“You lock a dog in a cage all day, then you let it out and it bites you, do you blame the dog?”
Se “Who Knows Better Than I” aveva il compito di riportare lo spettatore al centro degli eventi che avevano sconvolto Litchfield al termine della passata stagione, riprendendo la narrazione esattamente da dove ci eravamo lasciati, “Shitstorm Coming” procede – seppur lentamente – in avanti, concentrandosi invece sulle conseguenze della rivolta – lo shitstorm da cui il titolo trae spunto – sia per le riot girls, sia per coloro che un tempo lavoravano nel carcere prima che Piscatella e colleghi assumessero il comando.
L’episodio in sé non brilla per originalità e divertimento, gran parte delle gag comiche non risultano ben amalgamate col contesto evidentemente drammatico entro cui le ragazze di Litchfield sono costrette a muoversi in questa sesta stagione, risultando a volte del tutto fuori luogo o, come nel caso della guardia carceraria in vena di pop corn, completamente senza senso. La faida tra Gloria a Maria, oltre che essere l’unica storyline realmente in continuità rispetto al precedente episodio, porta ad un risultato abbastanza scontato (l’alleanza con Blanca per scaricare la colpa sulla Ruiz) per di più ottenuto sfruttando il già menzionato ritardo mentale associato alle guardie di pressoché ogni penitenziario presente sul suolo americano. Quantomeno stando alla serie.
Questa volta gli autori decidono di tornare sul classico, proponendo il consueto flashback su una delle protagoniste, Cindy e la sua gravidanza inaspettata ai tempi del college, allo scopo di rivelare qualcosa in più sulla psiche del character. Se però in molte altre occasioni il flashback risultava “collegato” agli eventi del presente da una sorta di morale, in questo caso l’argomento risulta, almeno a prima vista, abbastanza lontano dall’attuale situazione di Cindy. Infatti, fatta eccezione per il fatto di sentirsi in trappola e di dover essere costretta a mentire per nascondere la verità ad un’altra persona, la consonanza, ma soprattutto la coerenza, di questo salto temporale rispetto alla trama di puntata risulta quantomeno debole.
Restando in tema di debolezza – come precisato da noi più volte in passato – Piper si conferma il personaggio più fragile dal punto di vista narrativo, elemento che denota ulteriormente una sempre più crescente coralità della serie, oramai lontana dalla connotazione classica protagonista-personaggi di contorno a cui la serie aveva abituati nei suoi primi anni di programmazione.
Discorso diverso può essere fatto invece per gli ex dipendenti di Litchfield, al centro di storyline più “leggere” utilizzate alla perfezione dagli autori per spezzare la tensione creata dai segmenti narrativi interni al carcere. Torna l’accoppiata Caputo-Fig, friends with benefits quantomeno insoliti, alle prese col solito rapporto di amore e odio (molto più odio che amore) e con la promozione della donna a direttrice del carcere di massima sicurezza, nonostante i suoi torbidi trascorsi con la gestione delle finanze della struttura; ma soprattutto tornano Donuts e Pennsatucky, la cui fuga d’amore viene disturbata dal terzo incomodo Dixon (grazie Imdb per aver impedito al recensore di scrivere “quello ciccione con la barba e la maglia a righe”). La coppia più improbabile di sempre esce allo scoperto grazie a Temple Run e ad una batteria scarica, una svolta narrativa perfettamente in linea con i due personaggi e che apre la strada a sviluppi interessanti che si spera si manifestino presto.
Nel complesso si tratta di un classico “secondo episodio”, ancora molto introduttivo, ma in grado di mettere delle buone basi in vista delle puntate successive. I ritmi sono ancora bassi ma, giunti al classico punto di non ritorno per molti personaggi, è soltanto questione di tempo prima che la storia cominci ad entrare nel vivo.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Who Knows Better Than I 6×01 | ND milioni – ND rating |
Shitstorm Coming 6×02 | ND milioni – ND rating |
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.