“Blutsbande” si pone come incipit della seconda metà di episodi di Hunters, riprendendo esattamente da dove il pubblico era rimasto, con Jonah paralizzato dopo il rapimento di Clara.
L’episodio mette finalmente il piede sull’acceleratore e condensa in poco più di 45 minuti sviluppi importanti di trama, cosa che stupisce dato che la serie ha sempre preferito prendersi i propri tempi.
ENNESIMO INUTILE FLASHBACK
Il flashback di questo episodio si focalizza sulla storia di Roxy. Mentre viene portata d’urgenza in ospedale, il focus passa alla sua storia conflittuale, incluso il suo desiderio di far del bene per la comunità anche se a discapito di sua figlia, che è completamente trascurata.
La scelta di strutturare la seconda e ultima stagione in questo modo, in un alternarsi di passato e presente, serve fondamentalmente a mantenere Al Pacino nel cast, un po’ per aggiungere alcuni elementi passato sconosciuti al pubblico, ma soprattutto per poter godere ancora della sua brillante interpretazione. Così facendo, vengono passati in rassegna tutti gli Hunters, cosa di cui non si sentiva realmente la necessità, specialmente in questo caso.
La backstory di Roxy, infatti, nulla aggiunge e nulla toglie alla storyline principale.
Anche Al Pacino, per quanto bravo, si ritrova come una sorta di fantasma all’interno della serie. Questa scelta narrativa ricorda moltissimo lo stesso escamotage utilizzato per il personaggio di Berlino ne La Casa di Carta.
In questo caso, Hunters, almeno per ora, avrebbe retto benissimo una stagione condensata e conclusiva con meno episodi, piuttosto che aggiungere elementi non necessari.
TUTTO ALL’IMPROVVISO
Fortunatamente, non si può dire lo stesso di ciò che avviene nel presente narrativo. Infatti, succede di tutto, letteralmente: inseguimenti, il bacio tra Millie e Harriet, l’incursione nel nascondiglio (meno tarantiniana di quanto ci sarebbe auspicato), la liberazione di Clara, la redenzione di Joe e, soprattutto, la possibilità di arrivare al nascondiglio di Hitler.
L’episodio, diretto da Tiffany Johnson (che ha diretto qualche episodio di Dear White People e della recente Mike), si distacca dai precedenti proprio per la scelta di dare una smossa improvvisa a tutta la vicenda. Gli sviluppi non avvengono però in modo approssimativo: importantissimo è il conflitto iniziale tra Jonah e Chava, la quale si rifiuta di correre a salvare la fidanzata del nipote.
Chava: ‘Thirty years. Thirty years I’ve been searching for this man. We are closer now than ever. Our responsibility is to the six million, not to his shiksa girlfriend.‘
Eppure, proprio grazie a questa decisione, si arriverà proprio a conoscere il nascondiglio di Hitler. Nonostante il ritmo incalzante, Hunters riesce a fermarsi anche solo per una scena per donare intensità alla presa di una decisione, scelta che si rivelerà poi vincente.
LOGAN LERMAN: WOW!
C’è una cosa sulla quale il pubblico di Hunters non potrà che essere d’accordo: il talento di Logan Lerman.
In “Blutsbande”, l’attore raggiunge l’apice di una profonda e credibile intensità emotiva maturata nel corso degli episodi. Se con l’incipit della seconda stagione è stato fatto il salto che da ragazzino lo ha trasformato in uomo, questa volta la sua interpretazione si spinge ancora oltre. La sua determinazione nel raggiungere il proprio obiettivo traspare da ogni singola espressione, mischiando un lato più dolce con uno più oscuro, entrambi caratteristici della crescita caratteriale del suo personaggio.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Con “Blutsbande”, la serie compie diversi passi avvicinandosi all’epilogo finale. Il cast è sempre degno di nota. Non si può dire lo stesso dell’utilità dei flashback che, anziché aiutare nello sviluppo, rischiano di rallentare troppo il ritmo della storyline principale, che se la sarebbe cavata benissimo anche senza parentesi superflue.
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.