Dopo un primo episodio di stagione molto discutibile, questo secondo rimette in pista alcuni pregi della serie, insieme ai suoi difetti. Sembra quasi che non se ne possa fare a meno.
VITE SENZA SCAMPO
Una caratteristica preponderante che ha sempre caratterizzato la serie è l’inevitabile destino che sembra accompagnare i suoi personaggi.
Mai come in questo episodio, le loro vite e soprattutto la destinazione del loro vagare in un mondo ostile, sembra portarli sempre in zone di perdizione.
L’unico a salvarsi (per il momento) è Kyle che con la nascita del figlio sembra aver preso conoscenza di speranza all’interno della sua esistenza, quantomeno in termini ideali. Interessante, per esempio, il suo dialogo con l’agente Robert che sostanzialmente gli spiattella in faccia la realtà dura della sua inadeguatezza nel fare altro oltre il poliziotto della omicidi, sempre così insicuro sul da farsi e artefice di disastri. Un bel bagno di realtà, lontano da quella modalità del fratello nel sapere sempre cosa è meglio per sé.
MIKE GIRA IN TONDO, AGGIRANDO IL PROBLEMA
Viene spontaneo cominciare a considerare anche l’inadeguatezza di Mike al suo ruolo di “sindaco”. Già dallo scorso episodio, la voce narrante suggerisce come lui viaggi in bilico tra il bene e il male non essendo consapevole pienamente di dove si voglia trovare.
Le cose gli sfuggono di mano e nessuno sembra seguire i suoi consigli, frustrando la sua innata mania del controllo. Bunny, Iris, la sua squadra della polizia. Ognuno sembra scegliere la sua strada e a lui non rimane che fuggire dai suoi fantasmi. A cominciare dalla figura della madre che, grazie alla storia di Anna, ritorna immancabilmente a far male, forse ancora di più che nell’episodio scorso al funerale.
La vendetta della madre per il figlio verso il suo assassino rivela l’impotenza di Mike nel poter realmente risolvere i problemi e quindi al suo ruolo discutibile nella società, come suggerito dal Capitano Kareem. Inoltre, gli ricorda che sua madre non approvava le sue scelte di vita, sempre al limite della morte in un ruolo discutibile.
Un personaggio tanto senza speranza che neanche prova a capire se Iris se ne sia andata veramente oppure no.
… IRIS…
Al secondo episodio sembra evidente come ancora non si sappia cosa farne del personaggio di Iris, poiché ricade nella sua solita storia, una banale scesa negli inferi che poteva tranquillamente evitare se non perché funge da strumento narrativo per riattivare Mike (si presume più avanti nella trama).
Se l’atmosfera sempre parca di speranza che avvolge la serie, insieme a qualche dialogo azzeccato, rende il tutto interessante, il suo grande difetto è la ripetitività delle situazioni dove si fatica a trovare spunti interessanti e ben sviluppati. La trama di Iris è stanzialmente noiosa e riempitiva. Non aggiunge altro che un certo fastidio verso questi cliché ripetuti.
Il tutto tralasciando la trama russa di cui frega poco a nessuno visto che è proprio inserita per riempire il vuoto di Mylo (anch’esso, va ricordato, non perfettamente centrato come personaggio).
Quest’episodio cresce un po’ di più del precedente, ma onestamente si fa fatica ad andare oltre la sufficienza. Manca forse un vero contrappunto cardine da opporre a Mike che sembra un pastore sfigato il cui gregge proprio non ascolta.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Va un po’ meglio, ma ancora ce ne vuole per alzare un livello che appena arriva alla sufficienza. Altri otto episodi si possono pure concedere, ma tentare la pazienza non è mai stata una buona idea.
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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.