Disney+ sta certamente sperimentando con le nuove serie Marvel Studios, ora tornate sotto la vecchia etichetta di Marvel Television, cercando di trovare la formula giusta sia per quanto riguarda i concept dei nuovi show targati MCU per popolare la propria piattaforma di streaming, ma anche per quanto concerne la release. Infatti, la strategia distributiva dei sei episodi di Ironheart ricorda più un modus operandi alla Netflix, suddividendo l’intera stagione in due parti, da far uscire a breve distanza l’una dall’altra.
Un modo per condensare un prodotto che probabilmente avrebbe sofferto di un grosso calo di interesse, dato il poco appeal della protagonista, con un rilascio settimanale. Almeno si è scelto un punto interessante per “spezzare” la serie, con “We in Danger, Girl“. Questo terzo episodio è infatti il migliore di questa prima metà di stagione, e riesce anche a creare qualche aspettativa nei confronti degli spettatori che si sono prestati alla visione di Ironheart senza alcuna minima aspettativa, e che sono riusciti a resistere per tre episodi che hanno sofferto molto il poco interesse del pubblico nei confronti di Riri Williams.
TOCCARE IL FONDO
È quello che fa Riri Williams. Il piccolo genio dell’MIT presentato nel polarizzante Black Panther: Wakanda Forever è ormai un personaggio lontanissimo da quello che risulta essere al termine di questo terzo episodio. Eppure non sono così tante le apparizioni di Dominique Thorne all’interno del Marvel Cinematic Universe, motivo per cui l’interesse per una serie su Ironheart era ai minimi storici. Riri è disposta a tutto pur di sviluppare le sue idee e ottimizzare la sua tecnologia, ma proprio a tutto. Ormai è pianta stabile del gruppo di ladruncoli, simil-Robin Hood, che a proposito di Hood sono guidati dal personaggio più carismatico dell’intero show.
La più piccola vena d’orgoglio in Riri nel fare la cosa giusta diventerà infatti la causa scatenante del disastro più totale, che scaraventerà nel baratro morale più profondo la novella Tony Stark di Chicago, e nell’oscurità più totale – sotto ogni punto di vista – l’affascinante villain Parker Robbins, interpretato da Anthony Ramos. L’azione è stata la componente che più ha latitato in questa prima parte di stagione, comprensibilmente dato il costo di prodotti del genere; ma “We in Danger, Girl” è proprio lì a ricordare che se Ironheart ha qualche speranza di risultare un prodotto sufficiente deve spingere sull’acceleratore.
PADRI COMPLICATI
Il tema dell’episodio è tuttavia il rapporto padre-figlio. Vi è infatti un excursus doveroso nel passato di Riri che va finalmente a rivelare i dettagli dietro la scomparsa di Natalie, la perdita di suo padre, e che si riallaccia anche al percorso che sta compiendo il personaggio di Joe McGillicuddy. Non è un caso che infatti il miglior episodio dei tre finora (di gran lunga) si dedichi particolarmente a scavare nei rapporti umani, approfondendo il passato di Riri per farla conoscere meglio al pubblico. Si deve sempre ricordare che la protagonista della serie è stata lanciata senza grosse presentazioni nel sequel di Black Panther, per poi essere catapultata in una serie solista in cui finora ancora latitavano informazioni chiave sulla sua storia.
Non che un personaggio richieda necessariamente l’origin story, in quanto quel paradigma narrativo fortunatamente è stato abbandonato da circa vent’anni di storia del cinema supereroistico, però occorre comunque generare un certo meccanismo di empatia tra il pubblico e la protagonista di una serie, che non può sbocciare se la protagonista è sostanzialmente una sconosciuta. Si spezza una lancia anche in favore di Alden Ehrenreich, che dopo la sua performance come Ian Solo ha avuto ben poche chance di mostrarsi al grande pubblico. Il suo Joe, che in realtà è addirittura il figlio di Obadiah Stane (qui bisogna risalire agli albori dell’MCU), Ezekiel Stane, risulta tra i migliori dello show, grazie alla sua ironia e alla caratterizzazione non convenzionale, legata ad un rapporto odi et amo verso il padre, e conseguentemente verso le armature tanto care a Tony Stark e Riri Williams.
I SEGRETI SOTTO AL MANTELLO
Senza dubbio l’aspetto più interessante, e che maggiormente stuzzica la curiosità dello spettatore è quello relativo al personaggio di The Hood. Sin dal pilot i suoi inquietanti tatuaggi, uniti a commenti sempre più misteriosi stanno legando – in maniera intelligente – il mondo della scienza, della tecnologia, di cui Riri Williams fa parte, alla sfera dell’occulto, del sovrannaturale, a cui sembra essere legato in qualche modo Parker Robbins, con i suoi tatuaggi che sembrano respirare, e un mantello dalla composizione indecifrabile, che emana energia in continuazione.
Sicuramente l’epilogo dell’episodio segnerà per sempre il personaggio di Anthony Ramos, con Riri che ha segretamente tradito l’intero gruppo, alla ricerca solitaria di notizie nei confronti di Parker che, per quanto possa essere una figura negativa, aveva sempre avuto una buona predisposizione verso la protagonista. Non solo, perché Riri si è anche macchiata del mancato salvataggio di John, il braccio destro di Parker, che gli guardava le spalle e sembrava riuscire a tenere a bada i suoi istinti più oscuri. In tal senso funziona benissimo la sequenza finale, con il sovrannaturale all’opera nel cercare di manipolare The Hood attraverso gli ultimi istanti di vita di John, prima di veder apparire un’ombra terrificante. Un buon modo di spezzare la serie in attesa degli ultimi tre episodi.
| THUMBS UP 👍 | THUMBS DOWN 👎 |
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Un motore diesel questa prima parte di stagione di Ironheart, che potrebbe tuttavia ingolfarsi subito alla ripartenza, o magari potrebbe rivelarsi quanto meno un’inaspettata piacevole sorpresa. Non che qualcuno avesse aspettative sulla serie dedicata ad un personaggio così marginale come Riri Williams, però la mano di Ryan Coogler, l’ambientazione in un’inedita Chicago per il mondo Marvel, e i segreti dietro The Hood potrebbero riuscire a migliorare ciò che uno scarso appeal della protagonista e un ritmo insufficiente stavano per affossare dopo i primi due episodi.
