Cosa succederebbe se aprendo Netflix ci si ritrovasse di fronte ad uno show su se stessi?
A questa domanda prova a rispondere “Joan Is Awful”, un episodio piuttosto difficile da giudicare vista la duplice anima della puntata che da un lato affonda pienamente le mani praticamente ricostruendo sotto diversi punti di vista la figura di Elizabeth Holmes sviscerata in The Dropout, dall’altro invece si perde in una metateatralità che è molto difficile da spiegare e che non tutti gli spettatori potranno apprezzare. Ed è giusto così.
Le due anime però sono piuttosto disconnesse l’una dall’altra e c’è un preciso momento in cui la puntata passa dall’essere “piuttosto interessante” all’essere “confusa e superficiale” e no, non è il momento in cui Salma Hayek è costretta a defecare in una chiesa durante un matrimonio (cosa piuttosto assurda e pertanto lodevole soprattutto perché la vera Hayek si è prestata per il ruolo) ma è quello che arriva subito dopo quando la stessa Hayek si presenta di fronte all’uscio di casa di Joan “Prime”. Quello è il preciso momento in cui tutta la struttura dell’episodio comincia a scricchiolare sotto i colpi di alcune scelte di scrittura un po’ troppo banali e che avrebbero invece meritato più tempo e spazio.
Salma Hayek: “So then who’s anus is doing the shitting?”
Avvocato di Salma Hayek: “Salma Hayek’s anus?”
Salma Hayek: “Bingo.”
Avvocato di Salma Hayek: “[…] Your image rights agreement with Streamberry. It’s page 39, paragraph 8: specifically covers any acts or behaviors Joan may exhibit up to, including, and beyond defecation.”
Salma Hayek: “Beyond defecation? […] I mean: doesn’t my asshole have any rights?”
UN’OTTIMA PRIMA METÀ
Charlie Brooker come al suo solito prende la tecnologia e la rivolta contro i protagonisti di ciascun episodio antologico, tecnologia spesso considerata come fin troppo avveniristica e pertanto molto distante dal presente con somma gioia di tutti. Questa volta però, “Joan Is Awful” tocca delle corde particolari perché esce in un periodo storico in cui si sente costantemente parlare di intelligenze artificiali (IA) pronte a soppiantare il lavoro di praticamente chiunque. Un’esagerazione allo stato attuale visto ma comunque una preoccupazione che esiste e che, molto probabilmente, diventerà realtà nei prossimi quattro-cinque anni.
Esistono IA di diverso tipo, la più famosa è sicuramente ChatGPT (per la scrittura) ma c’è anche Bard e poi per esempio anche Midjourney (per le immagini). La sostituzione del volto di un attore con quello di un altro attore non è fantasia ma è effettivamente possibile e pertanto la vendita dei diritti di riproduzione di Salma Hayek come attrice non è un qualcosa di distante anni luce ma è già in qualche modo in via di sviluppo. Quindi Brooker in questo caso, avendo concepito l’episodio ben più di un anno fa, è stato come al suo solito visionario ma con meno lungimiranza del solito.
Quello che funziona sicuramente meglio è la riproposizione praticamente immediata della vita di Joan “Prime” in Joan Is Awful su Streamberry, un elemento distopico e dannatamente d’impatto per chiunque guardi perché, volente o nolente, suscita curiosità e porta lo spettatore ad incuriosirsi sempre di più circa il retroscena di questa trovata. Retroscena che purtroppo è il vero punto debole dell’episodio.
UN FINALE CHE SI PERDE NELLA SUA METATEATRALITÀ
Se la spiegazione arrivata circa a metà episodio poteva essere serenamente sufficiente se abbinata alla creazione in CGI della serie tv su Streamberry, Brooker però si rovina con le sue stesse mani finendo in un territorio impervio da cui è molto difficile uscire sani e salvi. Ed infatti nè lui, nè questa season premiere ne escono intatti.
La metateatralità di “Joan Is Awful” e Streamberry sono chiaramente il punto di forza della puntata ma, quando Charlie Brooker opta per la discesa negli scantinati della copia con la S di Netflix, tutto all’improvviso diventa confuso, un po’ troppo ironico ed eccessivamente affrettato per chiunque. La rivelazione data allo spettatore, ovvero quella di essere di fronte ad una realtà simulata in cui gli stessi protagonisti scoprono di essere essi stessi copie non reali generate da un computer quantico che sta riproponendo fatti realmente accaduti nella vera realtà in cui vive Joan “Source”, arriva nel giro di 30 secondi e viene sbattuta in faccia al pubblico che rimane verosimilmente confuso e non può in alcun modo digerire quanto appena appreso senza guardare la stessa scena almeno una seconda o terza volta. E anche allora non è detto che il tutto aiuti a migliorare l’opinione di questo finale.
L’happy ending in cui Joan “Source” apre la sua caffetteria e vive felice e contenta è poi un altro elemento che potrebbe non andare giù a tutti, specialmente a chi si aspetta sempre un finale agrodolce e/o violento da Black Mirror. Finale che in questo caso fa letteralmente “un po’ cagare”.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Con un po’ più di cura “Joan Is Awful” avrebbe potuto essere un ottimo episodio ed invece la seconda parte della puntata getta un po’ tutto alle ortiche affrettando una conclusione che, essendo piuttosto complicata, avrebbe invece meritato più tempo per essere digerita dallo spettatore. Peccato perché c’erano tutte le potenzialità per concluderla nel migliore dei modi.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.