0
(0)
Annunciata da più di un anno ormai, i lavori per lo show erano iniziati ufficialmente nel Luglio del 2019 ma The Third Day ha subito, come quasi tutti i prodotti del panorama seriale, un ritardo nella produzione causa della situazione COVID-19 che ha rimandato il debutto da Aprile all’autunno. L’accordo ormai sempre più stretto da Sky ed HBO ha portato l’ennesima partecipazione di Jude Law a una miniserie delle due compagnie dopo le partecipazioni in The Young Pope e The New Pope.
The Third Day segue ovviamente una narrativa differente, pur mantenendo quel tocco a metà tra il macabro ed il surreale che le due serie di Paolo Sorrentino avevano brevettato. Inutile dire che la serie di HBO è un prodotto chiaramente sperimentale che risulta, forse, un po’ troppo prevedibile se non per i fan del genere e dell’atmosfera. In effetti è difficile per uno spettatore abituato a storie di realismo (come quelle che gli americani hanno sempre proposto al pubblico) entrare completamente all’interno di questo setting. Inoltre, come si può capire dalla struttura della serie composta da 7 episodi in totale ma divisa in due archi chiamati Summer e Winter separati da uno speciale intitolato Autumn, il surrealismo avrà un ruolo importante.
Già dall’iniziale telefonata in cui il protagonista Sam informa la moglie del suo insuccesso che gli è costato ben 40.000 dollari, lo show indirizza la narrativa verso un difficile rapporto di fiducia con ciò che si vede. Per tutta la durata della puntata lo spettatore deve mantenere un mindset molto distaccato e non credere mai totalmente alle apparenze. In questo senso è encomiabile l’impegno di Dennis Kelly alla scrittura e soprattutto quello di Marc Munden alla regia, probabilmente le vere star da celebrare in questa occasione. Specialmente per il secondo è da sottolineare la sequenza in cui Sam vede la maglietta portata via dalla corrente in cui la ripresa si focalizza particolarmente sul moto della T-shirt accompagnandola con un coro a cappella, rendendo quasi la sensazione di un qualcosa di ultraterreno che tornerà più o meno per tutto il corso dell’episodio.
L’incontro tra Sam ed Epona (Jessie Ross) è senza dubbio al centro della narrativa in “Friday – The Father”. Dopo averla salvata da morte quasi certa, il protagonista si impegna a riportarla ad Osea Island dove potrà riabbracciare il villaggio di 93 persone in cui vive per il festival della musica che farà guadagnare l’interesse di diversi visitatori.
La storia di Epona, le sue teorie sull’acqua e con la terra ed i racconti sugli spiriti che tornato sulla terra ferma per scacciare il maligno, affascinano profondamente il protagonista che, grazie anche all’interpretazione veramente convincente di Jude Law, si vede quasi mistificato più che preoccupato dalle stranezze esposte dalla ragazza.
L’arrivo al pub del paesino, dove si terrà l’incontro coi genitori di Epona, lo porta in una dimensione quasi mistica e particolare, tipica delle narrazioni dei paesi e dei racconti dell’orrore ambientati in posti del genere. Qui emerge tutta la bravura di Kelly e Munden nel farlo entrare in questo mondo, attraverso i dialoghi e soprattutto gli sguardi: la sua ricerca di qualcosa e la quasi maniacale attenzione ai dettagli delle foto ad esempio sembrano fatti apposta per rimarcare quanto la sua personalità e quello che trova in un centro abitato così piccolo, pieno di razzismo e personaggi stravaganti, siano effettivamente lontanissimi l’una dagli altri.
L’esplosione di Sam, sempre più caricato dagli avvenimenti (nello specifico il messaggio che riceve al telefono e il dialogo con Mrs. Marin), lo porta ad una sorta di crollo psicologico consumatosi nella scena del bagno dove vede coi suoi occhi un fucile puntato proprio verso Epona. Qui si vive il momento di distacco in cui tutto finisce in cui riesce finalmente ad andarsene dall’isola, o almeno così sembra. Il suo viaggio si districa infatti in due momenti molto significativi: quello in cui aggiusta lo specchietto retrovisore, vedendo Mr. Martin che rincorre Epona, e l’arrivo alla strada sommersa dall’acqua che, come nei migliori racconti dell’orrore, lo costringe alla cattività.
Entra in campo a questo punto la figura più ambigua del primo episodio che si palesa nelle tre situazioni in cui la puntata mette in mostra il suo lato più macabro. Il ragazzino riccioluto, già protagonista del tentativo di suicidio di Epona, guida Sam attraverso una sorta di selva oscura e qui, di nuovo, non si può non notare il grande lavoro di Munden nell’accompagnare il pubblico attraverso le fronde guardando prima i gesti del ragazzo per passare poi anche alla prima persona vedendo il corpo smembrato di quella che sembra essere una rana in un prato. Una sorta di rituale, presagio della fine della puntata in cui, dopo aver passato una serata immerso nei fiumi dell’alcol, Sam si ritrova in una sorta di casolare abbandonato dove si dispera alla vista della famigerata t-shirt di Epona insanguinata nelle vicinanze di (forse più di) un corpo smembrato.
The Third Day segue ovviamente una narrativa differente, pur mantenendo quel tocco a metà tra il macabro ed il surreale che le due serie di Paolo Sorrentino avevano brevettato. Inutile dire che la serie di HBO è un prodotto chiaramente sperimentale che risulta, forse, un po’ troppo prevedibile se non per i fan del genere e dell’atmosfera. In effetti è difficile per uno spettatore abituato a storie di realismo (come quelle che gli americani hanno sempre proposto al pubblico) entrare completamente all’interno di questo setting. Inoltre, come si può capire dalla struttura della serie composta da 7 episodi in totale ma divisa in due archi chiamati Summer e Winter separati da uno speciale intitolato Autumn, il surrealismo avrà un ruolo importante.
Già dall’iniziale telefonata in cui il protagonista Sam informa la moglie del suo insuccesso che gli è costato ben 40.000 dollari, lo show indirizza la narrativa verso un difficile rapporto di fiducia con ciò che si vede. Per tutta la durata della puntata lo spettatore deve mantenere un mindset molto distaccato e non credere mai totalmente alle apparenze. In questo senso è encomiabile l’impegno di Dennis Kelly alla scrittura e soprattutto quello di Marc Munden alla regia, probabilmente le vere star da celebrare in questa occasione. Specialmente per il secondo è da sottolineare la sequenza in cui Sam vede la maglietta portata via dalla corrente in cui la ripresa si focalizza particolarmente sul moto della T-shirt accompagnandola con un coro a cappella, rendendo quasi la sensazione di un qualcosa di ultraterreno che tornerà più o meno per tutto il corso dell’episodio.
L’incontro tra Sam ed Epona (Jessie Ross) è senza dubbio al centro della narrativa in “Friday – The Father”. Dopo averla salvata da morte quasi certa, il protagonista si impegna a riportarla ad Osea Island dove potrà riabbracciare il villaggio di 93 persone in cui vive per il festival della musica che farà guadagnare l’interesse di diversi visitatori.
La storia di Epona, le sue teorie sull’acqua e con la terra ed i racconti sugli spiriti che tornato sulla terra ferma per scacciare il maligno, affascinano profondamente il protagonista che, grazie anche all’interpretazione veramente convincente di Jude Law, si vede quasi mistificato più che preoccupato dalle stranezze esposte dalla ragazza.
L’arrivo al pub del paesino, dove si terrà l’incontro coi genitori di Epona, lo porta in una dimensione quasi mistica e particolare, tipica delle narrazioni dei paesi e dei racconti dell’orrore ambientati in posti del genere. Qui emerge tutta la bravura di Kelly e Munden nel farlo entrare in questo mondo, attraverso i dialoghi e soprattutto gli sguardi: la sua ricerca di qualcosa e la quasi maniacale attenzione ai dettagli delle foto ad esempio sembrano fatti apposta per rimarcare quanto la sua personalità e quello che trova in un centro abitato così piccolo, pieno di razzismo e personaggi stravaganti, siano effettivamente lontanissimi l’una dagli altri.
L’esplosione di Sam, sempre più caricato dagli avvenimenti (nello specifico il messaggio che riceve al telefono e il dialogo con Mrs. Marin), lo porta ad una sorta di crollo psicologico consumatosi nella scena del bagno dove vede coi suoi occhi un fucile puntato proprio verso Epona. Qui si vive il momento di distacco in cui tutto finisce in cui riesce finalmente ad andarsene dall’isola, o almeno così sembra. Il suo viaggio si districa infatti in due momenti molto significativi: quello in cui aggiusta lo specchietto retrovisore, vedendo Mr. Martin che rincorre Epona, e l’arrivo alla strada sommersa dall’acqua che, come nei migliori racconti dell’orrore, lo costringe alla cattività.
Entra in campo a questo punto la figura più ambigua del primo episodio che si palesa nelle tre situazioni in cui la puntata mette in mostra il suo lato più macabro. Il ragazzino riccioluto, già protagonista del tentativo di suicidio di Epona, guida Sam attraverso una sorta di selva oscura e qui, di nuovo, non si può non notare il grande lavoro di Munden nell’accompagnare il pubblico attraverso le fronde guardando prima i gesti del ragazzo per passare poi anche alla prima persona vedendo il corpo smembrato di quella che sembra essere una rana in un prato. Una sorta di rituale, presagio della fine della puntata in cui, dopo aver passato una serata immerso nei fiumi dell’alcol, Sam si ritrova in una sorta di casolare abbandonato dove si dispera alla vista della famigerata t-shirt di Epona insanguinata nelle vicinanze di (forse più di) un corpo smembrato.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
The Third Day ha iniziato bene la sua parabola narrativa, molte le domande sorte durante la visione, quello che Sam ha vissuto è reale o è solo frutto di una premonizione, della sua fantasia? Chi è il ragazzino riccioluto e che legame c’è tra lui ed Epona che pare avere una strana e forte connessione anche con Sam, soprattutto a livello protettivo? Le domande destano tutte un certo interesse in un setup che, nonostante dei difetti, lascia comunque molto ben sperare.
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.