Particolarità di Orange Is The New Black, fin dalla sua prima messa in onda (che, nel caso Netflix, vuol dire tutta una stagione, a esser pignoli), è ovviamente il suo puntare la lente d’ingrandimento su ogni detenuta del Litchfield, pur partendo comunque dalla vicenda personale della protagonista Piper. Questo connubio tra individualità e collettività è diventato, così facendo, indubbiamente il suo marchio distintivo, sia dal punto di vista prettamente narrativo quindi, sia da quello linguistico e tecnico, vedi il flashback per ogni personaggio ad episodio. Per quanto gli scontri e rapporti tra le detenute, infatti, possono essere tanto frequenti quanto burrascosi, qualificandosi come rivalità territoriali, razziali o sessuali, nel profondo rimangono tutte unite dalla medesima situazione, ed ognuna si porta dietro un passato altrettanto tragico e turbolento (se così non fosse, dopotutto, non sarebbero lì). Ma le dinamiche condivise non finiscono affatto qui, come “Finger In The Dyke” si preme di mettere in scena. Oltre le quattro mura delle prigione c’è un mondo che continua ad andare avanti, nonostante tutto, così come, di conseguenza, le loro rispettive famiglie, gli amici e gli amanti.
Se tale senso di completa alienazione l’abbiamo vissuto, in maniera maggiore e più approfondita almeno, principalmente con Piper, da sola nella prima stagione, e con Alex, il processo della seconda, in questo episodio, a piccole dosi, ci viene presentato in differenti sfaccettature e attraverso maggiori punti di vista. L’escamotage narrativo è, ovviamente, quello delle visite, usato sì spesso per l’approfondimento dei personaggi, o semplicemente per far avanzare la trama, ma mai come questa si rivela utile per raffigurare la condizione di estraneità che le detenute sono costrette a vivere rispetto a chi si trova “al di fuori”. Se il momento della visita altri non è che un’evasione tanto desiderata quanto flebile e fugace per loro, per quelli che si trovano dalla parte opposta del tavolo, invece, è quasi una costrizione, un fastidio, per mettere a posto la propria coscienza, anzi non vedendo l’ora che finisca. La più palese ed esplicita è quella di Soso, personaggio totalmente stravolto dalla sua entrata nella scorsa stagione, che rigurgita sulla ex-compagna di battaglie di protesta tutta la sua frustrazione in merito ai loro idealistici pensieri sulla realtà della prigione (con l’amica che le rinfaccia il tempo perso per venirla a trovare). Insoddisfazione diversa, più simile ad un sentimento d’impotenza, per Gloria, che per forza di cose non riesce a tener sotto controllo l’educazione del figlio scapestrato. Dulcis in fundo il surreale, spassoso e, soprattutto, liberatorio incontro di Piper con la sua famiglia, di stampo puritano e borghese, il quale allo stesso tempo, oltre a racchiudere un po’ tutti i discorsi già affrontati, evidenzia la crescita della protagonista concretizzatasi fino a questo punto.
Altro aspetto che si evince dalla visione di “Finger In The Dyke”, in netta contrapposizione al rigetto verso il mondo esterno, come detto, è il senso di comunità che unisce, anche a loro stessa insaputa, le detenute. In questo episodio sono innumerevoli non tanto le iterazioni stesse, all’ordine del giorno dopotutto, quanto i momenti forti e intensi che ne scaturiscono. Ne è la prova, per esempio, il cambio di registro che si consuma dalla stessa opening, perlopiù comica, dedicata a Suzanne che sveglia tutto il dormitorio con i suoi deliri notturni su Vee, leitmotiv delle restanti scene corali dedicate al gruppo “di colore”, che finisce col culminare, però, nella struggente, quanto inespressa finora e perciò attesa, presa di coscienza di Tasha e Suzanne sulla morte della stessa donna che ha segnato così fortemente le loro vite. Stessa cosa dicasi per la componente “ispanica” del nutrito cast, con il dialogo tra Dayanara e Gloria fuori dalla cucina, significativo in maniera quasi spiazzante, dove vediamo la seconda fare leva sul proprio istinto materno nell’aiutare qualcuno che ne può usufruire sul serio.
L’avvicinamento, però, che stupisce forse più di tutti è quello che si registra tra Boo e Pennsatucky, costruito in principio di stagione con lo stupendo (e surreale) dialogo sugli aborti di Doggett. Giusto per non farsi mancare gli argomenti scomodi, la strana coppia punta stavolta sul bigottismo e l’arretratezza di certe fasce religiose estreme, funzionando poi come punto d’avvio per il flashback della puntata. La storia della fu Carrie è quanto di più inaspettato potessimo pensare del personaggio, nel suo essere perfetto ritratto dell’inadeguatezza sociale e della lotta per essere accettati e, insieme, accettarsi. Lo scontro interno dettato dall’oppressione genitoriale non è di certo dei più originali, ma lo stile della serie al solito risulta efficace per l’approccio diretto e privo d’alcun filtro con cui affronta la questione. Curioso a questo punto il sostegno che Boo trova proprio in Pennsatucky. altro personaggio cresciuto in modo abissale rispetto a quello che organizzava vili agguati a Piper o insultava pesantemente le ragazze omosessuali della prigione.
Accettazione di sé che si ripercuote anche nella storyline “principale” della stessa Piper, e nella svolta interna alla sua relazione con Alex, identificata ormai ufficialmente come la sua ragazza. Il dualismo individuo/collettivo che ritorna, insomma, anche dal punto di vista pragmaticamente televisivo, per via della pratica degli autori di intrecciare sottotrame parallele e a sé stanti, che all’apparenza procedono quasi da soli, con la macro-trama principale, proprio nei momenti più inaspettati. Basta pensare a Dayanara, in preda allo sconforto per l’assenza di Bennett, che interrompe senza preavviso la “visita”, stavolta esclusivamente burocratica, dei potenziali acquisitori esterni. Allo stesso modo, la comica Crazy Eyes che rischia di incrociare Caputo e la sua “compagnia”, che finisce per provocare il confronto con Tasha. Non resta, quindi, che aspettare il climax di quella di Healey e del suo affair con Red, del tutto a senso unico, il quale, visti i precedenti riportati, non mancherà di certo di avere le sue macro-conseguenze.
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Empathy Is A Boner Killer 3×03 | ND milioni – ND rating |
Finger In The Dyke 3×04 | ND milioni – ND rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.