Era la fine degli anni Ottanta, un periodo decisamente florido dal punto di vista artistico e culturale.
Ma soprattutto un periodo di generale spensieratezza in cui la Guerra Fredda cominciava a sciogliersi (si perdoni il gioco di parole) e una relativa crescita economica sembrava garantire un futuro più che roseo per il benessere generale.
In questo contesto, in Olanda esplodeva il fenomeno delle linee telefoniche erotiche a pagamento. Di questo parla Dirty Lines, nuova produzione olandese targata Netflix che fa luce su questo mondo decisamente inconsueto ed estremamente interessante. Non tanto per l’argomento in sé quanto per i riferimenti all’aspetto soprattutto sociologico e storico correlato a tale mondo.
UNA SERIE “Á LA ADAM MCKAY”
Dirty Lines si connota come una serie corale, con vari punti di vista. Ma, in questo primo episodio, è soprattutto uno il punto di vista principale: quello di Marly (Joy Delima). Studentessa di psicologia, appartenente ad una famiglia di olandesi di seconda generazione, estremamente religiosi e conservatori, per via del suo background così variegato è il character perfetto per descrivere tale mondo.
Lo spettatore, infatti, viene guidato dalle sue parole all’interno della trama e del suo percorso di formazione personale che la porterà, da studentessa timida e inesperta sul piano sessuale, ad esperta e collaboratrice di questo particolare “settore dell’intrattenimento”.
Marly commenta quello che succede con uno stile a tratti ironico e disincantato, focalizzandosi soprattutto sulla descrizione della società olandese dell’epoca e (soprattutto) sui pregiudizi sulla sessualità femminile e il sessismo di certe teorie psicologiche.
Tutto questo tramite una regia che fa ampio utilizzo di found footage e primi piani in cui la protagonista si rivolge spiritosamente allo spettatore, seguendo la lezione del regista Adam McKay che di questo linguaggio ha fatto il proprio marchio di fabbrica.
Tramite i monologhi alla telecamera, Marly crea un rapporto intimo con lo spettatore, a cui rivela sensazioni, pensieri e commenti sulla società. E, di conseguenza, lo spettatore si sente davvero dentro la vicenda raccontata riuscendo così a empatizzare con la protagonista principale.
I FRATELLI STIGTER
Gli altri due protagonisti della vicenda orizzontale sono i fratelli Stigter, Frank (Minne Koole) e Ramon (Chris Peters). Questi due sono gli “imprenditori” che lanciano l’idea delle linee telefoniche erotiche. “Episode 1” ce li mostra in medias res, con la loro attività appena avviata.
L’episodio si concentra in particolare sulle differenze caratteriali dei due. Frank è la “mente” di tutta l’operazione mentre Ramon il “braccio operativo”.
Il primo dimostra un carattere risoluto ed esuberante, vero e proprio self-made man alla continua ricerca del successo per il proprio business. Ma dimostra anche ben più di un complesso d’inferiorità (la cui causa s’intuisce essere una probabile impotenza) che lo porta a continui problemi con la moglie Anouk (Abbey Hoes).
Il secondo è un’ex antennista (da notare: mestiere spesso associato alla mascolinità, soprattutto in ambito pornografico), ben più pragmatico e cauto del fratello. Anch’egli però nasconde un “lato oscuro”: un’omosessualità latente che cerca di nascondere agli altri, soprattutto alla moglie Natasja (Charlie Chan Dagelet).
Tramite questi due personaggi, Dirty Lines racconta il “dietro le quinte” del mondo delle linee erotiche, con i problemi quotidiani dei lavoratori del settore, per nulla banali e scontati.
BALLARE SENZA DIVERTIRSI
D’altra parte le contraddizioni sono il leitmotiv di tutta la vicenda. Dirty Lines è una serie che fa luce su un’intera epoca permeata da una sorta di “vittorianesimo” di fondo. Ad un’incredibile (per l’epoca) libertà sessuale infatti fanno da contrappeso pregiudizi e stigmi sociali ancorati all’epoca precedente. Si tratta di un’epoca “di confine” che lo show mostra con dovizia di particolari, anche con il rischio di sfociare nel didascalico.
Particolarmente efficace il monologo iniziale sui balli in discoteca, in un’epoca dove la norma era quella di muoversi con movenze controllate e con un mimica facciale perennemente annoiata e seriosa. In questo contesto (almeno per i nostalgici dell’epoca) lo show offre inoltre uno spaccato sulla nascita della futura musica tecno-house, che rivoluzionerà il modo di ballare trasformandolo in modo più “sensuale” per l’appunto.
A tal proposito, dunque, è da dieci e lode la scelta della soundtrack dello show (tutte hit rigorosamente dell’epoca) che, al pari della regia, è il principale motivo per godersi la serie.
Dirty Lines dunque è una serie fresca e originale che racconta un determinato periodo storico, con tutte le sue sfaccettature e contraddizioni, con un occhio però rivolto sempre al presente, non così distante dopotutto dall’epoca raccontata.
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Il fenomeno delle linee erotiche private in Olanda descritto dal punto di vista dei lavoratori del settore ma anche da quello (per nulla banale) di una studentessa di psicologia. Questo è Dirty Lines, nuova produzione Netflix olandese che mostra uno spaccato sociale di una determinata epoca e luogo molto più vicini a noi di quanto non si potrebbe pensare.
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!