Doctor Who 14×08 – Empire Of Death (II)TEMPO DI LETTURA 5 min

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Doctor Who 14x08 RecensioneDoctor Who negli anni ha istruito il pubblico a non ragionare troppo per stagioni, bensì per archi narrativi. Esiste la trama di un episodio, esiste la trama orizzontale di stagione, esiste infine la trama di più stagioni che spesso abbraccia il periodo di durata di un attore protagonista o di uno showrunner.
Presa consapevolezza di questo dato, si potrà giudicare con un po’ di serenità in più questo finale di prima/quattordicesima stagione. Un finale che lascia aperte moltissime parentesi, che chiude delle porte in maniera anticlimatica. Un finale che, considerate le premesse sopra riportate, consola lo spettatore, ma che allo stesso tempo provoca frustrazione per l’attesa dei prossimi episodi, oltre che per la breve durata del ciclo appena concluso.

SUTEKH


La trama di Sutekh ha diversi spunti suggestivi, molto “daviesiani”, che come al solito lasciano allo spettatore la volontà di interpretare e accettare alcuni obblighi di sospensione dell’incredulità, oltre che di lettura degli eventi.
Apprezzabile sicuramente il fatto di andare a ripescare una trama che sembrava chiusa dal 1975, nel serial “Pyramids Of Mars“. Gettando il Dio all’interno del vuoto, il Dottore non fece altro che dargli la possibilità di diventare clandestino all’interno del Tardis per una quantità infinita di tempo.
L’omaggio alla serie classica è diverso dal solito. Una parentesi durata quasi 40 anni si chiude, ma soprattutto lo stratagemma dello schermo con i ricordi permette al pubblico più giovane, o meno avvezzo alla prima fase dello show, di assistere direttamente, grazie ad un flashback diegetico, a ciò che avvenne. Con tanto di brillante commentino sull’appropriazione culturale. Come utilizzare bene la cancel culture: rivitalizzando una storia antica ma bacchettandone il linguaggio e la messa in scena anacronistica.
Tornando a Sutekh, viene da chiedersi come, dopo tutto quello che ha vissuto il Dottore, possa un Dio fermare tutto e incuriosirsi per una mamma che lascia la figlia di fronte un convento.
Ed è qui che meravigliosamente torna il Russell T Davies che ha fatto trainare la Terra dal Tardis, che ha fatto salvare l’universo da Rose che ha solo guardato nel time vortex.

RUBY


E al centro di tutto tornano le onnipotenti vicende umane. Una mamma quindicenne che vuole proteggere la figlia, diventa questo il segreto e il potere più grande. Né un Time Lord, né un Dio della morte sono in grado di vedere chi è. Una trovatella diventa quindi il più grande mistero del cosmo.
Mistero che poi non si rivela tale. L’apparizione nel finale delle foto della vera mamma di Ruby è quasi un anti-colpo di scena di fronte alle aspettative che personaggi e spettatori si erano creati.
RTD sceglie (riuscendoci) la strada delle emozioni forti, rispetto ai colpi di scena spazio-temporali. Non che questo non sia valido per gettare basi anche per future trame orizzontali: il Dottore stesso dice che non ha mai pensato così tanto alla sua famiglia (tanto da riportare in superficie la figura di Susan che chissà in futuro), forse elemento utile per indagare anche sulle sue origini.
Le incoerenze che emergono (Maestro che dice che Ruby è una creatura sbagliata, oppure la mamma che indica un cartello a caso senza che nessuno la guarda) possono trovare tutte risposte più o meno fantasiose (Maestro percepisce la curiosità stessa di Sutekh, Dio a lui superiore, così come l’indicare il cartello poteva essere un messaggio per il Dottore che era pur sempre lì ad osservare, così come un gesto dettato dall’emotività del momento, senza un obiettivo particolare).

TRAME APERTE


Facile immaginare che con Ruby non finirà così (anche perché da dichiarazioni e indiscrezioni questa cosa già si sa). Fatto sta che il suo personaggio, in soli 9 episodi, ha rivelato un potenziale degno di nota. Sia per le interpretazioni dell’attrice, sia per i misteri che sono stati creati intorno a lei. Misteri risolti e sciolti, è vero, ma che non è detto non possano riemergere.
Viene da chiedersi, infatti, quale fosse il terribile segreto che si diceva di lei in “73 Yards” (alla lunga il vero capolavoro di stagione)? Forse la signora anziana indicava che era osservata da Sutekh? Forse Sutekh stesso dal Tardis generava su di lei un perception filter? Sicuramente apprezzabile che in questo episodio siano stati ripresi elementi di quella puntata con eventi che non sono stati realmente vissuti né da lei né dal Dottore e che quindi potevano essere lasciati lì a dimenticare.
Su Mrs. Flood c’è poco da dire. Difficile descrivere la frustrazione per questo mistero che rimane insondabile. I riferimenti a Clara (outfit con il maglioncino e l’esternazione “Clever boy!“) e l’outfit finale uguale a quello della prima Romana lasciano intendere che come al solito si stia lanciando fumo negli occhi allo spettatore. Con i riferimenti (anche visivi) a Susan poi il gioco è fatto e l’attesa percepita dilatata a non finire. Salvo poi scoprire che magari sarà un personaggio nuovo che per qualche ragione giocherà proprio su questi elementi familiari. Boh. Si vedrà.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Misteri rimasti aperti
  • Momenti emotivamente alti
  • Interpretazioni di Ncuti Gatwa e di Millie Gibson
  • Il “Clever boy!” urlato da Mrs. Flood e il suo outfit da Romana a gettare fumo negli occhi
  • Immagini della serie classica e il Tardis “ricordato” con tanti riferimenti
  • Forse si sente il peso del basso numero di episodi
  • Certe volte una sospensione dell’incredulità molto alta, perfettamente in linea con lo show, ma alta
  • Un po’ di anticlimax

 

Come gran parte dei finali di “prime stagioni” di Doctor Who, il giudizio non può che essere parziale. Sicuramente rimane la sensazione di aver assistito ad una buona stagione, forse troppo corta, ma con una nuova brillantezza dal punto di vista della scrittura, delle sensazioni e delle emozioni da far fuoriuscire dallo schermo.

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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

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