Cobra Kai 6×10 – EunjangdoTEMPO DI LETTURA 5 min

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Cobra Kai 6x10 RecensioneChi si appresta a guardare l’ultimo episodio della seconda parte di questa ultima stagione di Cobra Kai si porrà sicuramente una domanda: cos’è un eunjangdo?
Dopo una semplice ricerca su Google ecco che si poteva facilmente spoilerare un elemento cruciale per la puntata e, in generale, per la conclusione dello show. L’eunjangdo è infatti una specie di pugnale coreano, proprio la fattispecie di pugnale che ha con sé Kreese, e che si renderà protagonista del più grande colpo di scena della stagione, pronto a tingere di rosso il prodotto Cobra Kai.
La saga di Karate Kid parla infatti di arti marziali – come appunto il karate – introdotte con lo scopo di difendersi. Così come Daniel-san si difendeva dai bulli del Cobra Kai, Miguel e i suoi amici hanno iniziato ad allenarsi per difendersi dai bulli della loro scuola. Cosa succede però quando il karate prende il sopravvento e diventa strumento di offesa e non di difesa? Gli autori sembrano aver finalmente imboccato questa strada, interessante e piena di sfaccettature da analizzare, che si era in realtà già intravista nel finale della seconda stagione, con l’incidente di Miguel.

COBRA KAI NEVER DIE


Ormai ci scherzano sopra persino gli sceneggiatori, dando voce ai personaggi, ma il Cobra Kai sembra proprio non volerne sapere di uscire di scena. I pochi illusi che pensavano si sarebbe chiuso tutto con una bellissima scena di combattimento a ben sei episodi dal finale dovranno ricredersi, ma era abbastanza ovvio. Il dojo che dà il nome allo show non può sparire dai giochi con un così largo anticipo. Per quanto fosse telefonato, e fosse anche poco costruita la questione del doping (sarebbe bastato far vedere negli scorsi episodi qualcuno dei protagonisti alle prese con i test antidoping) non si può non essere contenti nell’avere ancora in ballo il dojo più badass di tutti.
C’è anche da dire che con l’introduzione e la rivelazione dietro le origini degli Iron Dragons, il Cobra Kai sembra quasi essere non più un vero antagonista. La dinamica da “il nemico del mio nemico è mio amico” sembra funzionare, dando nuova linfa alla diatriba ormai trita e ritrita tra le due differenti correnti di pensiero in termini di karate discendenti da John Kreese e il Maestro Miyagi.

FINAL FOUR


Con ancor più grande sorpresa, a ben cinque episodi dalla fine, si è già passati alle semifinali del Sekai Taikai. I dojo qualificati sono il Miyagi-do, gli Iron Dragons, il redivivo Cobra Kai (dopo lo scandalo doping del Tiger Strike) e gli spagnoleggianti Furia de Pantera. Non c’è tempo per indagare sul passato di Miyagi e nemmeno per soffermarsi troppo sul sogno di Daniel, con tanto di cameo di un Pat Morita in deepfake. Tocca allenare i capitani Sam e Robby, che manco a farlo apposta sono proprio i figli dei due sensei del dojo. Ecco che la serie sfrutta al massimo il nuovo setting con un montage, in pieno stile Rocky, con Barcellona al posto di Philadelphia.
I combattimenti delle semifinali non sono da meno. L’urna del sorteggio per gli accoppiamenti cascano chiaramente a pennello, ma rappresentano il culmine di tutte le storyline che sono state ricamate con tanta dedizione nel corso della stagione, inserendo all’interno di un ecosistema già strapieno di personaggi anche nuove aggiunte che arricchiscono e non risultano essere di troppo. Si parla chiaramente di Zara, rivale in tutto e per tutto di Tory, Kwon che è un folle agente del caos che ha deciso di voler odiare Robby, ed infine Axel, forse il più buono tra i tre, ma anche il più stupido (e forte) a quanto pare.

ROYAL RUMBLE


Tuttavia sono gli ultimi venti minuti di “Eunjangdoil più grande WTF dell’intera Cobra Kai, che di bei colpi di scena ne ha annoverati più di uno nel corso delle stagioni. L’incontro tra Robby e Axel diventa il preludio ad “un’orgia di karate”, scatenata da un colpo sporco di Kwon e conclusa sempre da Kwon, ma nel più tragico dei modi. Nel mentre, la sequenza di combattimento di arti marziali più grossa dell’intero panorama hollywoodiano forse, per numero di combattenti in scena, durata e anche numero di stunt.
Una vera e propria royal rumble, un “tana libera tutti” per dare sfogo all’ira repressa, le tensioni accumulate dai protagonisti, legittimata dal colpo a sorpresa del sensei dei “dopati” Tiger Strike: un colpo che strappa sorrisi per la faccia tosta con cui arriva inaspettatamente. Un plauso alla produzione di Cobra Kai che per quest’ultima stagione ha deciso di superarsi nei numeri ancora una volta, proponendo una versione del tradizionale combattimento di massa (che si ripresenta di stagione in stagione) ancor più ampio. C’è Kreese che dichiara guerra al suo ex-compagno Silver, Johnny che per una volta decide di difendere il suo sensei (Kreese è forse prossimo a una redenzione con tutto il Cobra Kai?) e la morte di Kwon. Un momento per tornare sui piedi per terra, rimettere a posto il karate come arma di difesa e dare un insegnamento morale con il concludersi della serie.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Il cameo di Pat Morita (seppur in deepfake)
  • Il “training montage” di Sam e Robby
  • Il Miyagi-do finalmente coeso tra sensei e allievi
  • I combattimenti delle semifinali
  • Kreese contro Silver, e Johnny che aiuta il suo vecchio sensei
  • La spettacolare sequenza del tutti contro tutti finale
  • L’inaspettata morte di Kwon che riporta tutti coi piedi per terra
  • La questione del doping poteva essere costruita un pochino meglio

 

Si può affermare che “Eunjangdo” è probabilmente il miglior episodio finora di questa stagione. Chiude dando un senso a questa seconda parte di stagione, lasciando gli spettatori con il fiato sospeso per il finale, che potrebbe a questo punto svoltare in qualsiasi direzione, facendo passare addirittura in secondo piano il mitico Sekai Taikai.

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Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.

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