Dune: Prophecy 1×01 – The Hidden HandTEMPO DI LETTURA 5 min

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“Victory is celebrated in the light, but it is won in the darkness.”

Dune: Prophecy è la serie prequel di Dune (2021) film diretto da Denis Villeneuve, basato sull’opera letteraria di Frank Herbert. Tuttavia questa serie non è basata sui romanzi scritti dall’autore americano, bensì da quelli del figlio Brian e Kevin J. Anderson. Per l’esattezza la trilogia Great Schools of Dune (Sisterhood of Dune, Mentats of Dune e Navigators of Dune). La serie tv, composta da sei episodi (pare giusto specificarlo), è basato su questi romanzi: la trama è stata presa, riassemblata e ricostruita in queste circa 6 ore. Appare lapalissiano il motivo della specifica del numero degli episodi: presupponendo che anche le rimanenti cinque puntate siano della stessa durata di “The Hidden Hand”, si tratterebbe di circa 6 ore di girato per circa 1400 pagine.
Per fare le dovute proporzioni: la trilogia di Dune di Villeneuve (in attesa di Dune Messiah) si avvicinerà alle 8 ore per circa 700 pagine complessive dei due romanzi di Frank Herbert.
Lungi qui voler giudicare a priori, chiaramente, ma sorge naturale più di qualche dubbio sulla bontà generale del lavoro di adattamento e scrittura dello show prendendo a sé stanti questi asettici dati numerici. Superato questo scoglio, il pilot sembra voler gettare delle solide basi, ricollegandosi in più passaggi all’opera prima, appesantito ovviamente dall’ingrato compito di introdurre il pubblico all’universo narrativo di Dune. Un universo non tecnologicamente così lontano da quello già visto al cinema, occorre dirlo, ma con dei particolari differenti e importanti.

10.000 ANNI E NON SENTIRLI


Lo show è ambientato più di 10.000 anni prima della nascita di Paul Atreides e lo specchietto iniziale è volto a raccontare brevemente alcuni passaggi fondamentali:

  • il Jihad Butleriano (la rivolta dell’uomo contro le macchine) è terminato;
  • Raquella Berto-Anirul ha fondato l’ordine delle streghe di Rossak, successivamente diventate le Bene Gesserit già note al pubblico;
  • i Mentat non sono ancora comparsi, così come la Gilda Spaziale;
  • l’utilizzo della Voce sembra essere un’abilità ancora in fase di sviluppo;
  • il breeding program delle Bene Gesserit è già stato avviato;
  • su Arrakis già regna il caos e la guerra ai Fremen è iniziata;

Dune: Prophecy decide di mischiare elementi già noti al pubblico (compresi i termini), con qualcosa di nuovo. Essendo uno show che verte sulla sorellanza, il tratto esoterico e messianico del film è molto marcato e da questo punto di vista è veramente ben costruita la soundtrack che riesce a colpire lo spettatore durante la visione. Meno di impatto gli effetti speciali che, fino a qui, restano marginali e riguardano principalmente alcune navette spaziali che decollano e atterrano. Lo Shai-Hulud compare, ma in formato olografico e in misura ridotta, così da salvaguardare il budget ma comunque riuscire a strizzare l’occhio al pubblico con il tanto adorato verme delle sabbie.
Gli scontri corpo a corpo mostrati (tra fase di addestramento a corte e nella sorellanza) sono quanto più basici si possa pensare.

PARAGONI EVITABILI


Sia chiaro: “The Hidden Hand” ha diversi aspetti negativi (in parte già scritti in questa recensione), ma ritrovarsi a leggere in giro articoli scritti da sedicenti giornalisti riguardo una “scrittura noiosa” oppure “una brutta copia di Game Of Thrones e House Of The Dragon fa abbastanza sorridere. In primis perché “scrittura noiosa” per un pilot molto introduttivo è forse una descrizione troppo blanda e celere relativamente un prodotto ancora in fase di costruzione.
In secondo luogo, la “brutta copia” ha di fatto dato il là a tutto un genere da cui i due predetti show HBO hanno avuto origine. Sembra inoltre essere rimasti bloccati al 2013-2014 quando l’unica serie tv di riferimento del genere drama era Breaking Bad e quindi o tutto era una sua brutta copia (e quindi ne derivava) oppure non era abbastanza bello. Come se prima di Breaking Bad non fossero mai esiste serie tv drama di prestigioso livello e forse migliori. De gustibus, ovviamente, ma se ci si ritrova ad utilizzare Game Of Thrones come metro di paragone (dimenticandosi gli enormi problemi dello show), forse meglio iniziare a rivedere le proprie priorità seriali.

CAST E PERDITE DI TEMPO NON NECESSARIE


Per quanto riguarda il cast e la recitazione, nessuno fino ad ora balza all’occhio, impressionando in positivo o in negativo. Lascia abbastanza intontiti il fatto che Travis Fimmel si ritrovi a ricoprire le vesti di un personaggio (Desmond Hart) decisamente molto simile a quello già interpretato dall’attore australiano in Raised By Wolves (HBO Max). Il finale di puntata, con il dialogo tra Desmond e il piccolo Pruwet, sembra risollevarlo gettandogli attorno un alone di mistero che i fan dell’universo di Dune hanno già iniziato ad investigare, sia per capirne la natura, sia per capirne l’origine.
Su Wallach IX, complice il ruolo di Madre Superiore e la sua tenuta algida, Emily Watson (Valya Harkonnen), fatica a bucare lo schermo. Su Salusa Secundus, invece, la principessa Ynez Corrino (Sarah-Sofie- Boussnina) e la sua liaison amorosa con il Maestro di Spada Keiran Atreides (Chris Mason) lascia il tempo che trova e risulta essere forse l’unico vero spreco di tempo dell’intera puntata, focalizzato a costruire delle solide basi e dare al pubblico molti dettagli su cosa stia venendo raccontato, permettendogli di contestualizzare molte delle scene e dei dialoghi.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Introduzione a Jihad Butleriano ecc più che necessario
  • Rapida sequenza per mostrare la nascita dell’ordine delle Bene Gesserit
  • Serie tv che ricalca l’aspetto messianico ed esoterico dei film di Villeneuve (in questo aiuta sicuramente la musica)
  • Delle buone basi, ma c’è molto margine di miglioramento
  • Liaison tra Ynez e Keiran
  • Quanto sarà fedele ai romanzi? Problema da non porsi per ora
  • Un pilot molto introduttivo

 

“The Hidden Hand” è il pilot per antonomasia: introduttivo, lunghi spiegoni, molti volti, molti nomi e tanto tempo utilizzato per portare tutte le pedine necessarie lì dove il pubblico possa riconoscerle e collegarle. Le premesse sembrano essere buone, ma c’è molto da lavorare e molto da raccontare. La vera sfida sarà riuscire a non perdere tempo prezioso e riprendere i tre romanzi (Sisterhood of Dune, Mentats of Dune e Navigators of Dune) senza alterarne eccessivamente la costruzione. Altrimenti i puristi avranno di che lamentarsi.

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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