Black Mirror ha da sempre permesso di dare uno sguardo in futuri utopici in cui la tecnologia ha spinto l’essere umano ad agire e comportarsi in maniera diversa venendo, di fatto, governato da essa e non viceversa. Gli sviluppi tecnologici, creati dall’uomo per una “vita migliore”, sono quindi portati all’estremo ed in qualche modo alla fine si ritorcono contro il creatore: l’uomo. In quest’ottica, il finale non positivo (che si potrebbe anche chiamare “never a joy”) è giusto e perfettamente complementare con la visione negativa che Brooker vuole trasmettere in ogni episodio. Con riferimento a questo specifico episodio, la scelta di bloccare per sempre (o fino a perdita delle funzioni vitali nel mondo reale) Daly nel suo universo privato di Infinity e allo stesso tempo liberare i cloni virtuali nel cloud non può che far sorgere qualche dubbio circa la famosa causticità dell’autore che (non per la prima volta, vedasi “San Junipero“) decide di dare un happy ending alle controparti virtuali. Non umane. Di proposito. E comunque sempre di happy ending si tratta.
Nanette: “Infinity the game?”
Walton: “[…] It’s a bubble universe ruled by an asshole god.”
Shania: “[…]You are not actually here. I know it’s mental but you are a copy of you.”
Dudani: “A digital clone.“
È importante sottolineare questa scelta di Brooker perchè, esattamente come in “San Junipero“, si dà molta più importanza alla sfera virtuale piuttosto che a quella reale. Non c’è infatti alcun interesse del duo Brooker-Bridges (che aveva scritto insieme a Brooker “Shut Up And Dance“) ad approfondire l’evoluzione del ricatto alla Nanette umana, così come non c’è volutamente alcun focus sulla vita nell’ufficio di Infinity e sui dipendenti. Tutta l’attenzione è focalizzata sulla fuga della realtà e sul risultato di un disagio interiore tramutatosi in una legge del contrappasso per i “maltrattamenti” reali. Daly, pavido e piccolo nel suo ufficio costellato di riferimenti a Space Fleet (serie tv che richiama volutamente alla mente Star Trek), sfoga frustrazione e rabbia sui cloni virtuali dei suoi colleghi. Una rivalsa che si trasforma ben presto in qualcosa di più visto che le controparti virtuali recitano semplicemente una parte e nulla di più. Ed è meraviglioso il modo in cui Brooker e Bridges riescono a tridimensionalizzare dei personaggi umani attraverso le loro copie virtuali. Un paradosso che non può non essere evidenziato.
Nanette: “Stealing my pussy is a red fucking line.”
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Hated In The Nation 3×06 | ND milioni – ND rating |
USS Callister 4×01 | ND milioni – ND rating |
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.
mannaggia la zozza il tasto destro mi serve per cercare le cose su google senza riscriverle, ma se voglio copiare sta roba ci sono mille altri modi, a che cavolo serve? poi ma davvero con tutti il rispetto ma davvero vi copiano questo?
Ebbene si, ci hanno copiato intere recensioni di The Walking Dead per esempio. Ci dispiace ma proviamo a tutelarci come possiamo…
Speriamo tu possa capire…
“Nice try:)” manco fossi un ladro di pere al mercato de zanzibar, scialla però voglio sottolineare ciò come consiglio, buon lavoro ad ogni modo