Era un bel po’ che Disney+ non sfornava un contenuto a tema Star Wars. Bisogna scavare parecchio di più per ritornare all’ultimo show che aveva convinto abbastanza critica e pubblico, sorvolando dunque su The Acolyte, partito con le aspettative migliori e calato drasticamente settimana dopo settimana.
Anche la terza stagione di The Mandalorian aveva un po’ lasciato l’amaro in bocca con un finale sottotono. Non c’è nemmeno bisogno di nominare Obi-Wan Kenobi e The Book of Boba Fett, picchi in negativo di un’era, per Guerre Stellari, che più volte ha destato perplessità tra i fan.
Skeleton Crew non era quindi atteso al varco, arrivata quasi in sordina, come la prima stagione di The Mandalorian d’altronde. E forse Lucasfilm si trova a suo agio proprio quando accadono situazioni del genere. Sì, perché la doppia première rilasciata da Disney+ è in realtà una graditissima sorpresa. Una serie che va a rimpolpare il cosiddetto “Mandoverse” e che pare avere qualcosa da dire, oltre alla semplice operazione nostalgia/reclutamento per le nuove generazioni.
GUERRE STELLARI AMBLIN
Jon Watts è noto al grande pubblico principalmente per la trilogia MCU dell’Uomo Ragno. Stavolta, però, si presenta in veste di demiurgo, reclutando un team di registi da “serie A” (David Lowery, i Daniels, Lee Isaac Chung) per portare in scena ciò che potrebbe essere “pitchato” semplicemente come: I Goonies nell’universo di Star Wars. Un gruppo di ragazzini del pianeta At Attin scoprono un’astronave seppellita in un bosco, piena di scheletri di pirati, e inavvertitamente la mettono in funzione, saltando nell’iperspazio e dunque perdendosi nella vastità della galassia.
La Amblin Entertainment è una casa di produzione fondata da Steven Spielberg, Frank Marshall e Kathleen Kennedy (oggi presidente di Lucasfilm) negli anni ’80, famosa per aver dato il via a una wave di pellicole per ragazzi, tra cui E.T., che dà anche il logo alla compagnia. E Skeleton Crew sembra proprio avere quello stesso DNA, quello di un prodotto Amblin nell’universo di Star Wars, realizzato chiaramente con mezzi moderni che permettono ai bambini di oggi di approcciarsi magari per la prima volta alla galassia lontana lontana.
IL PIANETA DEL TESORO
L’operazione portata avanti da Jon Watts inizia già a non sembrare così malvagia, senza neanche approfondire il contenuto, fatto di pirati, pianeti misteriosi e una menzionata “Vecchia Repubblica”. Dopo l’esordio nella terza stagione di The Mandalorian – che era a questo punto una chiara mossa strategica, una prova del nove -, arrivano in live action i pirati in Star Wars. Certo, perché nei prodotti animati la componente pirata è infatti presente già da parecchi anni, con la figura di riferimento di Hondo Ohnaka.
Wim, Fern, KB e Neel (impossibile non adorarlo) provengono infatti da un misterioso pianeta chiamato At Attin, che secondo alcune antiche leggende contiene un tesoro nascosto. La mente subito si rivolge al celebre romanzo di Stevenson “L’Isola del Tesoro“, o addirittura alla sua reinterpretazione in salsa sci-fi che è Il Pianeta del Tesoro, classico Disney dei primi anni duemila, fin troppo sottovalutato dal grande pubblico. Un parallelismo ancor di più rafforzato dalla presenza dello Jedi/pirata Jod Na Nawood, interpretato dal rassicurante Jude Law, che potrebbe essere un mentore non troppo affidabile per la piccola ciurma, una specie di Long John Silver capace di usare la Forza.
Wim: “We’re lost. Really lost.”
OPERAZIONE “SVECCHIAMENTO”
Tutti i dubbi e le perplessità relative all’operazione Skeleton Crew vengono subito spazzate via da una qualità nella messa in scena che ha parecchio latitato nelle ultime produzioni Lucasfilm.
E i nomi coinvolti nei successivi episodi fungono anche da garanzia che tutto questo bel castello di carte non crolli, relegando come spesso accade la “qualità” ai soli primi episodi per fare bella figura in fase promozionale. Anzi, la sensazione che rimane addosso è che il tutto possa solo migliorare. Ne è un esempio già lo spazioporto, imponente set del secondo episodio che ricorda al pubblico cosa significhi quella sensazione di sense of wonder che Star Wars sa offrire.
In più, guardandolo dal punto di vista prettamente economico, Skeleton Crew rappresenta anche una mossa molto intelligente per Lucasfilm. Star Wars è un franchise al momento trainato dai fan di vecchia data, che non sono proprio dei ragazzini, anzi, sono in realtà proprio quei ragazzini che si sono appassionati con la trilogia originale, o con la trilogia prequel, e che oggi hanno un portafogli da spendere nelle passioni della loro infanzia. Skeleton Crew potrebbe essere da questo punto di vista il primo passo anche verso un’operazione che guarda al futuro di Star Wars, e non solo dedita a strizzare gli occhi ai fan dei bei anni andati.
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Skeleton Crew potrebbe essere il miglior prodotto targato Star Wars da molto tempo. Forse bastava assemblare, come in The Mandalorian, un team di autori con un certo curriculum alle spalle. Oppure era il momento di far tornare a sognare lo spettatore con gli occhi di un bambino, come la Amblin insegna.
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Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.