Se siete ancora sconvolti per la fine del Glee Club e per la seconda e ultima turnata di diplomati, Glee non sarà clemente con voi. La nostalgia è stata definitivamente archiviata e ora lo sguardo è puntato sul futuro e sul luogo in cui tutti i sogni si realizzano: New York. I bassi ascolti e il malcontento del popolo di internet devono aver fatto capire ai RIB che una serie contesa tra due luoghi e
due gruppi di personaggi non era più sostenibile e così gli autori sono saliti sul carro dei personaggi vincenti e hanno trasferito l’intero show nella Grande Mela. Addio McKinley, addio New Direction e addio alle matricole che abbiamo conosciuto nella scorsa stagione, lasciati, un po’ingiustamente, al loro destino.
Dai primi minuti dell’episodio capiamo che è stato fatto un bel salto temporale: i neodiplomati sono ormai più che ben ambientati nella loro nuova vita, pur con tutte le difficoltà che comporta vivere il sogno newyorchese. La grande città, con le sue infinite vie, i ritmi frenetici e il caos, può facilmente disorientare i nuovi arrivati. Così è successo a Sam e ad Artie. Sam si scontra con il difficile mondo della moda, fatto di luci, ma soprattutto di ombre e dopo aver sconfitto il magnetico richiamo del divano e aver trovato un po’di coraggio grazie all’aiuto di Blaine, si trova in poco tempo stipato in un mini appartamento con altri modelli che lo incoraggiano a comportamenti poco sani. Non particolarmente sveglio, ma da sempre dotato di sani principi, Sam decide subito di allontanarsi da quell’ambiente, pur continuando a seguire il suo sogno.
Particolarmente toccante è, invece, la storia di Artie, ancora una volta costretto a scontrarsi con la sua disabilità. Dopo essersi destreggiato con successo per i dedali della metropolitana newyorchese, viene scippato, ironicamente, da un ladro disabile. Pur non avendo subito violenze, il danno morale è enorme: privato dei suoi effetti personali, si sente più vulnerabile che mai. In suo aiuto accorre Rachel, ormai newyorchese DOC, che accompagna Artie nel suo ritorno in metro dopo il trauma risolvendo anche il suo problema. In questa puntata, infatti, vediamo Rachel combattere contro le tentazioni offerte dal suo status di star emergente. Dopo aver giustamente approfittato dei benefits derivati da mesi di duro lavoro, Rachel capisce che potrebbe perdere la sua autenticità a danno della sua personalità e della sua credibilità in quanto attrice.
Tra i nuovi arrivati l’unico che non sembra avere particolari problemi ad ambientarsi è Blaine che anzi è ben contento di poter condividere ogni singolo momento della sua giornata con il suo fidanzato che, invece, non sembra altrettanto entusiasta. Kurt si sente a dir poco soffocato dall’invadenza di Blaine e questo getta il seme della crisi tra i promessi sposi. Questa crisi, però, viene trattata e risolta in modo molto maturo ed è, per noi spettatori, un’occasione per avere uno sguardo più profondo su una delle coppie più amate del piccolo schermo.
Tra le varie novità dell’episodio vediamo il ritorno, apparentemente definitivo, di Mercedes. La giovane star canora ha deciso di abbandonare le luci di L.A. per riunirsi al suo vecchio gruppo anche se il suo ritorno non risulta assolutamente necessario allo show.
La banda è ormai (quasi) completamente riunita: non ci resta che aspettare e vedere se lo show ritroverà la ricetta perfetta che ha incantato milioni di fans.
- Una sola ambientazione e più possibilità di intrecciare le varie trame dei personaggi.
- Approfondimento sulle dinamiche della relazione tra Kurt e Blaine.
- Il modo in cui Rachel chiama il taxi.
- Il ritorno di Mercedes: piovuto dal nulla e assolutamente non necessario
Episodio piacevole, ma privo di momenti particolarmente emozionante, soprattutto se paragonato ai precedenti due episodi. Tuttavia, sembrano esserci buone basi per un miglior sviluppo futuro.
New Direction 5×13 | 2.68 millions – 1.1 ratings |
New New York 5×14 | 2.59 millions – 0.9 ratings |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.