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Giunti ormai al settimo episodio, Away rende nuovamente chiaro come la sfera emotiva/emozionale dei character sia alla base di tutta la sua narrazione. Una conferma che era risultata ancora più evidente negli ultimi tre episodi che, da questo punto di vista, erano apparsi meno propositivi, andando di conseguenza ad intaccare parte della potenza delle puntate. “Excellent Chariots”, “Space Dogs” e “A Little Faith” infatti, hanno raccontato una storia leggermente più pacata, dove a prendere il sopravvento sono state dinamiche interne molto più concrete con sentimenti ed emozioni che hanno fatto abbastanza da contorno, seppur risultando sempre cruciali nella storyline di turno.
Con “Goodnight Mars” si cerca di tornare indietro alla formula che aveva impressionato così tanto nei primi episodi, dando più spazio alla parte emotiva della storia, riproponendo in primo piano la figura del Comandante Emma Green e lasciando così riemergere l’ottima performance di Hilary Swank. Dopo aver dato maggiormente spazio agli altri personaggi, infatti, questo settimo episodio si concentra su Emma con i flashback che mancavano ancora all’appello.
Si può dire che la puntata si presenta sin dai primi minuti con un’aurea di aspettative, con piccoli input e sensazioni che lasciano presagire i due eventi principali, seppur alla fine facciano scaturire sensazioni diverse. La caduta di Lex dalla moto, presto o tardi, era sicuramente qualcosa su cui ogni spettatore avrebbe scommesso e infatti nessuno è stato deluso. Si era già accennato nella recensione di “Excellent Chariots” come la storyline inerente Lex rischiasse pericolosamente di cadere nel cliché dell’adolescente ribelle; in queste ultime puntate la sua trama è stata un continuo saliscendi, alternando momenti dove ci si ritrova più facilmente ad empatizzare con la ragazza e ad apprezzare il suo comportamento ed altri che invece sfociano in situazioni scontate come quella attuale e, di conseguenza, gli eventi perdono parte di quella potenza emotiva che fa risaltare la storia.
Ma per capire il collegamento stretto tra trama e sfera emotiva non bisogna neanche andare troppo lontano dato che è tutto racchiuso nella storyline della puntata di Emma. Sin dai primi minuti, non appena si è avuto un primo sguardo all’unica piantina sopravvissuta e poi si è passati ad ascoltare la voce rauca della Comandante, il pensiero di un collegamento tra le due situazioni non è certo sfuggito. Pur immaginando questo risvolto però, si è avuto modo di affrontare una storyline davvero ben narrata, che ha messo a nudo ulteriori elementi della vita di Emma rendendo sia il passato che il presente ad alto impatto. Va anche detto che le due situazioni con protagoniste Emma e Lex sono state concepite per essere presentate in maniera parallela, ed è proprio considerando questo che si può digerire meglio la scontatezza della caduta dalla moto. Un collegamento, come si diceva, reso necessario per comprendere il passato di Emma, le sue scelte e i sacrifici fatti che l’hanno poi portata a diventare madre, moglie e astronauta.
Come si sottolineava ad inizio recensione, Away ritorna quindi a puntare in maniera più energica sulla componente emotiva per raccontare l’ultima parte del viaggio verso Marte. La serie finora si è distinta per essere un atipico show ambientato nello spazio, dove questo sembra quasi un elemento marginale. Sono ormai parecchi episodi che non si ha neanche un assaggio di un po’ di vera e propria azione, rimasta ferma alla “passeggiata” nello spazio di “Negative Return“, un elemento che senza dubbio va a minare la forza della serie ma che, dall’altro, inizia a non sorprendere neanche più di tanto: essenzialmente Away si dimostra sempre più concentrato sul viaggio mentale dei protagonisti rispetto al viaggio vero e proprio.
Con “Goodnight Mars” si cerca di tornare indietro alla formula che aveva impressionato così tanto nei primi episodi, dando più spazio alla parte emotiva della storia, riproponendo in primo piano la figura del Comandante Emma Green e lasciando così riemergere l’ottima performance di Hilary Swank. Dopo aver dato maggiormente spazio agli altri personaggi, infatti, questo settimo episodio si concentra su Emma con i flashback che mancavano ancora all’appello.
Si può dire che la puntata si presenta sin dai primi minuti con un’aurea di aspettative, con piccoli input e sensazioni che lasciano presagire i due eventi principali, seppur alla fine facciano scaturire sensazioni diverse. La caduta di Lex dalla moto, presto o tardi, era sicuramente qualcosa su cui ogni spettatore avrebbe scommesso e infatti nessuno è stato deluso. Si era già accennato nella recensione di “Excellent Chariots” come la storyline inerente Lex rischiasse pericolosamente di cadere nel cliché dell’adolescente ribelle; in queste ultime puntate la sua trama è stata un continuo saliscendi, alternando momenti dove ci si ritrova più facilmente ad empatizzare con la ragazza e ad apprezzare il suo comportamento ed altri che invece sfociano in situazioni scontate come quella attuale e, di conseguenza, gli eventi perdono parte di quella potenza emotiva che fa risaltare la storia.
Ma per capire il collegamento stretto tra trama e sfera emotiva non bisogna neanche andare troppo lontano dato che è tutto racchiuso nella storyline della puntata di Emma. Sin dai primi minuti, non appena si è avuto un primo sguardo all’unica piantina sopravvissuta e poi si è passati ad ascoltare la voce rauca della Comandante, il pensiero di un collegamento tra le due situazioni non è certo sfuggito. Pur immaginando questo risvolto però, si è avuto modo di affrontare una storyline davvero ben narrata, che ha messo a nudo ulteriori elementi della vita di Emma rendendo sia il passato che il presente ad alto impatto. Va anche detto che le due situazioni con protagoniste Emma e Lex sono state concepite per essere presentate in maniera parallela, ed è proprio considerando questo che si può digerire meglio la scontatezza della caduta dalla moto. Un collegamento, come si diceva, reso necessario per comprendere il passato di Emma, le sue scelte e i sacrifici fatti che l’hanno poi portata a diventare madre, moglie e astronauta.
Come si sottolineava ad inizio recensione, Away ritorna quindi a puntare in maniera più energica sulla componente emotiva per raccontare l’ultima parte del viaggio verso Marte. La serie finora si è distinta per essere un atipico show ambientato nello spazio, dove questo sembra quasi un elemento marginale. Sono ormai parecchi episodi che non si ha neanche un assaggio di un po’ di vera e propria azione, rimasta ferma alla “passeggiata” nello spazio di “Negative Return“, un elemento che senza dubbio va a minare la forza della serie ma che, dall’altro, inizia a non sorprendere neanche più di tanto: essenzialmente Away si dimostra sempre più concentrato sul viaggio mentale dei protagonisti rispetto al viaggio vero e proprio.
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C’è modo e modo per approcciarsi ad Away e mettere da parte le aspettative inerenti l’ambientazione spaziale sembra ormai la strada giusta per comprendere al meglio la serie. Una serie che a quanto pare voleva raccontare il viaggio personale degli astronauti, non il viaggio stesso.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.