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Si ha qui un perfetto mix di emotività e sci-fy: la scelta è difficile, in gioco c’è troppo. Se da un lato tornare a casa sembrerebbe essere la migliore delle idee, dall’altro c’è il gettare alle ortiche mesi e mesi di viaggio, difficoltà superate, emergenze mediche. È proprio questo ciò che tenta di dire Lu alla sua Commander che vorrebbe tornare indietro per, dice lei, salvare le vite di tutti. Ovviamente la scelta si sa dove andrà a ricadere.
Dopo la crisi di “Goodnight, Mars“, la Comandante Emma è stata messa a dura prova e, come lei, il suo equipaggio. Solo Lu sembra più lucida degli altri nelle sue azioni e nei suoi ragionamenti. È per questo che decide di tentare il tutto per tutto e motivare Emma ma, a cose fatte, dopo aver convinto il resto degli astronauti con dati oggettivi e logici, dettati dall’esperienza e dall’amore che ha sempre nutrito per Marte e per la missione, per il suo onore e non più solo per quello della patria.
In linea con i precedenti episodi, Away si prende tempo, si ferma per un attimo e fa riflettere lo spettatore: cosa è davvero importante? Inseguire una speranza (e poter morire per essa) oppure il logico ritorno a casa? Ancora una volta gli astronauti sono sottoposti a un dramma: solo Lu non vacilla mai e rimane fedele a sé stessa e all’obiettivo della missione, gli altri hanno titubanze, dubbi. Come già emerso precedentemente, è un viaggio di uomini e, in quanto tali, sono imperfetti e possono avere dubbi anche su un qualcosa di più grande di loro come il primo sbarco su Marte. È umano farsi sopraffare da un evento così spettacolare e grandioso.
Dopo la crisi di “Goodnight, Mars“, la Comandante Emma è stata messa a dura prova e, come lei, il suo equipaggio. Solo Lu sembra più lucida degli altri nelle sue azioni e nei suoi ragionamenti. È per questo che decide di tentare il tutto per tutto e motivare Emma ma, a cose fatte, dopo aver convinto il resto degli astronauti con dati oggettivi e logici, dettati dall’esperienza e dall’amore che ha sempre nutrito per Marte e per la missione, per il suo onore e non più solo per quello della patria.
In linea con i precedenti episodi, Away si prende tempo, si ferma per un attimo e fa riflettere lo spettatore: cosa è davvero importante? Inseguire una speranza (e poter morire per essa) oppure il logico ritorno a casa? Ancora una volta gli astronauti sono sottoposti a un dramma: solo Lu non vacilla mai e rimane fedele a sé stessa e all’obiettivo della missione, gli altri hanno titubanze, dubbi. Come già emerso precedentemente, è un viaggio di uomini e, in quanto tali, sono imperfetti e possono avere dubbi anche su un qualcosa di più grande di loro come il primo sbarco su Marte. È umano farsi sopraffare da un evento così spettacolare e grandioso.
Colpiscono le performance di Hilary Swank e Vivian Wu, le quali rappresentano due personaggi così simili ma così diversi: se entrambe sono madri, solo Lu ha uno spirito di sacrificio così grande dovuto al senso del dovere verso la propria patria (come ricordava Misha nei primi episodi) che qui, però, si evolve e diventa sacrificio per sé stessa e per gli sforzi fatti per arrivare a tale livello. La patria rimane, l’onore anche, ma c’è anche lei. Compie un’affermazione di sé stessa, come a dire “esisto anch’io”.
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Anche questo episodio mostra indubbiamente il lato più umano degli astronauti e lo fa prendendosi il suo tempo (forse troppo questa volta).
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La notte sognivaga passeggia nel cielo ed il gufo, che mai dice il vero, sussurra che sono in me draghi ch'infuocano approdi reali e assassini seriali, vaghi accenti d'odio feroce verso chiunque abbia una voce e un respiro di psicosfera che rende la mia indole quanto mai nera. Però sono simpatica, a volte.