Dispatches From Elsewhere 1×08 – LeeTEMPO DI LETTURA 6 min

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“Lee is you if you finally have the chance to make amends, to put things right. Only now, all you are… is afraid that you’re in over your head, that you can’t pull it off, but afraid, most of all, that even if you do, it won’t change anything.”

Dal punto di vista diegetico, Dispatches from Elsewhere continua a stupire nonostante si stia ormai avviando alla conclusione della prima (e forse ultima, gli ascolti sono quello che sono) stagione. “Lee” si apre all’insegna della metanarrazione, prima mostrando i preparativi del complesso gioco incentrato sulla ricerca di Clara, con tanto di provini e intoppi organizzativi; poi ricapitolando quanto successo nei precedenti sette episodi dal punto di vista di Lee, la donna di colore che sembrava poco più che un personaggio secondario e invece si è rivelata la vera mente dietro le vicende, il vigile architetto della quest nascosto dietro le quinte. E se da un lato questo cambio del punto di vista rende ancora più palese il carattere finto e artificiale dell’avventura vissuta dai quattro protagonisti, dall’altro permette di capire che dietro il gioco ci sono motivazioni ben più nobili del capriccio di una miliardaria annoiata.
Redenzione: è questa la parola chiave per comprendere tutte le azioni di Lee. E’ lei, e non il fittizio Octavio Coleman, ad aver trasformato l’arte e i talenti di Clara in una merce, in un business; è lei, metaforicamente parlando, l’oscurità che ha inghiottito Clara nel racconto del quinto episodio. Ma i sensi di colpa sanno essere una potente, per quanto non proprio piacevole, spinta al cambiamento e così è nato il gioco della ricerca di Clara, nel tentativo di dispensare anche agli altri un po’ di quella gioia e di quella meraviglia che la ragazzina voleva donare gratuitamente al mondo. Quello che Lee non poteva prevedere è che il suo personale tentativo di redimersi avrebbe avuto un impatto notevole sulle vite degli altri, e in particolare su quel quartetto di protagonisti di cui si segue fin dal primo episodio l’evoluzione interiore e che ha preso il gioco troppo sul serio.

 

“They were not looking at me because I am pretty. They were looking at us, and they were thinking: ‘What is that guy doing with that trans woman?'”

 

Insicurezza e paura: sono queste la bestie che Peter e Simone devono sconfiggere.
Cave of Kelpius si era chiuso, fra le tante cose, con la dichiarazione d’amore di Peter a Simone, un apparente lieto fine. Sembrava che la strada per i due fosse ormai in discesa, e invece “Lee” scompagina tutto, fa riemergere timori e insicurezze, trasforma un primo appuntamento nell’occasione perfetta per riflettere su quanti pregiudizi ancora gravano sulla società odierna. Il diverso, colui che non si lascia incasellare nello schema binario della sessualità consolidato da secoli e secoli, deve sperimentare derisione, diffidenza, persino odio e questo lascia ferite profonde nell’anima, ferite che nemmeno l’incontro con l’anima gemella può guarire all’istante: è chiaro che dietro la rottura (si spera momentanea) tra Simone e Peter non ci sono tanto l’insicurezza e l’ingenuità di quest’ultimo, quanto l’incapacità della prima di affrontare davvero le conseguenze della sua scelta di gender. Teme di essere schiacciata ancora di più da quella stigma sociale che già le grava addosso, e forse la vera insicura è lei, non Peter.
Il personaggio di Jason Segel, dal canto suo, con la sua goffaggine, con i suoi maldestri tentativi di intavolare una conversazione parlando di epistassi e bozzi sul cranio, con la sua incapacità di scegliere tra la torta e la crostata o di indicare un film preferito, porta in scena quelli che sono i pericoli dell’apatia esistenziale a cui la società iper-tecnologica ed iper-solitaria sta portando l’umanità: non essere più in grado di parlare di sé, di conoscersi, e nemmeno di relazionarsi con gli altri, perché non si sa cosa dire.

 

Janice giovane: “Wife, mother… that’s all you are. Now your son’s a grown man and he doesn’t need you anymore and if you lose Lev, then what are you? Nothing. Please don’t do this. I can’t lose him”
Janice anziana: “You’re not losing him. I am. You’ll live your whole life with him. And at the end, it will be up to you to let him go. That’s part of the deal, too. That’s part of loving someone.”

 

Saper lasciare andare gli altri, anche quando questo significa rischiare di perdere la propria identità e doversi reinventare a un’età avanzata: è questa la lezione che Janice deve imparare. Per essere una madre e una moglie ha rinunciato a tutti i sogni e le speranze della gioventù, ha messo da parte il suo spirito femminista e rivoluzionario per accontentarsi di essere una donna di casa; per questo, mantenere in vita Lev fino all’ultimo, accudirlo, farlo oggetto del proprio amore muliebre era l’unico modo per continuare a dare un senso all’esistenza che si era creata sacrificando tanto. Ma la vita non è qualcosa di immobile e di immutabile: le dighe che si costruiscono, ossia i ruoli che si sceglie (volontariamente o per imposizione altrui) di impersonare in questa grande commedia sociale prima o poi cedono e il fiume dell’esistenza torna a scorrere. Spegnendo i macchinari che tengono in vita Lev, Janice rinuncia al proprio ruolo di moglie e si getta a capofitto nell’ignoto del futuro, tentennando, come è giusto che sia di fronte a un grande passo, ma comunque proseguendo fermamente sulla strada prescelta.
Non è sola, Janice, perché al suo fianco nel momento più difficile c’è Fredwynn, altro personaggio che sta crescendo puntata dopo puntata imparando il valore dei rapporti umani. Mai come in questo episodio lo si vede simpatetico e affettuoso con gli altri: cerca di confortare Janice, si lascia andare ad abbracci, persino i suoi sfoggi di supponenza e le sue stramberie complottistiche questa volta servono come momenti comici e strappano un sorriso persino nei momenti più bui. Ma fortunatamente Fredwynn non ha perso il suo lato più ossessivo e non ha messo nessuna pietra sulla ricerca di Clara: a lui è affidata la scoperta che nell’urna di Clara, in realtà, ci sono delle caramelle, cliffhanger criptico al momento ma che riesce a riaprire la quest, perché evidentemente non tutte le verità sono state rivelate e gli ultimi due episodi hanno ancora molto da dire. Non resta che attendere trepidanti i nuovi sviluppi.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Le rivelazioni su Clara e su Lee
    Simone e la paura dei pregiudizi
  • Peter e i pericoli dell’apatia
  • Janice e la necessità di lasciar andare gli altri
  • Fredwynn e il cammino per diventare umani
  • Cliffhanger finale
  • Nulla

 

Dispatches from Elsewhere non ha mai deluso, puntata dopo puntata, ma con “Lee” confeziona un episodio semplicemente perfetto, struggente e drammatico, profondo e ricco di spunti di riflessione. Decisamente il migliore dell’intera stagione, in attesa del gran finale.

 

Cave of Kelpius 1×07 0.29 milioni – 0.1 rating
Lee 1×08 0.27 milioni – 0.1 rating

 

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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.

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