Succession è finita, lunga vita a Succession.
Lo abbiamo detto più volte in questa ultima stagione: in questo marasma di serie tv ormai tendente, purtroppo, sempre più verso la quantità piuttosto che la qualità, HBO l’ha fatto ancora. Un altro capolavoro che entra di diritto nella storia di questo medium e, adesso possiamo dirlo, un altro finale perfetto, alla stregua dei grandi del passato, i vari Six Feet Under, I Soprano, The Leftovers e, soprattutto, The Wire, con cui presenta più di qualche punto in comune. Un finale quasi anti-climatico, quasi “non serio”, specie nelle sue battute conclusive, proprio come aveva predetto Logan ad inizio stagione in quelle quattro pesanti e ultime parole rivolte ai figli.
Nel giugno del 2018, ossia cinque anni fa, Succession esordiva sulle reti HBO, in cui in una domenica passata in famiglia Logan Roy aveva un malore improvviso, forzandolo a ragionare, dopo aver posticipato la fatale questione il più possibile, su chi dovesse essere il suo “successore”, appunto. Si apre, da quel momento, quella “parentesi della loro vita“, per usare le parole del suo autore Jesse Armstrong, in cui si sono avvicendati giochi di potere, tragedie in salsa shakespeariana, ma soprattutto gelosie e scontri fratricidi, letteralmente fino alla fine. In una circolarità unica, infatti, l’ultimo scontro finisce per dare ragione ai dubbi del padre, premiando chi in quella lotta alla successione non era neanche mai stato preso in considerazione, perlomeno dai suoi figli, accecati come sono sempre stati dal proprio diritto di sangue, che però da solo non può bastare e questo Logan Roy l’aveva sempre saputo.
“A MEAL FIT FOR A KING!”. MOTHER, FATHER AND SON
Come ogni “finale perfetto” che si rispetti, la ciclicità del percorso dei protagonisti la fa da padrone, attraverso quei temi, simbolismi e luoghi ricorrenti che li hanno accompagnati in questo lungo viaggio. Tutta la prima parte d’episodio, che finirà col collegarsi al suo ultimissimo frame, vede così dominare l’acqua. Nella vastità dell’oceano si consuma, in questo bagno notturno insieme, la rinascita, almeno apparente, della ritrovata unione fraterna tra i tre giovani Roy, a simboleggiare quel liquido amniotico che li accomuna, proprio lì, nella tenuta della loro madre. Da quell’abbraccio nel finale della scorsa stagione, che li ha visti finalmente riavvicinarsi, hanno dovuto affrontare ancora un “tradimento”, quello di Shiv, che nel suo essere così diverso nelle dinamiche rispetto al passato, così sofferto, è anche quello che non a caso viene tanto velocemente perdonato, in seguito alla fatidica soffiata del cugino Greg. La morte del padre li ha costretti a diventare finalmente adulti, e nella già iconica scena del “meal fit for a King!” sta tutto il loro rifiuto, il loro desiderio di tornare bambini e costringere il fratello più grande, nella sua investitura a “King” dell’azienda del padre e di conseguenza di tutti loro, a dover ingurgitare un ultimo disgustoso pasto. Qui la superba prova dei tre attori è qualcosa di mai visto prima, nelle loro risate sguaiate, ubriache di gioia e adrenalina, nelle loro smorfie distorte e fanciullesche, si respira tutto quel senso di liberazione che tanto hanno agognato in questi anni. La decisione è presa, l’ascia di guerra è stata seppellita, possono tornare ad essere bambini e fratelli insieme anche solo per un momento, per quanto fugace possa essere.
Ed ecco che, quasi naturalmente, dopo esser passati dalla dimora materna, questo “viaggio a ritroso” finisce per portarli in quella paterna. I giochi e gli scherzi consumati di nascosto all’autorità genitoriale prendono così posto, in quel momento condiviso davanti alla televisione, all’ammirazione sconfinata per la grandezza del padre. I fragori delle risate vengono sostituiti da quei silenziosi occhi lucidi, perché semplicemente non ci sono parole. I quattro Roy tornano ancora una volta bambini, quando guardavano quell’uomo dall’aura così potente, così grande e infallibile, con quell’orgoglio e fierezza di essere i suoi figli. E questo accade mentre attorno a loro quella casa, i suoi cimeli di una vita, vengono venduti, quasi a suggellare la fine di questa parentesi felice ed altrettanto fugace. Il “business” avviato da Connor per finanziare i suoi piani futuri con la sua neo-moglie, così come la sconvolgente scoperta del prossimo successore designato da Mattson, sono l’altra faccia della medaglia della loro famiglia, il dualismo perenne tra affetto ed affari che ha segnato le loro esistente. E non è ancora un caso, a tal proposito, che alla fine della fiera sarà proprio Connor quello più felice degli altri, il fratello maggiore che dai discorsi di successione è sempre stato estromesso, che ha forse sofferto più di tutti nel non ricevere quell’amore concesso agli altri, in maniera pur ridotta, e dopo averlo finalmente trovato semplicemente vorrà passarci il resto dei suoi giorni.
“YOU’RE NOT SERIOUS PEOPLE”. THE ELDEST BOY
La rottura dell’illusione non può che arrivare allora una volta abbandonato quell’idillio familiare, nel palazzo della Waystar Royco, il luogo principe della fine della loro innocenza. Ed è proprio lì che, stando ai piani, con Kendall designato a prendere il posto del padre, letteralmente, i tre fratelli sarebbero dovuti diventare “grandi”, assumendone l’eredità e quindi il controllo dell’azienda. Ma davanti al consiglio, nel momento del voto decisivo, Shiv “apre gli occhi”, come da titolo dell’episodio, rendendosi conto che quelle ultime parole rivoltele dal padre erano più vere che mai. Nel vedere Kendall sedersi sulla sedia di Logan, privo della minima compostezza e autorità del suo predecessore, Siobhan si rende conto che quella crescita necessaria non è avvenuta, che il fratello, per quanto gli possa voler bene, non è e non sarà mai capace di impersonare quel ruolo, non avrà mai quella “serietà”. Lei che, come ha raccontato al suo funerale, da ragazzina osservava a lungo il padre aggirarsi per quegli uffici, completamente a suo agio, intimorendo e dominando tutti con la propria presenza. E proprio tutti i loro rispettivi elogi funebri quasi si ripercuotono negli eventi attuali, con Roman che ne porta ancora le scorie, ritrovatosi incapace di reggere una simile pressione e crollando miseramente; ma soprattutto con Kendall, che nel prendere in mano la situazione ha ingannato tanto loro quanto se stesso, per praticamente tutta la vita, auto-convintosi di esserne l’unico e degno successore, ancorato a quella promessa fattagli da Logan quando aveva sette anni.
E come uno specchio che si rompe, l’inganno si spezza, e per l’ultima volta i fratelli tornano bambini, solo che alle risate e alle lacrime stavolta fanno posto le meschinità, la rabbia e le gelosie. Siobhan che gli rinfaccia la tragica morte del ragazzo, Roman che allude ai problemi coniugali del fratello e alla legittima paternità dei suoi figli, Kendall che esplode e prima nega disperato l’omicidio e poi urla quell‘infantile “I‘m the eldest boy!“, fino all’aggressione fisica che mette una pietra tombale su tutto. Anche l’ultimo candidato, tra loro, perde qui la sua possibilità di successione e con essa tutto il resto, lui che più di ogni altro ci aveva creduto investendoci e sacrificando ogni cosa, compreso la sua famiglia e i suoi affetti più cari. Tutto per quella promessa di 33 anni prima, poi rimangiata come testimonia la linea sul suo nome, sul testamento del padre, che a questo punto sì, chiaro come al sole, era una barra.
“IT’S ME”. THE SUCCESSION
L’unico e solo vincitore si rivela essere Tom Wambsgans ed in fondo è sempre stato lui, specie per chi lo ha osservato (e adorato) per tutte queste stagioni. Proprio come si diceva già ai tempi della season première, non solo è il personaggio col percorso più straordinario all’interno della serie, ma è quello che si è dimostrato più simile a Logan, ancor più dei suoi stessi figli. Nella sua gestione delle priorità personali, nel suo sacrificare l’amore per il bene degli affari, dell’azienda, della salvaguardia del proprio status economico sì ma soprattutto sociale. Perché Tom è diventato adulto prima di tutti gli altri, da quando ha sancito a malincuore il patto matrimoniale con Shiv per poi accettare di essere l’agnello sacrificale dello scandalo delle crociere Waystar. Lui quella protezione che l’essere nati nella famiglia Roy riserva non l’ha mai avuta, anzi è sempre stato il primo nome della “death list” aziendale, in ogni occasione, perfino all’ultimo momento, quando proprio sua moglie ne doveva diventare il CEO. Eppure a fare quell’ingresso trionfale nel corridoio, a mettere quella firma sul contratto, ci finisce lui, col bonus di mantenere comunque intatta la propria unione coniugale, addirittura invertendone i ruoli di “potere”, con tanto di erede in arrivo. La differenza con Kendall sta tutta in quella camminata, imponente, quasi regale ma soprattutto “seria”. E con lui vince anche Greg, che ha formato di proprio pugno fin dal principio, a suon di vessazioni e cinici insegnamenti, che il giovane nipote ha dimostrato di assimilare persino quando poteva causare la sua disfatta. Nel suo completo egoismo, nella sua falsa riconoscenza e totale assenza di lealtà, è paradossalmente il rapporto più sincero e “vero” visto nella serie ed è proprio nella consapevolezza di questo principio che Tom sceglie di premiarlo, esclusivamente perché adesso sa che Greg gli “appartiene”, simbolicamente quanto letteralmente. In questi anni hanno imparato le durissime regole del gioco, insieme, finendo col padroneggiarle a proprio vantaggio, ed è per questo che non ci può essere che alleato migliore, nel bene e nel male.
Chi invece con quelle regole ci è cresciuto, finendone però con l’esserne tragicamente schiacciato, sono i tre fratelli Roy, il cui futuro da qui in avanti sarà tutto fuorché felice, come raccontato dallo stesso Armstrong nelle sue dichiarazioni post-messa in onda. Ma in fondo, senza che lo esplicitasse a parole il suo creatore, sarebbe bastato riguardare la bellissima ed elegante carrellata finale, che ricorda tanto quella che chiudeva The Wire, come anticipato, nel suo esistenzialismo ciclico tanto potente, poetico quando profondamente malinconico. L’accennato sorriso disilluso di Roman, le mani di Shiv e Tom che arrivano a toccarsi freddamente (facendo il pari con il loro stringersi, molto più amorevolmente, nella season première) mentre i loro volti guardano in direzione opposta, Kendall e l’oceano, quella vastità d’acqua che di fatto l’ha prima illuso, poi rovinato e che lo perseguiterà per tutta la vita. L’intera sequenza riservata a lui, per un solo istante, mentre osserva la riva, può essere vista come la sliding door nella mente di Armstrong, che inizialmente aveva pensato al suo suicidio. A quella “parentesi della sua vita” che è stata la corsa alla successione, invece, Kendall decide infine di voltare semplicemente le spalle, andando incontro ad un destino molto più sottilmente crudele per il suo personaggio (e sicuramente meno banale), a sancire l’ultima ed ennesima scelta autoriale perfetta.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Proprio come Kendall di fronte all’oceano, guardiamo al termine di questo series finale con la stessa sensazione di vuoto, perché se n’è andata un’altra pietra miliare della tv che abbiamo tanto amato. Succession è stata anche una parentesi delle nostre vite, in fondo, adrenalinica ed emozionante come per i suoi protagonisti, probabilmente altrettanto triste nel momento della sua conclusione. Una magra consolazione è che, per quanto ci riguarda, possiamo riguardarla e riviverla per quante volte vogliamo e di questo, ancora e per l’ultima volta, siano benedetti Jesse Armstrong e gli autori tutti, l’intero e straordinario cast dello show, sia benedetta HBO.
Quanto ti è piaciuta la puntata?
5
Nessun voto per ora
Tags:
Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.