A Murder At The End Of The World 1×07 – Chapter 7: RetreatTEMPO DI LETTURA 4 min

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A Murder At The End Of The World 1x07 Recensione“I didn’t save Bill. But maybe I saved a piece of him from the things Bill was most afraid of. The things that kept him up at night. Bill always said that the serial killer didn’t matter. The killer was boring, predictable. What matters is the terrifying culture that keeps producing them. The invisible sickness between the lines. A sickness now animated in algorithms that animate all of us.
If nothing else, I’ve said what he wanted said. I wrote his ending. He didn’t disappear without voice or name into the night. His story is complete. And people will remember his name: Bill Farrah”.

Il colpevole è il maggiordomo. Questa frase rappresenta uno dei cliché più noti quando si parla di polizieschi, misteri e omicidi da risolvere. L’origine dell’espressione si riconduce all’inizio del Novecento, quando in Inghilterra fiorì un genere letterario che trovava la sua ambientazione preferita nelle case nobiliari. Molto spesso, i racconti identificavano il maggiordomo come l’assassino che veniva incastrato dall’investigatore di turno.
Circa un secolo dopo, il canale via cavo FX ha trasmesso il finale della miniserie A Murder At The End Of The World. Al posto delle vecchie tenute aristocratiche, le vicende si sono svolte in un albergo esclusivo costruito da un magnate dell’informatica. Nel solco della tradizione, anche in questo caso ci sono stati degli omicidi e il colpevole è il maggiordomo. L’unica differenza è che questo maggiordomo è Ray, ossia l’intelligenza artificiale progettata da Andy Ronson.

IL MAGGIORDOMO


Sin dall’arrivo degli ospiti all’interno dell’hotel in Islanda, la figura di Ray ha rappresentato una presenza costante che ha accompagnato i personaggi nelle varie fasi del loro soggiorno ai confini del mondo. All’apparenza, la sua funzione era piacevole ed esclusivamente di supporto.
Gli indizi sulla sua potenziale colpevolezza sono divenuti progressivamente sempre più schiaccianti, fino a giungere all’inevitabile epilogo. Ad esempio, nel corso della quinta puntata, l’infermiera che cura Sian racconta a Darby che l’assassino di Rohan doveva avere accesso al pacemaker e al dispositivo che lo controllava.
L’elemento meno atteso, invece, riguarda l’involontaria complicità di Zoomer. Bill è stato infatti ucciso con un’iniezione, ossia qualcosa che Ray non poteva fare, data la sua natura di entità virtuale. In quel caso, dunque, il maggiordomo ha celato il suo intento omicidio dietro uno dei giochi a realtà aumentata preferiti dal figlio di Andy e Lee. Credendosi un medico, il bambino ha somministrato a Bill una dose fatale.

CHI È IL VILLAIN?


Ray è stata la mente dietro al duplice omicidio, mentre Zoomer è stato il braccio che ha messo in atto – senza rendersene conto – uno dei due assassinii. L’aspetto più interessante dell’intera vicenda, tuttavia, riguarda il movente. Cosa spinge un’entità astratta a identificare due persone come soggetti da uccidere?
L’elemento caratterizzante dell’intelligenza artificiale è quella di apprendere e migliorare costantemente grazie agli input che riceve dall’esterno. In questo caso, le sedute di terapia in cui Andy confessa i suoi pensieri più oscuri hanno fornito il seguente input a Ray: Bill e Rohan sono una minaccia per Andy (il creatore di Ray) e per questo motivo devono essere eliminati.
Andy può essere considerato colpevole perché ha espresso ad alta voce un desiderio che non ha poi messo in pratica? Dal punto di vista legale non può considerarsi colpevole. Eppure Andy non è neanche innocente. In primo luogo, la tecnologia è stata creata da lui e la decisione di parlare con Ray di Bill – senza considerare la funzione di apprendimento – è una grande svista per un genio dell’informatica.
Inoltre, Andy si è rivelato essere un padre ossessivo e un marito violento, un uomo con ben pochi scrupoli che si approccia a problemi globali col pensiero di creare un sistema per salvare soltanto lui e la sua ristrettissima cerchia. In altre parole, Andy Ronson è il villain di questo show pur non avendo pianificato o compiuto nessun omicidio.

IL MISTERO NON È IL FOCUS


Nella fase iniziale dello show, l’elemento del mistero e degli omicidi da risolvere sembrava essere preponderante rispetto alle altre storyline. Col passare degli episodi, le indagini e la ricerca del colpevole hanno assunto un ruolo più marginale. In sintesi, A Murder At The End Of The World non è una serie che parla di omicidi da risolvere.
Le sette puntate della miniserie contengono molteplici omicidi, ma non rappresentano il focus principale. In ultima istanza, questo è uno show che punta a raccontare dell’amore tragico tra due giovani tormentati, Bill e Darby. Gli omicidi sono soltanto un mezzo. Inizialmente, sono stati gli omicidi di un serial killer a farli conoscere e a causare poi la rottura del loro rapporto. In Islanda, l’omicidio di Bill ha segnato la conclusione di una storia che non poteva avere un lieto fine. 
Darby aveva iniziato le sue indagini sulle donne scomparse al fine di garantire giustizia a vittime che erano state ignorate e dimenticate. Di conseguenza, non sorprende che l’epilogo delle sue vicende si ricolleghi a tutto ciò, aiutando Lee e Zoomer a scappare dalla violenza e dall’oppressione di Andy per ricostruirsi una vita serena e sicura.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Il coinvolgimento di Zoomer
  • La demolizione del castello di bugie di Andy
  • Il piano degli amici di Lee per salvare lei e Zoomer da Andy
  • La chiusura del cerchio di Darby
  • Conclusione abbastanza anti-climatica
  • La colpevolezza di Ray poteva essere ipotizzata già da qualche episodio fa

 

Un finale assolutamente sufficiente per uno show che, tuttavia, era partito con delle aspettative maggiori.

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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.

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