Nel paesaggio idilliaco, circondato da prati verdi e alberi rigogliosi, che si presenta imponente fra le stradine di un tipico quartiere americano per famiglie, si scorge una casa bianca a due piani che è ora dimora di ricordi dolorosi ed ormai diventata troppo grande per i suoi due proprietari. |
Il Nido Dello Storno (tradotto dall’originale The Starling) è l’ultimo lavoro del regista americano Theodore Melfi che ancora una volta, dopo St. Vincent, sceglie Melissa McCarthy come sua attrice protagonista.
Presentato in anteprima al Festival di Toronto 2021 tenutosi a settembre, viene rilasciato da Netflix non molto tempo dopo, il 24 dello stesso mese.
Il punto forte – forse, purtroppo, l’unico – di questo film è proprio la presenza della McCarthy (nei panni di Lilly Maynard) che si fa un po’ fatica a dissociare dall’interpretazione di Sookie St. James in Una Mamma Per Amica. Con la sua capacità di risultare insieme dolce, sfacciata e disperata, in questo dramedy si appropria della scena lasciando un po’ in ombra, senza però danneggiarlo, il collega co-protagonista Chris O’Dowd (Jack Maynard).
La coppia McCarhty-O’Dowd diventa sullo schermo quella dei coniugi Maynard che spiazzati da una tragedia familiare si ritrovano costretti ad affrontare un terribile lutto col quale devono imparare a convivere nella vita di tutti i giorni. Non è casuale che il titolo del film faccia riferimento al piccolo uccello nidificatore – lo storno – che, come il dolore, arriva di punto in bianco nel giardino dei Maynard. Sempre metaforicamente, proprio come con il dramma in corso, Lilly fa inizialmente fatica ad arrendersi alla presenza dell’uccellino territoriale che poi, però, impara ad accettare serenamente.
Prima di arrivare a una nuova consapevolezza e al conseguente riadattamento ad aspetti della propria esistenza irrimediabilmente mutati, si rivela necessario un percorso psicoterapeutico. Quest’ultimo elemento narrativo è sicuramente una nota positiva per i personaggi stessi e i loro spettatori. Mostrare la normalità dell’affidarsi ad uno psicologo rispecchia non solo una necessità sempre più sentita nel XXI secolo ma – giustamente – la legittima.
A volte respingiamo le persone solo per vedere se tornano da noi.
ODI ET AMO
Moglie e marito affrontano, scontrandosi, la nuova realtà con atteggiamenti opposti che li portano ad allontanarsi anziché essere vicini e farsi forza a vicenda. Nel timore che le parole possano peggiorare il rapporto procurando ulteriore malessere, si rifugiano in una mancata comunicazione.
Jack si isola in una clinica psichiatrica nella speranza di risolvere i suoi problemi mentre Lilly, continuando a lavorare e a vivere nella loro casa, sembra non permettere al tempo di scorrerle addosso passivamente, almeno non all’apparenza. Una scelta attiva che vien fuori, in parte, anche come risultato della pressione sociale che, in una maniera o un’altra, non permette di concedersi il lusso di allontanarsi dal mondo a tempo indeterminato. Anche le ferite dell’anima vanno curate e risanate più velocemente di quanto richieda il loro naturale processo di guarigione. Sempre sulla scia della metafora, la fioritura dell’orto di Lilly va di pari passo con la sua ripresa personale.
I due incarnano, quindi, soprattutto in un primo momento, il famoso sottile confine fra odio e amore causando una sorta di eterna indecisione circa il da farsi. Dalla confusione iniziale viene delineata una breve analisi delle opportunità di cui anche la sofferenza, sorprendentemente, può farsi portatrice. Viene, non a caso, riscoperto come un male condiviso possa divenire un male minore e avvicinare le persone anche nel silenzio.
Dato il genere di cui si tratta i toni si fanno inevitabilmente cupi, ma non si ha mai un’ambientazione analogamente pesante. A tratti il tutto risulta forse anche troppo leggero. Le riprese, infatti, sono dominate da colori caldi dalle sfumature tenui che bilanciano un tema delicato e importante come quello della morte. Contribuiscono a ciò anche i fugaci momenti di ironia del personaggio della McCarthy, la quale ha ampiamente dimostrato di poter essere un’attrice indubbiamente versatile, anche con il suo recente ruolo nel telefilm Nine Perfect Strangers, rilasciato su Prime questa estate.
YES, BUT MAYBE…
La pecca maggiore che si riscontra in maniera lampante è lo svolgimento forzato della trama. Nel costante tentativo di strappare delle lacrime allo spettatore di una commedia drammatica degna di essere definita tale, si rischia di sortire soltanto l’effetto meno desiderato: ossia un rigido distacco dai fatti che porta facilmente a distrarsi. Distrazione che deriva anche da una lenta evoluzione degli eventi, i quali sono piuttosto sostituiti da un fare “avanti e indietro” che finisce col sospendere la dimensione temporale delle giornate che pur trascorrono, nonostante venga percepito esattamente il contrario.
Da qui l’impressione che tutto avrebbe potuto funzionare ed essere all’altezza delle aspettative se solo ci fosse stato qualche accorgimento in più. Sembra essere stata sottovalutata una buona occasione filmografica ma anche sprecato un cast certamente valido, a cui – oltre gli attori sopracitati – si uniscono anche Kevin Kline (da La Scelta Di Sophie) e Timothy Olyphant (al centro della serie tv Santa Clarita Diet insieme a Drew Barrymore).
A deludere le aspettative si aggiunge la riproduzione digitale dello storno palesemente finto che fa quasi “effetto cartone animato”. Un dettaglio che si sarebbe potuto curare meglio per un progetto, come questo, che era in lavorazione da diversi anni. Ciononostante l’inusuale personaggio con le piume porta – a modo suo – una certa azione che manca invece ai suoi colleghi bipedi implumi.
Verso la fine la situazione non ravviva eventuali speranze. Non c’è, cioè, margine di miglioramento perché regna la sensazione di essere ancora in attesa di uno sviluppo concreto, il quale arriva da un momento all’altro, quasi frettolosamente, adattando il finale alla piattezza che caratterizza i 104 minuti dall’inizio alla fine.
Tirando le somme non resta molto altro da dire se non che a salvare il film sono innegabilmente le doti attoriali coinvolte, per quanto in parte penalizzate, e la scelta di un ambiente autunnale che – incorniciando l’intero plot – crea un’atmosfera confortevole per quasi due piacevoli ore che non richiedono, tra l’altro, una particolare concentrazione per riuscire a seguire il racconto.
TITOLO ORIGINALE: The Starling REGIA: Theodore Melfi SCENEGGIATURA: Matt Harris INTERPRETI: Melissa McCarthy, Chris O’Dowd, Kevin Kline, Timothy Olyphant, Laura Harrier, Isla Fisher, Skyler Gisondo, David Diggs, Veronica Falcón, Kimberly Quinn, Scott MacArthur, Elisabeth Röhm DISTRIBUZIONE: Netflix DURATA: 104′ ORIGINE: USA, 2021 DATA DI USCITA: 24/09/2021 |