Le aspettative sono una componente importantissima nell’attesa, ma soprattutto nel giudizio, di una serie TV. Negli ultimi anni, ogni volta che Doctor Who ha deluso o si è vagamente incartata su se stessa, ha poi rilasciato un grandissimo quantitativo di epicità, adrenalina o lirismo.
Verrebbe quasi da chiedersi se non è tanto la qualità a cambiare di volta in volta, bensì le aspettative del pubblico, effettive cartine a tornasole di quello che poi è il risultato qualitativo. Già è accaduto tra ottava e nona stagione, così potenzialmente potrebbe accadere con questa atipica tredicesima stagione.
COME CI SI STA LENTAMENTE CONGEDANDO
Il periodo di Chibnall non è stato finora particolarmente felice, non tanto per quanto riguarda i risultati scenici, per cui i gusti di ognuno potrebbero divergere. Ciò che allo stato attuale si può oggettivamente concludere è che di fronte ad una estrema leggerezza nelle trame delle serie e nel clima generale dello show, si è voluto controbilanciare con un passo enorme, di cui prima o poi bisognerà rispondere, o capovolgendo completamente la mitologia della serie, oppure trovando un abile modo di fare uno o più passi indietro.
Chi vivrà vedrà, questo è certo, tuttavia la formula migliore per ingannare l’attesa è quella di ricorrere saggiamente a tutto ciò che in Doctor Who ha sempre funzionato: narrazione ad ampio respiro, pericoli incombenti ed apocalittici, novità, strizzate d’occhio al passato, curiosità suscitata in chi guarda e infine sottotrame su sottotrame. Narrazione verticale e orizzontale non esistono più, com’era in un remoto passato (ma questo si vedrà nel prossimo paragrafo).
Chris Chibnall sta preparando il terreno per chiudere al meglio la sua era con questa breve stagione e i successivi speciali, prima del sorprendente ritorno di Russell T Davies al timone dello show. Lo sta facendo provando a essere ricordato per la minacciosissima minaccia del Flux, per la già citata svolta nella mitologia di cui si è abbondantemente parlato, per aver introdotto un’incarnazione femminile del protagonista, per aver ripristinato un sistema narrativo tipico della serie classica.
IL RITORNO DELLA FORMULA SERIAL
L’emergenza COVID-19 ha fatto sì che si dovesse fare di necessità virtù riducendo ulteriormente il numero di episodi di una stagione. E allora perché non ridurre il tutto ad un’unica trama orizzontale? E perché non dare un unico titolo come si era soliti fare durante la serie classica, quando gli episodi costituivano macro-storie chiamate serial? La scelta non è per niente male, per portare lo spettatore a seguire Doctor Who, almeno per una volta, come un’unica successione di eventi, abbandonando la proceduralità che l’ha spesso accompagnato nella suo nuova era.
Anche un episodio introduttivo come “The Halloween Apocalypse” ne esce rafforzato. Sarebbe stato lecito, in una condizione differente, aspettarsi un episodio utile a presentare il nuovo companion, con una qualche risibile trama inerente Halloween. Sono diversi invece i semini lanciati qui e lì che altro non fanno che incuriosire e creare un discreto hype per le successive 5 puntate.
Se da un lato la brillante scenografia e l’utilizzo di ottimi effetti è un punto a favore di questa particolare fase storica di Doctor Who, non si può non continuare a notare come Chibnall ricorra a figure aliene che ricordano più alcuni demoni presenti in show dei primi anni 2000 (deja-vu di creature provenienti dal buffyverse irrompono qui e lì). In sua difesa, l’idea di alieni dediti a proteggere la razza umana, con le fattezze di cani, è insieme brillante e autoironica. Quasi a voler riconoscere il trash di cui spesso si è abusato nelle precedenti due stagioni. Weeping Angels e Sontaran (con le fattezze, anche loro, della serie classica) ulteriore forma di passo indietro, in questo senso, da parte di Chibnall.
“NICE TO MEET YOU DAN, RUN FOR YOUR LIFE”
Difficile giudicare per ora la figura di Dan. In passato ci si era chiesto in che modo si sarebbe potuto introdurre un companion che non rovinasse la novità dell’incarnazione femminile. Già Graham, a modo suo, ha fornito una buona risposta in tal senso e lo stesso Dan sembra confermare tale opzione: l’uomo di mezza età un po’ sfigato, dai buoni sentimenti, di bassa estrazione sociale sembra essere la giusta accoppiata con il Dottore di Jodie Whittaker (sulla cui interpretazione c’è sempre poco da dire), con Yaz a non interrompere totalmente la continuità del passato.
Un’armata di cani a proteggere la Terra, il Tardis lanciato contro il temibile Flux, un villain antichissimo che semina panico e che trova la sorella all’interno di un’umana in una casa isolata, una casa che attira l’amica di Dan, i Weeping Angels e la misteriosa Claire, un cantiere a Liverpool, il Dottore che continua ad indagare sulla Division (quindi sulla sua identità), i Sontaran. Il tutto a velocità supersoniche. Che piaccia o no, questa tredicesima stagione sembra entrare direttamente nella storia dello show.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Lo stile di Chibnall può non piacere rispetto a ciò che la nuova era di Doctor Who aveva mostrato e per cui si era fatta apprezzare. Sta di fatto che con la sua impronta e con il suo DNA, lo showrunner sta cercando in maniera abbastanza soddisfacente di dare un senso al suo operato. Per ora lo si può ringraziare per il tentativo. Con fiducia per il prosieguo del Serial.
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.