L’ultimo atto di Billions, “Admirals Fund”, culmine di sette stagioni di intrighi finanziari, macchinazioni, doppi giochi e tradimenti, cerca di tessere insieme le varie trame dei personaggi, mostrando però scelte narrative che sollevano ben più di un interrogativo sulla coesione dell’opera nel suo complesso. La struttura dell’episodio, con una rapida successione di epiloghi delle sottotrame, si mostra innanzitutto come un tentativo forse un po’ troppo affrettato di chiudere rapidamente le storie dei vari personaggi, con la conseguente percezione di aver assistito a una narrazione affrettata, sminuendo così l’impatto emotivo di alcuni addii.
Nel complesso ci si trova davanti a un finale di serie coerente con quello che è stato il cammino della serie negli ultimi anni di messa in onda ma, d’altro canto, è impossibile negare come la decisione di optare per il più classico degli happy ending sia una parziale delusione per i fan di lunga data della serie e dell’universo narrativo ricolmo di cinismo che oramai sembra essere soltanto un lontano miraggio.
E VISSERO TUTTI FELICI E CONTENTI…
La decisione di adottare un lieto fine, con Chuck Rhoades e Bobby Axelrod uniti contro il comune nemico Mike Prince, sebbene coerente, si configura certamente come una scelta narrativa facile, prevedibile e forse eccessivamente ottimistica per l’universo narrativo di Billions. La totale dimenticanza delle reciproche ingiurie e degli intrighi passati tra Chuck e Axe (ma anche tra molti altri dei personaggi in scena) appare innanzitutto come un’omissione della complessità dei loro rapporti, specialmente in funzione della mancanza di memoria a breve termine dei personaggi mostrata nelle ultime stagioni. Questo repentino cambio di alleanze risulta quindi eccessivamente conveniente, mettendo da parte le profonde rivalità passate a favore di una soluzione più armoniosa, e, di conseguenza, semplificando troppo le complesse dinamiche dei personaggi, sminuendone così la profondità.
Particolarmente problematica risulta inoltre la conclusione della relazione tra Chuck e Wendy come “coppietta felice di separati in casa”, apparentemente scollegata dalla logica della storia e fin troppo casuale se messa in relazione al loro travagliato rapporto di coppia. Il discorso toccante del padre di Chuck, esprimendo improvvisamente il suo orgoglio per il figlio dopo anni di azioni più controverse, appare poi come l’ennesima svolta anticlimatica e poco coerente con il passato dei personaggi, mostrando anche, con quell’abbraccio conclusivo, un’eccessiva artificiosità che non aiuta la già irrealistica atmosfera a tarallucci e vino che accompagna gran parte dell’episodio. La repentina trasformazione delle varie dinamiche familiari che riguardano il personaggio di Paul Giamatti sembra infatti soltanto il disperato tentativo di fornire un lieto fine a discapito di tutto, ma la coerenza con lo sviluppo precedente dei personaggi appare quantomeno dubbia, generando quindi una sorta di dissociazione narrativa che non può passare inosservata.
La serie si conclude poi con l’esposizione degli epiloghi delle varie trame e sottotrame attraverso brevi sequenze conclusive, creando una sorta di “slide-show” interno che risulta affrettato e meno integrato rispetto alla tradizionale struttura narrativa della serie. Questo approccio, basato su una rapida successione di sviluppi, rappresenta un cambiamento di ritmo che influenza il modo in cui gli spettatori elaborano la conclusione della serie, lasciando una sensazione di conclusione precipitata e frammentaria. L’uso di una sequenza di epiloghi, pur volendo offrire una panoramica esaustiva degli esiti dei vari personaggi, finisce invece col compromettere l’impatto emotivo delle conclusioni dei vari archi narrativi, indebolendole considerevolmente perché pregne della già menzionata artificiosità sottesa alle varie interazioni finali tra i protagonisti.
…TRANNE MICHEAL PRINCE
Billions, costantemente permeato da richiami al wrestling professionistico, sembra abbracciare con zelo, nel suo episodio finale, le tecniche narrative spettacolari insite proprio in questo ambito. Tuttavia, un’osservazione critica di quest’ultimo atto della serie, rivela un’apparente subordinazione a convenzioni di narrazione tipiche dello spettacolo in questione. Lungo il corso di due stagioni, la serie ha costruito, in Mike Prince, un antagonista di proporzioni mastodontiche, il classico villain che necessita della più classica della tregue temporanee tra nemici giurati per poter essere sconfitto una volta per tutte.
Il climax narrativo quindi, seguendo la struttura tradizionale delle storie di wrestling, vede il trionfo del bene sul male in una modalità manifestamente convenzionale, a tutto vantaggio dell’applauso del pubblico. La storica faida tra Axe e Chuck si conclude, in maniera piuttosto banale, con una stretta di mano e il riconoscimento delle rispettive capacità; una chiusura che, nonostante gli intricati intrecci costruiti nel corso di queste sette stagioni, si manifesta in una sorprendente ortodossia narrativa.
Chuck e Wendy convivono nella felicità; Axe e Wags si preparano a una nuova avventura lavorativa; Taylor riceve nuovi uffici per la sua azienda, donati proprio da Bobby; Charles Rhoades Sr. rivolge al proprio figlio encomi dichiaratamente lusinghieri (ma quando mai?); tutti quanti ne escono milionari, perfino Scooter (la cui unica fortuna è quella di essere lo zio di Philip) e Spyros (senza motivo) e l’unico a essere massacrato è proprio Michael Prince, spogliato di quasi tutto il suo patrimonio e definitivamente fuori dalla corsa alla presidenza.
La critica più plausibile, forse, riguarda la prevedibilità e la conformità di tali conclusioni rispetto a schemi narrativi tradizionali. Tale epilogo appare in contrasto con l’anticipata complessità e l’ardire che gli spettatori avrebbero giustamente atteso da una serie storicamente complessa come Billions. La vittoria di Prince, ad esempio, avrebbe potuto conferire una prospettiva alternativa, quasi distopica, mentre un epilogo che vedesse Axe e Chuck concludere la loro trama in una sorta di drammatico omicidio-suicidio, avrebbe potuto apportare una risonanza narrativa ben più raffinata.
Senza contare che la decisione di non concludere la serie sulla celebre battuta di Axe “Let’s make some fucking money” (e quindi sull’immagine utilizzata per questa recensione) si configura forse come la più grande occasione sprecata di questo series finale.
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In conclusione, malgrado Billions sia stata per lungo tempo annoverata tra gli spettacoli televisivi più intrattenenti, la chiusura della serie sembra privilegiare l’intrattenimento convenzionale rispetto a una narrativa che aspiri a una conclusione più ardita e imprevedibile. In un panorama in cui la lotta contro villain alla Prince persiste nel mondo reale, la serie ha optato per la via della comodità, eppure, in una serie che ha sempre saputo elevare il proprio profilo, ci si poteva attendere una conclusione decisamente meno conformista e più articolata.
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.