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Biohackers decide di chiudere il cerchio narrativo e si ricongiunge, quindi, lì dove tutto era iniziato. In quel vagone del treno dove un presunto attacco terroristico aveva colpito con armi biochimiche. Lo spettatore sa benissimo i passaggi di causa ed effetto che hanno portato a questa manifestazione di brutalità eccessiva da parte di Jasper e Tanja Lorenz. Una dimostrazione fine a se stessa (così crede Jasper), che con il proseguire della puntata si rivelerà essere l’ennesimo tassello di un mosaico dedito a portare a termine quel progetto Homo Deus di cui tanto si è detto nei precedenti episodi. E così effettivamente avverrà: Mia/Emma, resasi conto dell’inesistenza di anticorpi adatti per combattere l’attacco inferto da Jasper a tutte le persone del vagone, si vedrà costretta a chinare il capo e sottostare a quanto impostogli dalla Lorenz. Tutto sembrerebbe finire per il peggio per la ragazza (anche le prove del progetto è costretta a riconsegnarle alla professoressa che successivamente le distrugge), salvo essere salvata in corner proprio dalla persona più maltrattata della serie (Jasper) che gli invia tramite email elenco e documenti dell’intero progetto Homo Deus. Molto conveniente e a tratti semplicistico, ma perfettamente in linea con la narrazione sempre con un piede sull’acceleratore che non guarda in faccia nessuno e getta a ripetizione fatti, colpi di scena, volta faccia, storie d’amore ed insperati piani ben riusciti.
Il vero colpo di scena, che salva di fatto la puntata ed eleva la serie (che a questo punto si proietta verso una seconda stagione) ad un gradino ben più alto è racchiuso dal finale: il famigerato contatto di Mia/Emma, il giornalista, si rivela essere nient’altro che un doppiogiochista rapendo la ragazza dopo aver recuperato le informazioni in suo possesso. Era pronosticabile una possibile alleanza tra la Lorenz ed Andreas Winter (il giornalista), ma proprio qui Biohackers svela il proprio asso nella manica: nello stesso furgone in cui viene gettata Mia c’è anche, imbavagliata e leggermente tumefatta, la Lorenz.
C’è quindi una terza parte in gioco in questa lotta biologica a metà tra progresso a tutti i costi ed etica lavorativa? E chi potrebbe mai essere in questo caso? Quale è la terza posizione in questo scontro?
Tutte domande a cui la serie dovrà cercare di dare risposta, ma c’è tempo: questa prima stagione si chiude qui, con questo finale, ammutolendo lo spettatore e lasciandolo sbigottito dalla possibilità di avere di fronte un prodotto che tutto sommato vale davvero la pena di essere visto. Certo, molti sono gli aspetti che Biohackers dovrà rivedere e nei quali dovrà affinarsi, ma le premesse ed una costruzione (episodi veloci, basso minutaggio totale) che si adatta allo stile di narrazione tanto bastano per aumentare le aspettative.
Ma quali sono gli aspetti in cui Biohackers può (e deve) migliorare?
Sicuramente la logica della narrativa è un elemento che andrà rinforzato. Come appuntato nelle precedenti recensioni, infatti, la preparazione scientifica di tutti i personaggi principali (fatta esclusione forse per Jasper e la Lorenz) è decisamente eccessiva: Chen-Lu e Mia si ripresentano anche in questa puntata come due persone che come minimo meriterebbero la candidatura al Premio Nobel; la facilità con cui tutti i coinquilini di Mia vengono rilasciati dalla cellula antiterrorismo (!) è completamente senza senso; il fatto che l’antiterrorismo si rechi in un laboratorio completamente a caso, sperduto nel nulla, basandosi solamente su di una telefonata anonima (!!) è altrettanto assurdo.
La trama romanticheggiante (Niklas-Mia e Chen-Lu-Ole) rappresenta un di più che forse avrebbe meritato maggior diluizione all’interno della serie: troppe informazioni (ma questo è da intendersi a livello generale, non del solo elemento chiamato in causa), troppo poco tempo, troppo veloce. Biohackers è la serie del troppo, un troppo che alla lunga rende la visione estenuante e complessa per la richiesta intrinseca che viene fatta allo spettatore di immagazzinare un quantitativo esuberante di informazioni. Ma è anche una serie che ha dalla sua una tematica (quella delle mutazioni genetiche e dei cambiamenti genetici portati in essere dall’uomo) terribilmente interessante. Specialmente se posto al centro di un possibile complotto o presunto tale a livello nazionale (magari internazionale) con tanto di triangoli, cospirazioni, spionaggio e doppiogiochisti.
Il vero colpo di scena, che salva di fatto la puntata ed eleva la serie (che a questo punto si proietta verso una seconda stagione) ad un gradino ben più alto è racchiuso dal finale: il famigerato contatto di Mia/Emma, il giornalista, si rivela essere nient’altro che un doppiogiochista rapendo la ragazza dopo aver recuperato le informazioni in suo possesso. Era pronosticabile una possibile alleanza tra la Lorenz ed Andreas Winter (il giornalista), ma proprio qui Biohackers svela il proprio asso nella manica: nello stesso furgone in cui viene gettata Mia c’è anche, imbavagliata e leggermente tumefatta, la Lorenz.
C’è quindi una terza parte in gioco in questa lotta biologica a metà tra progresso a tutti i costi ed etica lavorativa? E chi potrebbe mai essere in questo caso? Quale è la terza posizione in questo scontro?
Tutte domande a cui la serie dovrà cercare di dare risposta, ma c’è tempo: questa prima stagione si chiude qui, con questo finale, ammutolendo lo spettatore e lasciandolo sbigottito dalla possibilità di avere di fronte un prodotto che tutto sommato vale davvero la pena di essere visto. Certo, molti sono gli aspetti che Biohackers dovrà rivedere e nei quali dovrà affinarsi, ma le premesse ed una costruzione (episodi veloci, basso minutaggio totale) che si adatta allo stile di narrazione tanto bastano per aumentare le aspettative.
Ma quali sono gli aspetti in cui Biohackers può (e deve) migliorare?
Sicuramente la logica della narrativa è un elemento che andrà rinforzato. Come appuntato nelle precedenti recensioni, infatti, la preparazione scientifica di tutti i personaggi principali (fatta esclusione forse per Jasper e la Lorenz) è decisamente eccessiva: Chen-Lu e Mia si ripresentano anche in questa puntata come due persone che come minimo meriterebbero la candidatura al Premio Nobel; la facilità con cui tutti i coinquilini di Mia vengono rilasciati dalla cellula antiterrorismo (!) è completamente senza senso; il fatto che l’antiterrorismo si rechi in un laboratorio completamente a caso, sperduto nel nulla, basandosi solamente su di una telefonata anonima (!!) è altrettanto assurdo.
La trama romanticheggiante (Niklas-Mia e Chen-Lu-Ole) rappresenta un di più che forse avrebbe meritato maggior diluizione all’interno della serie: troppe informazioni (ma questo è da intendersi a livello generale, non del solo elemento chiamato in causa), troppo poco tempo, troppo veloce. Biohackers è la serie del troppo, un troppo che alla lunga rende la visione estenuante e complessa per la richiesta intrinseca che viene fatta allo spettatore di immagazzinare un quantitativo esuberante di informazioni. Ma è anche una serie che ha dalla sua una tematica (quella delle mutazioni genetiche e dei cambiamenti genetici portati in essere dall’uomo) terribilmente interessante. Specialmente se posto al centro di un possibile complotto o presunto tale a livello nazionale (magari internazionale) con tanto di triangoli, cospirazioni, spionaggio e doppiogiochisti.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Una prima stagione interessante, densa, ma oltremodo veloce. Le basi ci sono tutte per portare una seconda stagione decisamente più elaborata e precisa, specialmente a livello di logica con cui spesso e volentieri Biohackers si ritrova a fare a pugni sotto gli occhi inebetiti dello spettatore.
Betrayal 1×05 | ND milioni – ND rating |
Fate 1×06 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.