Black Mirror 3×05 – Men Against FireTEMPO DI LETTURA 4 min

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Iniziamo subito affermando che Adolf Hitler sarebbe molto orgoglioso di Charlie Brooker (sceneggiatore dell’episodio, nonché mente dietro Black Mirror) e di questa quinta puntata, intitolata “Men Against Fire”. Il perché è presto detto.
Come tutti ormai già sanno, uno dei capisaldi chiave di questa serie antologica è la distopia, ovvero la rappresentazione di una realtà/società immaginaria e alternativa altamente indesiderabile o spaventosa. In questa dimensione futuristica la società e tutti i suoi derivati vengono portati all’estremo con un’accezione fortemente negativa. Il futuro, quindi, non è roseo, ma oscuro, inquietante, ansiogeno; gli uomini non sono altro che mere pedine alla mercé di poteri molto più grandi. In Black Mirror il potere predominante è senza dubbio quello della tecnologia. Essa, infatti, viene enfatizzata all’ennesima potenza come causa scatenante del malessere della società e, più in generale, del mondo intero. “Too much technology will kill you”, avrebbero detto i Queen.
Il quinto episodio è, quindi, estremamente fedele a questo concetto, che viene esteso all’ambito della guerra e della sicurezza nazionale. Siamo in un momento, infatti, di grave crisi in cui il nemico per eccellenza viene identificato nei roaches (scarafaggi, in italiano), ovvero persone che hanno subito una sorta di mutazione genetica a causa di una qualche misteriosa malattia, e che vagano liberamente per il pianeta mettendo in pericolo l’esistenza dell’intera razza umana. I roaches ci vengono presentati come umanoidi senza alcun tipo di sentimento, se non quello di depredare, infettare e uccidere il resto delle persone.
Nell’ambientazione e nella fotografia si possono riconoscere alcuni rimandi, seppur velati, ad altre opere che hanno trattato questa tematica: i terreni incolti e le città deserte assomigliano alla realtà descritta da Danny Boyle in “28 Giorni Dopo”, il bosco dove la popolazione si rifugia e si nasconde dagli scarafaggi potrebbe benissimo essere un qualche distretto più debole di Panem, l’universo creato da Suzanne Collins, così come la segregazione razziale e la caccia alle streghe perpetrata contro i roaches, attinge a quella portata avanti contro gli alieni in “District 9”.
Il governo, quindi, per fronteggiare questa minaccia si avvale di un sistema tecnologico sofisticatissimo chiamato “MASS”, che migliora le prestazioni dei soldati, in quanto permette loro di avere accesso a dati e strategie direttamente dal proprio cervello e/o campo visivo, trasformandoli in una versione più edulcorata dei Terminator.
L’efficienza del progetto “MASS” viene fatta vacillare dall’esperienza personale di Stripe (Malachi Kirby), il quale subisce una sorta di alterazione visiva dopo una lotta all’ultimo sangue con uno scarafaggio. Da quel momento in poi, infatti, il suo “MASS” non funziona più a dovere e Stripe sembra risvegliarsi a poco a poco, intorpidito e confuso. I roaches non appaiono più come esseri mutanti, ma come persone assolutamente normali e spaventate.
La menzogna del governo viene, dunque, svelata: la minaccia degli scarafaggi non è mai esistita e il “MASS” è l’equivalente di un programma eugenetico volto a preservare la purezza della razza umana tramite l’eliminazione di soggetti con un DNA più debole e più incline alle malattie. Una sorta di pulizia etnica estesa a tutti coloro che, in un modo o nell’altro, avrebbero potuto mettere a repentaglio l’esistenza di esseri umani sani e perfetti. La supremazia di una razza a discapito di un’altra, ideologia fortemente sostenuta dalle deliranti teorie naziste di Adolf Hitler, qui si lega a doppio filo con la migliore tecnologia esistente e sembra riuscire nel proprio intento.
Una domanda fondamentale che questa quinta puntata suscita nello spettatore è, senza dubbio, la seguente: “cosa sarebbe successo se Adolf Hitler avesse avuto questi mezzi a disposizione?”. Durante le due guerre mondiali, infatti, i soldati inclini a premere il grilletto a sangue freddo, contro un nemico imposto dalle circostanze, erano la minoranza, come ci viene anche spiegato da Arquette, uno psicologo del governo interpretato da Michael Kelly (Doug Stamper in “House Of Cards”). “We don’t want to kill each other, which is a good thing” – afferma Arquette – “until your future depends on wiping out the enemy”.
Modificando, quindi, la nostra percezione visiva e presentandoci un nemico non più umano, i nazisti sarebbero riusciti a convincere tutta la popolazione della necessità di un progetto eugenetico? Pensando al futuro, basterebbe davvero questo a trasformare le persone in macchine da guerra senza sentimenti e pronte a tutto per proteggere un’umanità che, invece, non esiste più? Basti pensare che molti soldati subivano e subiscono tutt’ora veri e propri lavaggi del cervello, quindi perché non sfruttare la sempre più sviluppata tecnologia?
Vista la situazione odierna in cui veniamo costantemente bombardati da messaggi xenofobi, in cui i mass media (e i governi dietro di essi) manipolano la popolazione presentando loro un capro espiatorio che, guarda caso, è sempre additato come “diverso” per via di orientamento sessuale, genere, etnia o religione, non ci stupirebbe se, prima o poi, “Men Against Fire” si trasformasse in una realtà non troppo lontana.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Ambientazione che ricalca perfettamente lo stile distopico
  • Alcuni rimandi ad altre opere dello stesso filone
  • Gli spunti di riflessione 
  • Un senso di inquietudine e angoscia nel pensare che, forse, tutto questo potrebbe davvero succedere
  • Nulla

 

Black Mirror continua a stupire, emozionare e angosciare lo spettatore, facendo nascere in lui dubbi esistenziali e paranoiche riflessioni sul futuro che lo attende. La serie colpisce nel segno e ci fa capire come il confine tra distopia e possibilità sia, oggi come oggi, davvero molto sottile.

 

San Junipero 3×04 ND milioni – ND ratings
Men Against Fire 3×05 ND milioni – ND ratings

 

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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.

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