Le prime quattro stagioni di Doctor Who, dal 2005 in poi, sono state caratterizzate da uno specifico marchio di fabbrica, tipico dell’allora e dell’attuale showrunner. Le stagioni, piene di episodi verticali, mantenevano una sottile orizzontalità con piccolissimi particolari disseminati (Bad Wolf, Torchwood, Harold Saxon, le api che scompaiono) che poi confluivano in un doppio finale, dalle tinte più apocalittiche rispetto agli episodi intermedi.
La parte 1 di “The Legend Of Ruby Sunday” riprende totalmente quello stile di scrittura: questioni per la prima volta effettivamente affrontate, zero risoluzioni, tensione crescente, rivelazione effettiva del villain, cliffhanger clamoroso. Di quelli che separavano gli episodi dei vari serial anche della serie classica.
ESPLORAZIONE DEL PASSATO
Russell T Davies compie un’operazione particolare. Non con questo specifico episodio o questo specifico finale, ma con il suo ritorno. Superficialmente si può dire che, complice anche il marchio Disney, mette più mostri e magia (un po’ in stile Torchwood) con la scusa del multiverso e del vuoto. In realtà è tutto più complesso di così. Forse.
Proviamo a ricostruire: The Flux rende più labile l’universo, Donna versa il caffè nei comandi del Tardis e i due finiscono ai confini dell’universo dove pure la luce fatica ad arrivare, il Dottore butta il sale e porta la superstizione in quel punto remoto, la sfida è lanciata e creature confinate in altri universi iniziano a confluire, il Toymaker per primo, Maestro poi, fino al misterioso The One Who Waits.
Con il Toymaker, citando il Dio delle Bestie (ovvero Mara) e ora portando Sutekh di nuovo in scena dai tempi di “Pyramids Of Mars“, pare che si stia cercando di valorizzare e rileggere in chiave più moderna e attuale quella tendenza che si aveva nella serie classica di aprire le trame talvolta al fantasy e meno allo sci-fi. Elementi che apparivano scomodi per la mitologia più recente (nipote Susan compresa) vengono rimessi in scena, sezionati e forse rielaborati per abbracciare anche questo lato, neanche così raro, di Doctor Who.
FINALE APPARECCHIATO
A differenza però di altri finali, quello che colpisce di questo settimo episodio è la disconnessione dal resto della stagione. Se si prende per esempio “Utopia” della terza stagione, si aveva un pre-finale vero e proprio. L’ascesa di The Master in quel caso (focus poi del doppio finale) aveva avuto un intero episodio a disposizione. “The Legend Of Ruby Sunday” inizia invece con il Dottore e Ruby nella sede dell’Unit che sembrano come dire: “ok basta, ora affrontiamo completamente a caso due delle questioni che ci siamo portati dietro lungo la stagione“.
Il difetto di cui si parlava qualche recensione addietro emerge in questo caso con quella sensazione di storie tagliate con l’accetta, seppur con gli elementi orizzontali di cui sopra.
L’EFFETTIVO RITORNO DI RTD
A ridosso del finale si può iniziare a ragionare (come nelle altre recensioni) su come l’impatto di Russel T Davies funzioni per l’economia dello show. Moffat prima e Chibnall poi avevano portato a modo loro Doctor Who in una dimensione meno mainstream, più cervellotica il primo, più di nicchia il secondo. Brutti risultati? No. Era stato necessario in passato che Russell abbandonasse la baracca? Sicuramente. L’era della serialità televisiva che si sta vivendo ora è forse di decadenza di quel decennio in cui “qualità” era la parola chiave. Oggi, con piattaforme in ogni dove, serve forse urlare per affermare la propria presenza scenica.
Quindi, se come si diceva su Boris “la qualità c’ha rotto er cazzo“, Doctor Who non ne perde, ma richiama spettacolarità da tutti i fronti. Richiama sentimenti forti, calci contro la parete, nostalgia e sofferenza pensando alla nipote. Richiama celebrazione di una storia che si perde nel tempo e per tanto ancora vuole andare avanti. Russell T Davies è l’uomo giusto per tutto ciò e per questa nuova fase stile primi anni Duemila in cui ci troviamo. E il finale che ci sarà tra una settimana saprà dare ragione o meno a questa lettura.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Sarà una settimana molto lunga. Intanto si possono iniziare a tirare le somme di una stagione ispiratissima che sembrava partita in modalità locura (sempre per citare Boris) ma che alla fine ha fatto emergere come più grande difetto il numero estremamente esiguo di episodi.
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.