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I Dodici Giurati, in olandese De Twaalf, è una serie in lingua fiamminga (dialetto olandese presente in Belgio) andata in onda sul canale belga Eén nel novembre 2019 e successivamente approdata su Netflix (come spesso accade per determinati prodotti nazionali che riescono a riscuotere un determinato tipo di successo nella propria patria). De Twaalf è l’ennesimo prodotto crime con cui Netflix rimpolpa il proprio catalogo: un omicidio (per la precisione sono due in realtà, anche se temporalmente distanti tra loro) attorno al quale si sono creati dubbi, voci, pettegolezzi che lentamente hanno inficiato la verità stessa dei fatti. Una verità che proprio una giuria popolare, composta anche dalla protagonista della serie Delphine, dovrà riuscire a ritrovare e fare propria.
Forse il fattore lingua (da tenere in considerazione con questa tipologia di prodotti recitati con lingue non convenzionali), forse un’approssimativa costruzione della trama, fatto sta che la puntata appare più confusionaria di quel che era lecito attendersi. Paese che vai, infatti, crime poliziesco che trovi, ma tutti perfettamente in linea con l’archetipo della serie: proceduralità come se non esistesse altro; ben pochi colpi di scena; recitazione mediocre; struttura ridondante tra episodio ed episodio.
Eppure De Twaalf si allontana da questo placido mare calmo di normalità (l’archetipo dei procedural polizieschi si fatica ad intravedere), fallendo però nel tentativo di unicità. A complicare la messa in scena, probabilmente, è anche il quantitativo di personaggi, di famiglie e di collegamenti abbozzati durante questo primo episodio: esempio lampante dell’ampio cast è la scelta dei titoli dei singoli episodi (il primo “Frie”), tutti debitamente volti a richiamare uno dei tanti personaggi in scena.
Accantonata per un attimo la problematica del cast, elemento forse necessario visto e considerato anche il semplice ma elevato numero di giurati, andrebbe tenuta in considerazione la problematica legata alla confusione che la serie crea in questo primo episodio andando a presentare le famiglie chiamate in causa ed i relativi collegamenti (lavorativi, legami di sangue, triangoli di coppie ecc ecc). Appare chiaro che questo tipo di dettagli troveranno ampio respiro nei prossimi appuntamenti: la titolazione degli episodi porta subito alla mente il desiderio da parte della serie di costruire la propria narrazione attorno a determinati cardini (i personaggi) svelando passo passo i collegamenti tra gli stessi. La reale problematica, che si evidenzia palesemente in questo pilot, è il rischio di rendere i primi quaranta minuti quasi un organismo a sé agli occhi del pubblico: i personaggi sono tanti, difficilmente collocabili; le antipatie e le alleanze appaiono tutte sullo stesso piano in quanto difficilmente identificabili; alcuni dialoghi risultano complicati da incasellare e decifrare.
Un primo capitolo molto introduttivo quindi, forse troppo. Eppure la sensazione è quella di ritrovarsi di fronte ad un buon crime drama, nonostante sia evidente la necessità da parte dello spettatore di una buona dose di pazienza per riuscire a cogliere tutti i vari collegamenti. E’ indubbio, tuttavia, che De Twaalf non sia in alcun modo una serie “alla Lost” e quindi risulterebbe alquanto piacevole poter trovare alcune risposte prima di arrivare al fatidico momento conclusivo. Si pensi, ad esempio, alla crisi familiare tra Delphine ed il marito che, indispettito (in maniera visibilmente esagerata) dalla bugia della moglie riguardante il suo essere stata scelta come giurato al processo, per tutta risposta le intima di risolvere la situazione prima di chiuderla a chiave dentro il bagno di casa. Decontestualizzata come è apparsa, questa scena ha ben poco da dire al pubblico, ma appare abbastanza chiaro (ed è auspicabile) che una reazione di questo tipo possa trovare ampia spiegazione nei prossimi episodi. Anche se, come si appuntava poche righe sopra, risulta davvero eccessivo celare questo tipo di misteri senza dar modo al pubblico di decifrarne il significato.
Forse il fattore lingua (da tenere in considerazione con questa tipologia di prodotti recitati con lingue non convenzionali), forse un’approssimativa costruzione della trama, fatto sta che la puntata appare più confusionaria di quel che era lecito attendersi. Paese che vai, infatti, crime poliziesco che trovi, ma tutti perfettamente in linea con l’archetipo della serie: proceduralità come se non esistesse altro; ben pochi colpi di scena; recitazione mediocre; struttura ridondante tra episodio ed episodio.
Eppure De Twaalf si allontana da questo placido mare calmo di normalità (l’archetipo dei procedural polizieschi si fatica ad intravedere), fallendo però nel tentativo di unicità. A complicare la messa in scena, probabilmente, è anche il quantitativo di personaggi, di famiglie e di collegamenti abbozzati durante questo primo episodio: esempio lampante dell’ampio cast è la scelta dei titoli dei singoli episodi (il primo “Frie”), tutti debitamente volti a richiamare uno dei tanti personaggi in scena.
Accantonata per un attimo la problematica del cast, elemento forse necessario visto e considerato anche il semplice ma elevato numero di giurati, andrebbe tenuta in considerazione la problematica legata alla confusione che la serie crea in questo primo episodio andando a presentare le famiglie chiamate in causa ed i relativi collegamenti (lavorativi, legami di sangue, triangoli di coppie ecc ecc). Appare chiaro che questo tipo di dettagli troveranno ampio respiro nei prossimi appuntamenti: la titolazione degli episodi porta subito alla mente il desiderio da parte della serie di costruire la propria narrazione attorno a determinati cardini (i personaggi) svelando passo passo i collegamenti tra gli stessi. La reale problematica, che si evidenzia palesemente in questo pilot, è il rischio di rendere i primi quaranta minuti quasi un organismo a sé agli occhi del pubblico: i personaggi sono tanti, difficilmente collocabili; le antipatie e le alleanze appaiono tutte sullo stesso piano in quanto difficilmente identificabili; alcuni dialoghi risultano complicati da incasellare e decifrare.
Un primo capitolo molto introduttivo quindi, forse troppo. Eppure la sensazione è quella di ritrovarsi di fronte ad un buon crime drama, nonostante sia evidente la necessità da parte dello spettatore di una buona dose di pazienza per riuscire a cogliere tutti i vari collegamenti. E’ indubbio, tuttavia, che De Twaalf non sia in alcun modo una serie “alla Lost” e quindi risulterebbe alquanto piacevole poter trovare alcune risposte prima di arrivare al fatidico momento conclusivo. Si pensi, ad esempio, alla crisi familiare tra Delphine ed il marito che, indispettito (in maniera visibilmente esagerata) dalla bugia della moglie riguardante il suo essere stata scelta come giurato al processo, per tutta risposta le intima di risolvere la situazione prima di chiuderla a chiave dentro il bagno di casa. Decontestualizzata come è apparsa, questa scena ha ben poco da dire al pubblico, ma appare abbastanza chiaro (ed è auspicabile) che una reazione di questo tipo possa trovare ampia spiegazione nei prossimi episodi. Anche se, come si appuntava poche righe sopra, risulta davvero eccessivo celare questo tipo di misteri senza dar modo al pubblico di decifrarne il significato.
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Da Twaalf è l’ennesima serie crime drama con cui Netflix rimpolpa il proprio catalogo durante i mesi estivi. Il vero problema è che la serie non cerca in alcun modo di aiutare il pubblico, fornendogli la corretta chiave di lettura, nel decifrare determinate scene. Il risultato finale è un (quasi) caos.
Frie 1×01 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.