House Of Cards 3×08 – Chapter 34TEMPO DI LETTURA 4 min

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Una puntata da molto fumo e poco arrosto questo Chapter 34 di House Of Cards, dove si cerca, invano, di creare tensione per questo fantomatico uragano in arrivo e soprattutto per la relativa decisione di Frank, mentre tutt’intorno a lui le prevedibili, e comunque non mostrate come tali, mosse dei personaggi, regalano un’immagine di un episodio che purtroppo dimenticheremo facilmente.
Frank Underwood si trova per la prima volta di fronte ad un ostacolo che non può superare tramite inganni, tecniche di persuasione, promesse e ricatti, ossia la forza incontrollabile della natura. Così la puntata si gioca tutta su questo suo rimandare all’ultimo la decisione di destinare i fondi così faticosamente (e illegalmente?) raccolti per AmericaWorks all’incombente emergenza. Definire questo tema della puntata fallimentare può sembrare eccessivo ma a ben guardare si capisce come, se c’erano degli obiettivi di tensione scenica, effetto sorpresa e coup de théâtre, questi non sono stati raggiunti.
A partire dalla scelta (a)morale di Frank: ok, sappiamo che in fondo è un egoista, arrivista e spietato menefreghista per tutto ciò che non riguarda la sua sete di potere ma è pur sempre un Capo di Stato; per cui era evidente fin dall’inizio (a maggior ragione nel clima di dissenso verso il suo operato che si sta formando non solo nelle sale di governo ma anche nell’opinione pubblica) che la scelta sarebbe ricaduta sul “fare la cosa giusta”. Certo, non per fare la cosa giusta in sé, ma per salvaguardare la propria posizione politica. È importante sottolineare però la scontatezza che l’uragano (casualmente creato ad hoc in tempo per bloccare AmWorks) non sarebbe arrivato o comunque non si sarebbe trasformato in tragedia. Era un modo come un altro per far naufragare il piano di Frank e soffiare, non certo come un uragano, sulla sua “Casa di carte” per spingerlo verso il finale in cui rivendica con forza la sua candidatura alle elezioni del 2016 allo scrittore del benedetto libro-propaganda di AmWorks. Libro che, come Thomas sembra intenzionato a scrivere ora diventerà semplicemente auto-celebrativo e propagandistico dell’homo faber fortunae suae, il self-made man partito dal nulla che ha costruito il successo sul duro lavoro. Il telefonatissimo ending a letto delle scenette tra Thomas e Kate (la corrispondente alla Casa Bianca del Telegraph) ci fa dubitare ancora di quale sarà effettivamente il ruolo dello scrittore in questa vicenda perché, certamente, non sono stati messi lì solo a fare da colonna sonora della puntata con le rispettive descrizioni “poetiche” del Presidente. Un espediente, questo, comunque che si è rivelato ben strutturato per delineare il dualismo tra la realtà e la finzione del mondo e del linguaggio politici che House of Cards ha per natura cercato di approfondire.
Altro punto debole dell’episodio è sicuramente la storyline Heather Dunbar-Jackie Sharpe. Una cosa che il pubblico di House Of Cards ha sicuramente apprezzato di questo show è che non si presta mai a svenevoli sentimentalismi o messaggi positivi, più o meno nascosti, di condotta morale o di valenza sociale (se si esclude forse la terza puntata di questa stagione – Pussy Riot). I personaggi piacciono nella loro cattiveria e anzi, proprio perché sono “cattivi”. Così, per quanto si faccia riferimento all’istinto naturale della maternità femminile, vedere Jackie Sharpe farsi abbindolare dalla Dunbar con la storia del desiderio di protezione dei figli desta un certo stupore. Curiosamente questo escamotage, per far rendere conto a Frank che non può fidarsi di lei, viene usato quando a concorrere per la Casa Bianca sono due donne, da cui ci si aspetta più facilmente una predisposizione a “sciogliersi” per questo genere di cose mentre difficilmente il discorso della Dunbar avrebbe fatto breccia nel cuore di un uomo, almeno nel nostro immaginario.
Si staglia in mezzo a queste scelte poco indovinate la storyline di Doug che si fa portavoce del “impara l’arte e mettila da parte“, nello specifico l’arte del complotto e delle macchinazioni, dopo due stagioni al fianco del maestro Underwood. Inizia a essere davvero interessante il “discorso” di Doug che forse, sia per l’imperscrutabilità del volto che per l’estraneità dallo spettatore, riesce a rendersi più enigmatico di Frank, di cui sappiamo sempre, o perché le ha spiegate a qualcuno dei suoi o perché le ha spiegate a noi nell’ormai celebre rottura della quarta parete, le prossime mosse e spesso persino le rispettive motivazioni. Quella che si presentava come una storyline parallela e minoritaria rispetto alla principale, quella di Underwood, potrebbe invece avere dei risvolti notevoli anche in relazione a quest’ultima nelle puntate successive.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • La storyline di Doug
  • Accorgimenti scenico-narrativi ben strutturati
  • Gioco della tensione forzato e deludente
  • Vicende dall’esito scontato

 

Una puntata stranamente non nelle corde dello show che è in grado di fare molto meglio di così, come ampiamente dimostrato anche in questa stagione, ma il cui potenziale qui emerge solo nella storyline, tra l’altro secondaria, almeno finora, di Doug.

 

Chapter 33 3×07 ND milioni – ND rating
Chapter 34 3×08 ND milioni – ND rating

 

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