DMZ 1×01 – Good LuckTEMPO DI LETTURA 3 min

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1x01 pilot DMZHBO Max pesca nel potenzialmente infinito calderone di proprietà intellettuali dell’etichetta Vertigo (divisione per lettori maturi della DC comics), una delle serie più importanti degli ultimi anni.

BENVENUTI A MANHATTAN, ZONA DEMILITARIZZATA


Il fumetto da cui è tratta questa miniserie di 4 episodi (al momento) è stato pubblicato tra il 2005 e 2012. La vera protagonista del fumetto è l’isola di Manhattan, diventata demilitarizzata a seguito di una nuova guerra civile sul suolo americano. Un reporter viene mandato in missione per capire cosa succeda realmente in quel posto abbandonato. Serie molto politica e focalizzata sulla manipolazione della verità, soprattutto per scopi propagandistici e di convenienza.
La miniserie sceglie una strada diversa, virando verso una tematica più sociale e a tratti medical. Infatti la protagonista (che non esiste nei fumetti) è Alma Ortega (interpretata da una brava Rosario Dawson), un medico che ha perso 8 anni prima suo figlio adolescente proprio nel giorno dell’evacuazione dell’isola e la messa in atto della zona demilitarizzata. Mai datasi pace nella ricerca, la storia parte proprio da quando riesce a tornare nell’isola dove pensa possa risiedere ancora sua figlio.

LA SCELTA TEMATICA RIPAGHERA’?


Guardando l’episodio pilota, è evidente come la storia di una madre disperata e, quindi, disposta a tutto per ritrovare suo figlio sia il solo perno su cui ruota tutta la narrazione, appiattendola su un piano per nulla diverso rispetto ad altre serie drammatiche più commerciali. Il punto è che qui il genere di riferimento dovrebbe essere quello post-apocalittico che però passa in secondo piano, dando troppo per scontate certe dinamiche sociali presenti nell’isola, trattandole superficialmente. Dinamiche che invece risultano maggiormente rilevanti nel fumetto.
In aggiunta a questo quadro già molto convenzionale, si inserisce la componente medical-drama che vira facilmente al pietismo, oltre ad essere poco verosimile. Infatti l’altro aspetto che emerge fastidiosamente è la verosimiglianza delle situazioni. Se si accenna (poco) alla difficoltà nel reperimento dei medicinale, sembra alquanto strano vedere un ospedale che riesce a funzionare normalmente nonostante le stesse utenze elettriche e idriche non dovrebbero essere così scontate in una zona in preda alle bande e all’anarchia.

E QUI VIENE IL PROBLEMA


E’ ovvio che la sospensione dell’incredulità in una serie come questa vada messa in conto ma troppe cose vengono date per scontate, senza neanche spiegarle troppo. Se potrebbero essere tenute volutamente in secondo piano le ragioni della guerra civile e lo svolgimento del conflitto, la stessa organizzazione pratica dell’isola non è chiara. Chi fornisce l’energia, l’acqua, il cibo? Come fanno a esserci case rimaste illese alle razzie? Probabilmente ci sono risposte sensate a queste domande ma non sembra esserci interesse nel voler chiarire questi aspetti pratici, in favore dei colpi di scena (si veda il finale dell’episodio) o di personaggi, fino a quel momento conosciuti come persone buone, diventati boss mafiosi di qualche distretto. Del comparto tecnico si può dire che funziona abbastanza bene nel complesso. Certo, la parte in computer grafica (minima) non rappresenta nulla di trascendentale. Rosario Dawson è nella sua comfort zone quindi della sua recitazione non ci si può assolutamente lamentare. Potrebbe reggere la serie da sola, al netto dei difetti narrativi elencati prima.
Sia chiaro, la narrazione rimane focalizzata sulla tematica che ha scelto di raccontare quindi non ci sono sbavature troppo grosse. Il problema sta nel fatto che si poteva osare molto di più, soprattutto considerando il clima divisivo che serpeggia nel mondo reale che si sarebbe potuto usare in maniera interessante nella narrazione.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Rosario Dawson
  • Una buona regia, nel suo complesso
  • Tante cose potenzialmente interessanti poco sviluppate o declinate in soluzioni banali

 

In sostanza, questa miniserie poteva essere molto di più ma averla ridotta solo a 4 episodi ne ha forse segnato il destino (e la qualità) già dall’inizio. Guardabile ma senza troppe pretese.

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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.

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