Away, dopo quasi dieci ore di girato, riesce finalmente a portare i cinque astronauti (e gli spettatori) su Marte. Un traguardo veramente agognato che però è diventato tale anche per merito, più che colpa, delle svariate disgrazie/sfortune avvenute sia sulla Terra che nello spazio. A posteriori, pur volendo enfatizzare la dilatazione dei tempi e l’evoluzione dei rapporti tra astronauti e tutti coloro che sono rimasti sulla Terra, una stagione da 10 episodi così poteva serenamente essere accorciata a 8 puntate e nessuno si sarebbe lamentato. E sicuramente avrebbe giovato sapere sin dall’inizio se Away sia o no una serie composta da un’unica stagione.
Chi scrive ha adocchiato il titolo di questo season/series finale sin dall’inizio della visione della serie e, ovviamente, si era fatto un film mentale diverso rispetto a quanto è effettivamente accaduto. Il titolo “Home” punta volutamente lo spettatore verso un ipotetico ritorno a casa, depistando quella che è la reale intenzione della serie: atterrare su Marte e poi ripartire, il tutto mostrando queste due fasi in altrettante stagioni.
“Houston, Atlas: touchdown confirmed.”
Il modo in cui termina questa prima stagione di Away è molto intelligente perché, pur essendo una chiusura aperta, è soddisfacente in ogni senso e, soprattutto, lascia aperte le porte per una eventuale seconda e terza stagione qualora Netflix lo volesse. E a tal proposito sia Andrew Hinderaker che Jessica Goldberg, come annunciato di recente, hanno chiaramente costruito questa prima stagione con l’idea di svilupparne poi una seconda totalmente ambientata su Marte e chiaramente una terza che vedrà il ritorno dell’equipaggio dell’Atlas sulla Terra. Scelta corretta e supportata da un backup plan che lascia soddisfatti anche nel caso di un mancato rinnovo.
Guardando il tutto da un’altra prospettiva, ci si trova di fronte ad un’enorme occasione sprecata per il potenziale plot twist che si avrebbe avuto se la comunicazione “Houston, Atlas: touchdown confirmed” non fosse mai arrivata. Il dramma che sarebbe potuto esplodere sulla Terra, così come su Marte, sarebbe stato un qualcosa di inaspettato che avrebbe giovato sia nel breve che nel lungo periodo, oltre che essere comunque facilmente risolvibile una volta ripristinata la comunicazione. Hinderaker però sembra essere uno showrunner molto prevedibile, nel senso buono del termine, che non esagera ma ha un piano solido per la serie che comunque si fa apprezzare soprattutto per il lato umano.
E parlando proprio del lato umano, oltre a lasciare aperte diverse trame secondarie che puntano totalmente su tradimenti per le prossime stagioni, a volte “Home” esagera nel propinare certe situazioni. Si parla ovviamente del risultato del test sul CCM (in italiano noto come emangioma cavernoso) che mostra una Lexi mai soddisfatta nonostante la bella notizia, ma anche del rapporto tra Emma e Ram dopo che quest’ultimo si era dichiarato. Troppi drammi non richiesti che hanno il loro perché ma possono essere anche serenamente evitati, cosa che invece non si può dire della diatriba sulla presenza di Lu nella foto.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.