“Welcome back. As you are clearly aware, this entertainment is called ‘Dispatches from Elsewhere’, a title whose relevance I personally became aware of only recently. Unless this is your first experience with a limited-run episodic, which we all know that it is not, you would assume that we are rapidly approaching the end of our journey together. But you would be wrong. While our time together is drawing to a close, we are, as we’ve always been, in the middle of our story.”
Senza dubbio è da ammirare la perseveranza con cui Jason Segel e tutti gli sceneggiatori e i registi che lo affiancano si impegnano a ribaltare costantemente la situazione, a negare allo spettatore certezze e verità durature. Se l’episodio della scorsa settimana aveva dato una certa idea del rapporto tra Clara e Lee, nonché delle ragioni per cui la ricca imprenditrice aveva messo in piedi il gioco del Jejune Institute e dell’Elsewhere Society, “The Creator” cambia completamente le carte in tavola, perché si scopre che le due donne in realtà sono la stessa persona: o meglio, Clara è solo l’alter ego della giovane Lee, talentuosa, entusiasta e un po’ naif, e la sua “morte” altro non è che la mercificazione di quel talento, il suo asservimento all’etica del guadagno e del successo borghese.
Clara puntava a mostrare agli altri come anche nella realtà quotidiana, percepita solitamente come banale e priva di meraviglie, possa nascondersi la magia; Lee, invece, è andata nella direzione completamente opposta e non a caso il suo maggior successo è stato l’I.D.E.A., il dispositivo che permette di sperimentare nuove, affascinanti ma illusorie realtà artificiali. Peggio ancora, queste realtà virtuali possono essere esplorate e vissute stando comodamente seduti sul divano di casa, invece di uscire all’aria aperta e interagire con gli altri. Non che fuori sia tanto meglio e la scena che Lee si trova di fronte quando esce dall’edificio della propria compagnia lo dimostra: gente che cammina per strada col capo chino su uno schermo, lobotomizzata da quella stessa tecnologia che paradossalmente dovrebbe unire. Già, ecco il paradosso del XXI secolo: esiste Internet, esistono i cellulari, esistono infinite possibilità di comunicare con gente lontana chilometri e chilometri, magari anche all’altro capo del mondo, e intanto si perde il contatto col prossimo, con quanto ci sta più vicino.
Invece il gioco messo in piedi da Lee puntava proprio a unire le persone, a portarle fuori dalla loro comfort zone gettandole in un’appassionante avventura. Finta anch’essa, certo, ma capace di dar vita a qualcosa di reale, ad autentiche amicizie, ad autentici sentimenti. Come quello che è nato tra Peter e Simone e che non può essere soppresso, come dimostra il fatto che entro la fine del nono episodio i due formano davvero una coppia. Il balzo temporale di poco meno di un anno risulta certo straniante, considerando anche il fatto che finora Dispatches From Elsewhere ha fatto ricorso a un ritmo narrativo molto più compassato; però dà l’idea che sia avvenuta un’autentica maturazione dei due personaggi mentre non erano sulla scena, e quando si ritrovano la loro nuova consapevolezza di sé e di ciò che ci si aspetta dalla relazione con l’altro non appare una conquista repentina e forzata, degna di un prodotto di serie Z, bensì una naturale, inevitabile e credibilissima crescita personale.
E qui va fatto un ulteriore plauso alla serie ideata da Jason Segel. Se da un lato è vero che la relazione tra Peter e Simone si è inevitabilmente confrontata (più nello scorso episodio che in questo) col problema del gender e dell’accettazione in una società che, per quanto più illuminata rispetto alle epoche passate, pecca ancora di pregiudizi e sessismi, è altrettanto vero che questo aspetto non viene messo al servizio di un dramma stucchevole e retorico: Simone è un transessuale, ma è prima di tutto una persona innamorata di un’altra persona, e la scena di intimità con Peter viene appunto rappresentata come l’unione di due persone che si amano, non di un maschio e di un transex.
Anche Janice ritorna sulla scena in ottima forma, dopo aver apparentemente superato la morte del marito. A preoccupare è Fredwynn (per l’occasione “riciclato” nelle vesti di narratore all’inizio della puntata, nel solito gioco metanarrativo a cui la serie ha abituato): lo splendido percorso di crescita che l’aveva portato a manifestare emozioni e comportamenti più umani, fino all’empatia con Janice sul letto di morte di Lev, improvvisamente diventa un lontano ricordo, l’ossessione per il gioco riemerge e porta il personaggio fin sull’orlo della pazzia. O forse “pazzia” non è il termine corretto, perché Fredwynn appare freddamente lucido nella propria fuga dalla realtà per rifugiarsi nel mondo fittizio del gioco. Ancora una volta un paradosso: Peter, quello che sembrava aver preso più sul serio la storia di Clara, è riuscito ad andare avanti, a maturare come persona, a creare una relazione con Simone; invece Fredwynn, che all’inizio era il più disilluso e sospettoso, si è fatto risucchiare dalla quest, non ha accettato che finisse tutto lì, si è convinto che doveva per forza esserci qualcosa di più. E qui si torna al discorso fatto in apertura, alla fuga nei mondi artificiali e virtuali per combattere la banalità del reale e forse anche la propria inadeguatezza a vivere, alimentata dal fatto che Fredwynn non è riuscito a riempire la propria vita con un obiettivo alternativo al mistero di Clara. Cosa che, invece, Peter, Simone e Janice hanno fatto più che egregiamente: riconquistare la persona amata, fare finalmente quello che piace, rimettersi in gioco dopo tanti anni. Ma forse non è troppo tardi per fermare l’autodistruttiva fuga dalla realtà del quarto protagonista e c’è solo da sperare che l’ultimo episodio dia anche a lui un lieto fine.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Lee 1×08 | 0.27 milioni – 0.1 rating |
The Creator 1×09 | 0.21 milioni – 0.1 rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.