La strada percorsa dalla produzione e dal cast di Ironheart per arrivare a questa agognatissima uscita non è stata affatto pianeggiante. Anzi, è probabilmente una delle produzioni Marvel più travagliate degli ultimi anni. Stiamo parlando dell’ultima serie messa in cantiere durante l’era Bob Chapek, l’ex CEO di Disney passato alla storia per la sua strategia “quantity over quality”, ovvero: riempiamo Disney+ di contenuti, poco importa se abbiano una ragion d’essere o una qualità minima garantita.
Non è un caso se molte delle produzioni nate sotto la sua gestione siano state accolte con freddezza o scherno: basti pensare al naufragio di The Marvels o all’imbarazzante Captain America: Brave New World, che ancora prima di uscire generava più dubbi che hype. In questo contesto di incertezza e saturazione, Ironheart ha finito per diventare una sorta di simbolo del caos gestionale targato Marvel Studios, soprattutto nel ramo televisivo.
PROBLEMATICHE PREGRESSE E NECESSITÀ
A complicare ulteriormente il quadro, ci sono altri fattori non secondari. La showrunner Chinaka Hodge è alla sua prima esperienza in un ruolo così delicato e centrale. E le riprese della serie sono avvenute nella seconda metà del 2022: troppo tardi per correggere il tiro una volta che il vento è girato, e i flop hanno cominciato ad accumularsi. Se poi aggiungiamo che Riri Williams — interpretata da Dominique Thorne — non è ancora riuscita a conquistare davvero il pubblico, il quadro si fa ancora più fragile.
Tutto questo per dire che “Take Me Home”, pur non essendo un disastro, nasce già con una zavorra considerevole. L’episodio svolge onestamente il suo compito: introduce il background della protagonista, cerca di restituirle un minimo di umanità e di profondità dopo la sua fugace comparsa in Black Panther: Wakanda Forever, e presenta (in modo molto abbozzato) quello che sarà il principale antagonista della stagione, The Hood, interpretato da un Anthony Ramos ancora troppo acerbo per essere valutato davvero.
Il problema è che, al netto di tutto ciò, “Take Me Home” non sembra voler ambire a nulla di più che essere “guardabile”. Il pilot si lascia seguire, certo, ma manca completamente abbastanza di mordente. A rendere il tutto ancora più debole è una scelta narrativa che grida “errore di scrittura” fin dalle prime battute: l’inserimento di un’Intelligenza Artificiale con le sembianze della defunta migliore amica di Riri. Una trovata forzata, disturbante e fuori tempo massimo, che sembra arrivare dritta dal 2005. Nessuno pretende realismo estremo da una serie Marvel, ma questa scelta narrativa richiederebbe una giustificazione forte che al momento è completamente assente.
UNA PROGRAMMAZIONE CURIOSA
Infine, c’è il tema della struttura: nonostante i 50 minuti, il ritmo di questo primo episodio non decolla mai davvero. The Hood, potenziale grande villain, viene appena sfiorato, mentre diversi personaggi secondari (il gruppo di The Hood, la madre di Riri, così come le amiche della madre di Riri) occupano più spazio del necessario, senza aggiungere molto alla narrazione. Una scelta discutibile, soprattutto per un pilota che dovrebbe catturare l’attenzione e non disperderla.
Che Disney+ abbia deciso di rilasciare tutti e sei gli episodi nel giro di due settimane non è un dettaglio da trascurare: è una chiara strategia per “bruciare” la serie prima che la concorrenza (leggasi Squid Game o The Bear) la schiacci completamente. Un segnale evidente della poca fiducia nella tenuta di Ironheart sul lungo periodo o, in altro modo, un modo per levare il dente e levare il dolore. Forse.
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Alla fine, “Take Me Home” non è un disastro, ma nemmeno un inizio convincente. È una sufficienza stiracchiata, che poggia su premesse fragili e scelte narrative poco ispirate. Il rischio, ora, è che la serie finisca per diventare l’ennesima occasione sprecata del post-Endgame.
