyline troppo pesante e noiosa
  • Scene sulla Terra sempre meno interessanti
  • Concetto di ultima speranza che, a lungo ripetersi, diventa ridondante
  • A un episodio dalla fine si può dire che il resto dell’equipaggio non è stato particolarmente incisivo

 

In un attimo di sospensione dalla realtà e a un passo da Marte, il nono episodio di Away regala un momento televisivo carico di fascino da lasciare tutti a bocca aperta.

 

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