Billions 6×05 – Rock Of EyeTEMPO DI LETTURA 5 min

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Recensione Billions 6x05Prosegue l’avventura del miliardario dal cuore d’oro Mike Prince e del nemico numero uno di tutti i miliardari impenitenti di questo pianeta Chuck Rhoades.
Siamo già arrivati al quinto capitolo di questa nuova era post-Axelrod e oramai sembra chiara l’intenzione degli autori di rovesciare completamente il paradigma offrendo una visione diametralmente opposta del mondo della finanza, visto stavolta attraverso gli occhi di uno dei “buoni”.
E, allo stesso modo, sembra vi sia l’intenzione di applicare lo stesso tipo di rovesciamento anche dal punto di vista della famiglia, decisamente più unita rispetto a quella di Axe (non ci voleva granché in realtà) che, senza il benché minimo dubbio, rappresenta ancora oggi il fallimento più cocente collezionato dal miliardario più famoso del Canton Ticino. Punto facile, quindi, portato a casa dal nuovo protagonista, che ancora una volta mette in mostra il lato più umano dello squalo della finanza, forse per la prima volta in un modo realmente in grado di convincere lo spettatore della buona fede delle sue azioni: attraverso gli occhi fieri di un padre.

THE FAMILY MAN


In questo quinto episodio, Billions si occupa principalmente di mostrare allo spettatore le continue battaglie di Prince per mettere finalmente insieme il perfetto Comitato Olimpico. Kate è l’ultima arrivata e immediatamente esercita un forte impatto sulla squadra di Prince, mettendo subito in mostra le sue qualità.
La battaglia a colpi di assunzioni di giovani enfant prodige, però, non termina qui, e quindi ecco arrivare Philip, nipote del secondo in comando Scooter, fortemente in disaccordo con la sua decisione di unirsi al progetto, corteggiato da Prince per il suo straordinario curriculum e le sue inequivocabili doti di oratore ma non esattamente adorato dai colleghi, che da una parte lo vedono soltanto come l’ennesimo arrivista e dall’altra si sentono intimoriti dalla sua intraprendenza.
I guai della famiglia di Prince, intanto, influenzano direttamente il suo più grande progetto: quello di portare i Giochi Olimpici del 2028 a New York. La notizia che una delle figlie di Prince, Gail, ha insultato il governatore Bob Sweeney, raggiunge le orecchie di Chuck, che quindi non può fare a meno di gongolare in attesa che il destino faccia il suo corso.
La fortuna, però, sembra aver temporaneamente abbandonato Chuck. O meglio, la fortuna sembra accompagnare chiunque tranne lui. E quindi, dopo una serie di trattative durante una cena d’emergenza in famiglia, Gail accetta inaspettatamente di scusarsi con il governatore Sweeney, salvo poi essere fermata proprio dal padre in nome degli insegnamenti da lui stesso impartiti alla figlia. Naturalmente non ci vuole molto, giusto qualche miliardo e l’influenza necessaria per dare il nome a uno stadio, ed ecco che la soluzione alternativa in grado di far contenti tutti e preservare la dignità della figlia si trova subito. D’altronde lo ha detto lo stesso Prince ad inizio episodio: “money makes the rules“. E come dargli torto.
Questo particolare segmento narrativo, focalizzato sul Mike Prince figura paterna, porterebbe ulteriormente a pensare che le intenzioni dell’uomo siano effettivamente quelle di andare contro il classico stereotipo del miliardario avido e bastardo pronto a passare sopra chiunque pur di massimizzare il suo profitto, allontanando per un attimo lo spettro del passato oscuro di Prince. Anche se comunque intitolare uno stadio ad un governatore per evitare che la figlia chieda scusa per averlo insultato non è che sia un’azione che gronda di integrità. Oh, meglio che niente.

THE NO FAMILY MAN


A discapito di un cambiamento fisico radicale avvenuto nel giro di pochi giorni (almeno stando alla narrazione) che in qualche modo aveva destabilizzato lo spettatore, questa sesta stagione sembra avere in serbo per il personaggio di Chuck Rhoades un trattamento particolare. Nel corso di questi primi episodi il personaggio sembra essere diventato più maturo. Anzi, a voler essere precisi, ad essere maturato è l’arco narrativo che lo vede come protagonista, costruito attorno a questo uomo nuovo, al servizio del popolo, privato della sua nemesi e quindi costretto a dichiarare guerra alla classe dei billionairs in toto.
Tra irritanti pareggi e continui fallimenti, la figura autorevole e spietata delle prime stagioni ha lasciato spazio a questo nuovo Chuck, molto meno “amico delle guardie” e molto più “amico dei proletari”, e per questo molto più incline ad attirare le simpatie dello spettatore. Senza contare la magistrale interpretazione di Giamatti, particolarmente in contatto con il suo personaggio e come sempre presenza fondamentale per tenere alto l’interesse di chi sta guardando.
In questa particolare occasione, complice anche la piccola parentesi “familiare” conclusasi in un inaspettato lieto fine per Chuck – non succede quasi mai – e la sconfitta abbastanza pesante per mano della sua oramai futura collega Daevisha Mahar, la pena per il character continua a maturare negli occhi di chi guarda, rendendolo ormai un docile agnellino se comparato al mastino Chuck Rhoades delle prime stagioni. Un cambiamento molto strano, soprattutto considerato che la quasi totalità del fascino del personaggio stava proprio in questa ambiguità morale in stile Peacemaker, che mette in primo piano il fine ultimo non curandosi troppo dei mezzi utilizzati per raggiungerlo. Una scelta forse motivata dalla necessità di dover offrire un contraltare alla già menzionata umanità del miliardario. Chi lo sa.
Poco importa comunque. Finché la serie mantiene questo andazzo si può concedere il beneficio del dubbio.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Nuove assunzioni. Dopo Kate arriva anche Philip, nipote di Scooter
  • Ma anche Daevisha “Dave” Mahar dalla parte di Chuck
  • Il personaggio di Giamatti al centro di una narrazione più matura
  • Corey Stoll riesce a tenere bene con il suo Mike Prince nonostante sia l’esatto opposto del Bobby Axelrod di Damian Lewis
  • La sottotrama vegana
  • Kate personaggio molto più interessante dopo il cambio di schieramento
  • Dialoghi talvolta troppo ricchi di tecnicismi
  • La trama di coppia Chuck-Wendy ormai manca di mordente
  • E non parliamo della sottotrama del guru
  • Il cambio di prospettiva da protagonista senza scrupoli a protagonista buono e pacioccone è ancora un po’ straniante per chi guarda

 

Un quinto episodio che serve ad introdurre nuovi volti e a mescolare un po’ le carte in tavola. Piccoli passi in avanti vengono compiuti, ma la struttura dell’episodio resta comunque quella di filler/episodio di raccordo. Struttura a cui la serie ha abituato il suo pubblico fin dagli inizi ma che, se confezionata nel modo giusto, può comunque regalare cinquanta minuti di piacevole svago settimanale. Unico scoglio, puntata un po’ difficile da comprendere – soprattutto se guardata in lingua originale – per i non avvezzi al lessico finanziario.

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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