Mei, una ragazza cinese esperta di kung-fu, arriva a Roma alla ricerca di sua sorella scomparsa, che proprio nella Città Eterna fa la prostituta. Le sue indagini la porteranno nel locale di Marcello, figlio di uno dei suoi più assidui clienti, anch’esso scomparso. Desiderosi entrambi di ritrovare i propri familiari, i due inizieranno una (faticosa) conoscenza reciproca e un viaggio all’interno del sottobosco criminale romano nel quartiere multietnico dell’Esquilino. |
Torna Gabriele Mainetti al cinema, il regista in grado di rivoluzionare il concetto di “cinema di genere italiano” con Lo Chiamavano Jeeg Robot e Freaks Out. E, dato il successo generato da queste due pellicole, era normale che ci fosse molto interesse anche per La Città Proibita, terzo lungometraggio del regista. Il quale fa un ulteriore cambio di genere narrativo esplorando il mondo del cinema di arti marziali, ovviamente riadattandolo a modo suo con un’ambientazione tutta romana (il quartiere multietnico Esquilino di Roma) e fondendolo con un modello di “crime all’italiana”. L’ispirazione principale, in questo caso, sono più i film di Jackie Chan e Quentin Tarantino che non i film di Bruce Lee (che pure a Roma aveva ambientato un’epico scontro di arti marziali con Chuck Norris).
Un esperimento riuscito però solo in parte e che non risulta così incisivo come vorrebbe.
“C’ERA UNA CINESE A ROMA…”
La storia inizia in Cina negli anni ’90 con un excursus sulla cosiddetta “politica del figlio unico“. In questo contesto una coppia ha due bambine. La prima, Yun, viene riconosciuta come tale, la seconda, Mei, viene tenuta nascosta dalla famiglia.
Con un cambio di scena, a dir poco repentino, l’azione si sposta poi ai giorni nostri, a Roma. In questo contesto una Mei cresciuta (Yaxi Liu) sta cercando sua sorella Yun, scomparsa dopo essere entrata in un giro di prostituzione gestito da Mr. Wang (Shanshan Chunyu), ambiguo uomo d’affari proprietario di un ristorante cinese (“La Città Proibita”, appunto).
Le sue ricerche la conducono nella cucina di un altro ristorante, una trattoria romana gestita da Marcello (Enrico Borello, già visto in Supersex) e da sua madre Lorella (Sabrina Ferilli). Il padre di Marcello infatti è stato l’ultimo “cliente” di Yun, e quindi l’unico che può sapere che fine ha fatto. Ma Marcello non ha contatti con il padre, peraltro ritenendolo colpevole di aver abbandonato lui e sua madre proprio per rifarsi una vita con Yun. Dopo un acceso scontro “linguistico”, i due decidono quindi di collaborare per ritrovare i rispettivi famigliari. Ma dovranno scontrarsi sia con la malavita cinese che romana, qui incarnata nella figura dell’usuraio Annibale (Marco Giallini),
BUONA REGIA…
La storia s’inserisce nel più classico dei revenge-movie ed è chiaramente imbevuta dei cliché del genere narrativo scelto. E, tuttavia, non si può non dare atto a Mainetti e agli sceneggiatori Stefano Bises e Davide Serino, di aver imbastito un intreccio abbastanza coerente in cui non manca anche una certa dose di dramma, stemperata in alcuni momenti da “commedia all’italiana”.
Ciò che colpisce è soprattutto la regia e le coreografie marziali, che dimostrano uno studio non da poco per cui la pellicola piacerà sicuramente agli amanti del genere. Merito soprattutto della protagonista Yaxi Liu che, seppur al suo primo ruolo come protagonista, è un’artista marziale e stunt-woman molto nota nel settore (sue sono quasi tutte le scene d’azione del film Mulan).
La telecamera segue un ritmo veramente frenetico in cui qualsiasi oggetto e/o ambiente diventa un set ideale per calci e pugni. Il tutto in una Roma multietnica e post-industriale mirabilmente ricostruita e, a tratti, quasi distopica.
…PESSIMA SCRITTURA
Purtroppo questo lavoro, seppur mirabile, non è esente da critiche e difetti. Ed è soprattutto la scrittura dei personaggi a vacillare in questo senso. A cominciare proprio dalle gag “linguistiche” fra i due co-protagonisti che se, in parte, sono risolte tramite l’uso del traduttore vocale dello smartphone, in alcuni momenti invece tali difficoltà sembrano magicamente sparire. Oltre al fatto che l’azione comincia “in medias res” lasciandosi dietro un enorme buco di trama su come Mei sia riuscita ad arrivare a Roma dalla Cina senza conoscere alcuna lingua straniera a parte la sua.
L’evolversi del rapporto fra i due co-protagonisti inoltre è abbastanza scontato con l’evidente (e prevedibile) omaggio a Vacanze Romane dove parte immediatamente dopo una scena di sesso così de botto senza senso.
Anche i villains della pellicola, che pure vorrebbero risultare tridimensionali con un loro lato “emotivo”. Mr. Wang infatti è orgoglioso del figlio rapper, seppur questo lo disprezzi, mentre Annibale è innamorato della madre di Marcello e ha una grande passione per le canzoni di De Andrè. Ma, nonostante ciò, non riescono a non risultare fin troppo piatti e bidimensionali.
La Città Proibita dunque risulta riuscito solamente a metà. Nonostante una buona idea e un’ottima resa visiva che rende, a suo modo, “originale” tale prodotto, i dialoghi eccessivamente esplicativi e la lunghezza sproporzionata all’azione mostrata non lo rendono propriamente memorabile.
Si tratta di un’opera meramente artigianale, buona se si considera il genere cinematografico scelto, ma troppo attaccata a cliché triti e ritriti per destare un reale interesse.
TITOLO ORIGINALE: La Città Proibita REGIA: Gabriele Mainetti SCENEGGIATURA: Stefano Bises, Gabriele Mainetti, Davide Serino INTERPRETI: Enrico Borello, Yaxi Liu, Marco Giallini, Sabrina Ferilli, Luca Zingaretti, Elisa Wang, Chunyu Shanshan DISTRIBUZIONE: Netflix DURATA: 138′ ORIGINE: Italia, 2025 DATA DI USCITA: 13/04/2025 |