Il senso di confusione portato dalla nebbia copre anche la narrazione di questo episodio, non inficiando però sul piacere della visione.
LA NEBBIA
Strano prodotto Fargo. Molte delle situazioni che si ritrovano non sarebbero tollerate in altre serie, ma la sua peculiarità permette di non fermarsi ad uno strato superficiale.
La nebbia cala sulla landa desolata del ranch di Roy Tillman e la narrazione si complica tanto in termini di significato quanto procede in maniera anti-climatica su quello narrativo. Lo spettatore sa che Dot non rischia mai veramente la vita nella tana del nemico e tutto funziona in modo che questo venga rispettato a scapito della verosimiglianza.
Tutto rimane sul filo del ridicolo, a cominciare dalla chiamata alle armi del “popolo” di Tillman in sua difesa e per una “giusta causa” (quella di ultimo baluardo contro un mondo che va a rotoli). Anche la fuga di Dot, nelle sue varie fasi, è sicuramente creativa ma troppo fortunosa. E allora cos’è che cattura l’attenzione?
LA PROMESSA
Tutto è legato al tema della stagione: la promessa o, in maniera leggermente diversa, il patto. Ole Munch (Sam Spruell), personaggio fuori dal tempo, rappresenta quel legame ancestrale col concetto di patto che storia e letteratura hanno usato nel tempo per spiegare le fondamenta su cui si basano le società umane, soprattutto quelle dove il diritto non è stato mai sviluppato secondo un codice ramificato.
Dot è colei che lo ha spezzato, scappando delle botte che il marito si sentiva autorizzato ad infliggerle, secondo un’etica figlia di patti derivanti da una distorta visione delle religione e della società in generale. É l’unica che ha avuto la forza di farlo ed è questo che colpisce chiunque ha a che fare con lei. Indira prima e Lorraine poi, cambiano e prendono decisioni diverse in conseguenza dell’incontro con Dot e alla sua scelta. La prima riesce ad abbandonare una relazione malata e la polizia per diventare guardia privata della seconda. Qui scopre ammirazione per la forza diversa con cui la nuora ha deciso di affrontare un mondo maschile e maschilista diversamente da lei, assimilabile allo stereotipo di “donna con le palle”.
Dot, quindi, ha rotto un patto e ora il mondo diventa confuso e nebbioso.
LA TIGRE È LIBERA
Dot è quindi un agente del caos e la similitudine con la tigre continua, in quanto sorgente di imprevedibilità. L’assurdità della storia (unità di federali chiamati dal presidente stesso che si mobilitano contro uno sceriffo ritirato in un ranch) acquisisce valore proprio in relazione a questo ruolo definito: portare confusione ad uno status quo stantio e pieno di frustrazione.
Nessuno dei personaggi stava vivendo la propria vita secondo i propri desideri, anzi, tutti si trovano mancanti di qualcosa. Che sia il coraggio di fare una scelta o il ricordo dell’amore vero o la presa di coscienza di una via alternativa nella vita.
In quest’ottica, quindi, importa relativamente se le azioni e le conseguenze siano verosimili in termini narrativi. Conta invece il senso e la potenza delle forze in gioco ad un livello superiore, come spesso accade con Hawley, in preparazione della resa dei conti finale del prossimo episodio.
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Fargo continua con la sequenza di buoni episodi di questa quinta stagione cominciando a raccontare qualcosa di profondo utilizzando la confusione e i paradossi. Qualcosa di possibile solo in una serie come questa.
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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.