Black Mirror 4×02 – ArkangelTEMPO DI LETTURA 4 min

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Chiunque sopra i 40 anni una volta nella vita si sarà lamentato perché i giovani si stanno rimbecillendo davanti agli apparecchi digitali, perché le persone non si parlano o perché nella metropolitana ognuno si fa gli affari suoi smanettando sul proprio smartphone. Queste sono le stesse identiche persone che non possono fare a meno durante una cena di fotografare ogni singolo piatto venga portato a tavola, che mandano catene nei gruppi WhatsApp. Sono sostanzialmente le persone per cui esiste ancora la pratica del clickbait, cosa che i cosiddetti nativi digitali hanno imparato ad individuare e scansare con grande sapienza.
“Arkangel” diventa un episodio perfetto nel momento in cui gli si dà una chiave di lettura di questo tipo. Chi diventa dipendente e assuefatto ad applicazioni tecnologiche non sempre ne ha la colpa. Per tutto l’episodio (diretto da Jodie Foster) Sarah non è mai colpevole e viene perfettamente mostrata come in balia degli eventi. Nata con l’epidurale, senza che la madre la veda né provi alcun tipo di dolore e sforzo. Sin dalle prime battute viene mostrato come l’istinto materno tenda ad un totale annullamento delle emozioni negative. Qualsiasi tipo di pericolo mostrato viene annullato immediatamente grazie alla tecnologia Arkangel.
Se ci si volesse soffermare sul tipo di tematica proposta in questa 4×02, ci sarebbe poco da essere soddisfatti. Basti pensare al magistrale “The Entire History Of You” (1×03), dove si ipotizzava un meccanismo in grado di registrare e rivedere in soggettiva le esperienze di una persona (protagonista di allora una magistrale Jodie Whittaker, ora impegnata in altri lidi). Ma in generale, il concetto del totale annichilimento delle esperienze umane da parte di meccanismi, oltre che dell’utilizzo della tecnologia per esercitare un qualche tipo di controllo sono forse elementi cardine della poetica di Black Mirror, così come del genere distopico nella sua totalità. Per apprezzare “Arkangel”, quindi, non bisogna andare a cercare una facile morale applicata alla tecnologia, quanto piuttosto una lettura sullo scarto generazionale e su come questo legga e viva la tecnologia stessa.
Tornando a Sarah, si può dire che cresca senza emozioni negative, senza conoscere la paura (il cane che abbaia, il nonno che si sente male), la violenza (i racconti di sangue, il sangue stesso), il dolore (la mamma che piange alla tomba del nonno). A proposito di classicità, viene fortunatamente liquidato presto il focus sulle reazioni della piccola Sarah all’assenza (e quindi alla curiosità) di emozioni negative. “Fortunatamente” non a livello scenico, quanto, esattamente come detto prima, a livello morale. Che non possa esistere il bene senza il male è un concetto su cui è stato raccontato di tutto. “Arkangel” supera anche questo e getta il suo racconto oltre questo ostacolo, portando Sarah ad un punto della sua vita riguardo il quale ogni spettatore si sarà posto qualche domanda. Facile e forse anche utile, infatti, gestire il controllo su una bambina. Come fare durante l’adolescenza? Soprattutto se di tale forma di controllo si è scelto di farne a meno, ma sotto sotto se ne ha una grande dipendenza. Il focus narrativo è quindi tutto lì: nel confronto generazionale tra una madre maniaca del controllo, non in grado di affrontare situazioni destabilizzanti, e una figlia che ha imparato sulla sua pelle a superare quella che a tutti gli effetti è stata una deviazione che le è stata imposta sin dalla prima infanzia.
A voler quindi rendere Black Mirror come quella serie “didattica” che sarebbe riduttivo rendere, lo spettatore potrebbe proiettare nel quotidiano la differenza generazionale qui narrata. È più compromettente nascere in un determinato contesto “corrotto” (come poi è la piena rivoluzione digitale di questi anni), oppure venire catapultati in questo contesto a metà della propria vita, vedendo aumentare (ed aggravarsi) una serie di possibilità che prima non si avevano? Chi ne uscirà vincitore?
Sin dalla terza stagione, Black Mirror ha subito dei cambi rispetto alla sua origine. Non si fa riferimento all’emittente, al numero di episodi, o alla modalità di fruizione. Grazie a Netflix, Black Mirror è diventato troppo italiano un po’ più americano, creando una commistione stilistica e scenica tra Inghilterra e Stati Uniti. Si è perso qualcosa? Forse. Basti leggere l’opinione che si è data alla premiére della corrente stagione, indubitabilmente più colorata e luminosa rispetto allo stile che Black Mirror aveva insegnato ad amare. Arkangel funziona anche per questo motivo. Lo scenario dipinto è sicuramente più british, rievocante le origini, pur essendo negli States. Un contesto periferico minimale, atmosfera ansiogena sin dalle prime inquadrature, personaggi grotteschi e non “cinematograficamente belli”. Se dopo aver visto la 4×01, ci si è approcciati a questo episodio con un senso di fastidio, la ragione è proprio quella appena esposta.
THUMBS UP THUMBS DOWN
  • La dipendenza dalla tecnologia in uno spaccato generazionale
  • Realizzazione scenica
  • Atmosfera più “sgraziata” rispetto al precedente episodio
  • Tematica superficialemente non proprio originalissima
  • Si fatica un po’ ad arrivare al punto, distraendo con altre derive narrative (l’infarto del nonno non è esattamente fondamentale allo sviluppo della trama)

 

La prima regola di Black Mirror è non renderla una serie moralizzatrice, ma concentrarsi sulla pura narrazione. Se ne potranno trarre degli interessanti insegnamenti.

 

USS Callister 4×01 ND milioni – ND rating
Arkangel 4×02 ND milioni – ND rating

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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

1 Comment

  1. Episodio bruttissimo. Se fai una cosa assurda e improponibile (pensiamo a un bambino che attraversa la strada, vede una macchina, si spaventa, la macchina sparisce e non si sente più, ciao bambino) ci potrebbero essere conseguenze sgradevoli. Ma dai? Le è già andata bene così…
    Ma poi, l’ha mai visto un bambino, la Foster? Il neonato ha minimo quattro mesi, la bambina di tre anni (abbondanti) seduta sul seggiolone e imboccata dal nonno…

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