“Ah, it’s not an evil plan.”
Appendice, coda, conclusione. Non più quei finali da fuochi d’artificio come erano stati “The Time Of The Doctor” e “The End Of Time”, epici saluti accompagnati da squilli di tromba da parte di attori che hanno fatto la storia recente dello show. Un episodio intimista, dove non c’è nulla da risolvere, se non un dilemma interiore che riguarda i due poli temporali del protagonista.
Era lecito aspettarsi un momento di autocelebrazione estrema, se non da parte del Dottore di Capaldi, sicuramente da parte di Steven Moffat e del suo mondo creativo circostante. Meno lecito aspettarsi qualcosa del genere una volta appreso che Moffat aveva intenzione di chiudere il percorso suo e di Capaldi con il finale della decima stagione, ma che il nuovo showrunner, Chris Chibnall, non aveva intenzione di iniziare il suo cammino con uno speciale natalizio, cosa che ne avrebbe fatto saltare la trasmissione, facendo forse anche perdere lo slot del 25 dicembre per il pluridecennale show.
Quindi, se la “morte” del Dodicesimo è avvenuta a causa dei cybermen nel finale della decima stagione, la sua rigenerazione avviene dopo 60 minuti di dialogo interiore, 60 minuti che, se perdono forse in spettacolarità, guadagnano in lirismo ma soprattutto simbolismo, ad evidenziare un tragitto stilisticamente coerente degli ultimi 4 anni, con elementi comuni, con un progressivo anticlimax narrativo (soprattutto considerando che in altri tempi sono state toccate vette di epicità che sarebbe stato pretenzioso tentare di replicare).
“Laugh hard, run fast, be kind. Doctor, I let you go.”
Numerosi i temi individuabili nel recentissimo passato di Doctor Who, su cui Moffat ha insistito. Nella fase 2 del suo regno, lo sceneggiatore scozzese ha voluto portare in scena due particolari spunti tematici. Uno è sicuramente il rapporto del Dottore con la guerra e la continua dicotomia bene/male – ma probabilmente è dalla stagione 1 datata 2005 che tale tema viene messo in atto – in questo particolare caso parentesi chiusa dalla considerazione finale di David Bradley nelle vesti del primo Dottore di Hartnell: essere un Doctor Of War (accezione inizialmente negativa con la ormai classica carrellata di immagini passate, con il Dottore in contesti bellici) forse è la vera natura del protagonista. Saper intervenire e portare anche un briciolo di speranza in situazioni di disperazione e morte rappresenta quel famoso ago della bilancia che fa protendere l’universo verso il bene – “There is good and there is evil. I left Gallifrey to answer a question to my own. By any analysis, evil should always win. Good is not a practical survival strategy. It requires loyalty, self-sacrifice and love. So why does good prevail?” – anche in contesti di morte e distruzione. Per questo ben si colloca il romantico e lirico quadretto della Prima Guerra Mondiale (effettivamente i soldati non potevano sapere il nome dell’evento storico in cui stavano combattendo), portato avanti da un magistrale Mark Gatiss che in veste di attore non delude mai.
La seconda tematica ricorrente potrebbe erroneamente essere individuata nell’importanza dei ricordi, nel recupero della memoria di Clara, nell’importanza di ricordare. Motivo che unito a quanto detto prima potrebbe convincere definitivamente il Dottore a rigenerarsi. Invece no. Dalla stagione 8 c’è stato un elemento ricorrente che si è presentato ogni volta come macabra variazione sul tema: il post-mortem. In un mix tra sconfinata genialità e un po’ di delirio di onnipotenza, il recente Dottore ha provato a sconfiggere l’unica cosa inevitabile – non per lui – che ha accompagnato la sua lunghissima vita. Percorriamone le tappe.
- 8×11–8×12 Il personaggio di Danny muore in maniera fredda e crudele e oltretutto off-screen, il Dottore già in rotta con Clara, decide di porre rimedio andando a cercare in qualche modo l’essenza di Danny. Da lì tutte le peripezie che seguono con Missy e i cybermen. Sta di fatto che per quel doppio finale di stagione venne mostrato Danny Pink, quasi come co-protagonista degli episodi, ma con la consapevolezza che la sua vita terrena era già andata.
- 9×12 Dopo la brutale morte di Clara in “Face The Raven“, e dopo i miliardi di anni di “Heaven Sent“, il Dottore tenta in maniera differente di barare alle regole della vita terrena, estrapolando Clara dal tempo, nel suo ultimo istante di vita. Clara passerà l’intero finale di nona stagione letteralmente ad un istante dalla sua morte, in una condizione di non-vita.
- 10×11–10×12 Billy diventa un cyberman dopo essere stata colpita letalmente. In questa sua nuova vita robotica cerca di aiutare il Dottore. Un deus ex machina finale cambia nuovamente il suo status fisico, facendo però svanire del tutto la sua essenza terrena.
Si arriva così a “Twice Upon A Time”, episodio in cui ogni personaggio mostrato è già morto (Billy), in procinto di morire (il Capitano Lethbridge-Stewart), in una fase transitoria post-mortem (il Dottore presente e il Dottore passato). Se da un lato il recente Doctor Who non sempre ha mantenuto quello che ha promesso (la gestione di Gallifrey e in generale gli eventi post-“The Day Of The Doctor“, soprattutto l’apparizione di Capaldi in quell’episodio), è possibile, tirate le somme, individuare un percorso stilistico unitario, culminato da questo minimale episodio natalizio.
L’enorme mitologia costruita da Russell T. Davies aveva dato modo ad una lunga – forse troppo – cerimonia d’addio in “The End Of Time”. Forse proprio questo si può riscontrare nel mondo di Moffat: tutto troppo rapido, in continua e costante evoluzione, pochi appigli con il recentissimo passato. Il risultato è che il momento nostalgia si “riduce” a Rusty, a Clara e a Nardole. Al puro gusto personale di ognuno di esprimere una preferenza.
Eppure se si guarda il tutto con un occhio attento, l’autocelebrazione è presente eccome. Il buon Steve non si accontenta di chiudere il suo ciclo ma, da buon fan dello show quale è, va a riempire un vuoto lungo 51 anni. Dov’era andato l’anziano Dottore nelle battute finali di “The Tenth Planet”? Come aveva vissuto i suoi ultimi momenti?
Gustosissimo il (legittimo) momento in cui lo showrunner decide di parlare in prima persona. Il celebre “I don’t want to go” di David Tennant aveva un’ovvio significato meta, sia da parte del partente attore che del partente showrunner. Allo stesso modo si sceglie un parallelo evidente in cui la malinconia dell’abbandono lascia lo spazio ad una più pacifica rassegnazione. Doctor Who è stata per anni la creatura che Moffat ha plasmato e modificato a suo piacimento, facendo arrabbiare i fan ma toccando anche delle vette altissime. Forse proprio per questo motivo si è giunti ad uno speciale natalizio in cui di fatto non accade nulla, se non un avvicendamento di dolcissimi, ironici e affascinanti dialoghi.
In tutto questo c’è stato anche spazio per l’ennesima brillante trovata narrativa “verticale”. Come costruire delle figure che non rappresentassero i soliti villain intergalattici? L’idea dei Testimoni è un qualcosa che riesce a dettare una linea guida per la filosofia dell’episodio, senza invadenza. Sono i mcguffin che giustificano la presenza reale di una companion per il Dottore (mettendo una pezza alla questione sopra citata, riguardo alla natura di questo particolare episodio), non ripetendo le visioni oniriche di altre rigenerazioni (come fu ad esempio con Amy, per la fine di Matt Smith), rendendo così reali e materiali dei ricordi.
A dire la verità c’è chi in maniera sommessa compie una autocelebrazione. Saluta Capaldi, saluta Moffat, saluta (per ora) Gatiss, ma saluta anche il grandissimo Murray Gold. Prestando attenzione, l’intero episodio è un medley continuo dei temi più celebri del percorso dell’amato compositore. Dal celebre tema di Bad Wolf (ripreso con colpevole ritardo in “Hell Bent” dopo una lunga assenza) a quello di “Heaven Sent”, fino addirittura all’accenno di Vale Decem, nel momento di salutare il Primo Dottore, anche lui nell’atto di rigenerarsi.
“…never eat pears!”
Il monologo finale di Capaldi è la riproposizione di un rito, il culmine di una serie di interpretazioni magistrali di un attore forse troppo perfetto per essere il Dottore. Le sue interpretazioni, le sue espressioni e movenze hanno spesso portato lo spettatore a dire “quanto è bravo Capaldi, quanto si vede che anche Capaldi è un fan di DW” per identificarlo in pieno con il pluridecennale personaggio. Ciò non sminuisce minimamente il valore del lavoro compiuto e solo il tempo (e numerosi rewatch) decideranno la posizione dell’attore scozzese nel firmamento televisivo britannico.
“Oh, brilliant!”
Volendo estraniarsi da giudizi affrettati e di pancia, senza considerare anche le implicazioni (qui trattate), riguardanti la scelta della nuova incarnazione, queste poche battute, vista anche la somiglianza con l’esordio di Matt Smith, dovrebbero imporre una sospensione del giud… cazzo è splendida!
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Doctor, I let you go fino al prossimo lontanissimo autunno.
The Doctor Falls 10×12 | 3.75 milioni – ND rating |
Twice Upon A Time | ND milioni – ND rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.
Concordo praticamente su tutto ma.. il brandy.. Twelve manco avrebbe saputo che c’era il nascondiglio se non l’avesse visto aprire da River.. e invece.. mi stanno dicendo che c’era fin dall’inizio?!
Autunno non lontanissimo, di più 🙁
Ho tutto il tempo per crogiolarmi nel “lutto” per la perdita di Capaldi.
Giusto! Il brandy lo aveva già cacciato River Song e ne aveva mi sa anche bevuto un po’. Vabbè magari le incarnazioni dopo Hartnell avevano dimenticato.
Creiamo un gruppo di supporto per l’avvicinamento all’autunno…
Cerrrto, con tanto di maglietta con la scritta “Fall is coming”, così vale sia per “autunno” che per “caduta” e ottimizziamo.
Che poi perdere il controllo della Tardis dopo la rigenerazione è un classico, qui Moffat si è fatto un po’ prendere la mano, ecco..
Attendiamo.
Più che altro bisogna capire perché mette sempre in moto prima di rigenerarsi, come se uno sapendo di sentirsi male si mette in macchina. Comunque toccherà abbandonarsi ora al feticismo di ogni singola anticipazione, foto rubata, manifesto pubblicitario, teaser eccetera
Wow, davvero Moffat aveva valutato di lasciare già dopo The Doctor Falls? o_o
Questa mi era sfuggita, c’è un’intervista da qualche parte?
La mia fonte per la recensione è stata molto difficile da trovare, ho dovuto interrogare testimoni e farmi rilasciare dichiarazioni personali da Moffat. Non è vero, sta scritto sulla pagina inglese di wikipedia di Twice upon a time.
Comunque mo a tutti noi è piaciuto questo episodio, però ieri ho rivisto il finale di “The Doctor Falls” e effettivamente una rigenerazione lì ci poteva stare abbondantemente.