Sei puntate uscite e ancora quattro rimaste alla fine di questa quarta stagione di Miracle Workers e, al netto di quanto visto finora, risulta particolarmente difficile trovare un reale senso a ciò che si sta assistendo. Questo sesto episodio, a voler essere del tutto onesti, ha quantomeno il merito di esagerare costantemente, oscillando tra il nonsense e il cringe a suon di parrucche rosa, gag robo-erotiche ed estrazioni di organi per nulla vitali, quali ad esempio il cuore, manco ci si trovasse in un Tempio Maledetto qualunque. A parte questo, però, ben poco di buono resta da apprezzare allo spettatore, probabilmente ancora dubbioso sul perché questa serie continui a chiamarsi Miracle Workers e non qualcosa del tipo: “Daniel Radcliffe & Steve Buscemi have to pay the mortgage: End Times“.
È LA LOCURA RENÉ
Lorenzo lo schiavo: “Il sentimento più forte che sento è la vergogna.” (Boris, 1×06)
Prendendo in prestito le parole del caro Lorenzo, lo schiavo di Boris, nel corso della visione di questo sesto episodio il sentimento più forte che verrà percepito dallo spettatore sarà sicuramente la vergogna. O meglio, il classico imbarazzo che sta dietro alla comicità nonsense alla The Office – lungi dal voler paragonare le due serie, si è utilizzato questo titolo solo per descrivere questo particolare tipo di comicità – condito da quel pizzico di umorismo alla Vanzina che attira l’attenzione dello spettatore costringendolo a guardare non per genuino interesse ma per il classico effetto “incidente stradale” per il quale risulta impossibile distogliere lo sguardo a prescindere dagli sforzi compiuti per farlo.
Non tutto il male viene per nuocere quindi e, nonostante la completa insensatezza di quanto visto in “Olympus” e l’assoluta inutilità di questa stagione, ancora una volta pienamente confermata, questo sesto episodio finisce col regalare qualcosa al suo pubblico. Qualcosa che non si capisce bene se sia positivo o negativo, ma pur sempre qualcosa, che di questi tempi è già un grosso traguardo, specialmente in ambito comedy.
Ricapitolando, dunque, i punti più “alti” di questa sesta puntata, è possibile assistere a, in ordine di apparizione: infestazione di bambini randagi come fossero ratti; i genitori di Freya vestiti come Jared Leto un qualsiasi martedì mattina; Steve Buscemi che si fa dipingere come Rose in Titanic e poi cambia il toner a TI facendo allusioni sessuali; Daniel Radcliffe che diventa un pupazzo da ventriloquo; Scraps che si rade le sopracciglia e si mette un fiocco rosa in testa facendo arrapare uomini anziani parlando di diarrea; Daniel Radcliffe che lancia vari organi sui suoi inseguitori come se nulla fosse.
Senza dubbio un bel gruppetto di situazioni senza senso sul quale riflettere, ma soprattutto in grado di sollevare un importante quesito in qualsivoglia spettatore al termine dell’episodio: “cosa cazzo ho appena visto?“.
A voi la libertà di scegliere come questo sesto episodio vi ha fatto sentire.
D’ALTRO CANTO PERÒ…
Seguendo vagamente lo schema dei vecchi libri game, reliquie oramai conosciute solo da ultratrentenni ed eterni vergini – a voi l’onere di capire a quale categoria appartiene il recensore – se l’episodio vi è piaciuto saltate direttamente alla parte finale, così da assaporare il parziale happy ending che cerca di non accanirsi ulteriormente su una serie già morta e defunta da tempo. Se invece questo sesto episodio vi ha procurato lo stesso effetto della combo caffè/sigaretta dopo una cena abbondante al ristorante messicano, allora continuate pure a leggere questo breve paragrafo scritto soltanto per raggiungere la lunghezza minima necessaria alla pubblicazione della suddetta recensione.
Innanzitutto, l’improvviso arrivo dei genitori di Freya avrebbe potuto regalare qualche spunto più interessante se la storia avesse avuto luogo a Boomtown, mentre spostare la narrazione in questa città utopica nel cielo spinge il tutto verso una direzione del tutto assurda e, francamente, anche piuttosto banale nelle idee alla base del suo sviluppo (conflitto ricco/povero e sfruttamento dell’ingenuità/stupidità di Sid da parte dei suoi nuovi “amici” borghesi).
Guardare il character di Radcliffe ritrovarsi affascinato da questo mondo d’abbondanza mai sperimentato prima solo per essere ridicolizzato da tutti è abbastanza prevedibile, così come la necessità di Freya e Scraps di “adattarsi” alla situazione per non risultare fuori luogo rispetto ai presenti. Sul lancio degli organi, poi, non occorre dilungarsi ulteriormente.
Il segmento dedicato a TI e Morris poteva effettivamente portare a qualcosa di sensato, come ad esempio uno sviluppo del loro rapporto e dell’opinione del character di Buscemi rispetto ai non-umani. Invece, si torna esattamente al punto di partenza, con TI che guarda Morris dall’alto in basso e quest’ultimo ancora disgustato dai robot. Proprio mentre la crescita sta per iniziare, gli sceneggiatori decidono dunque di deviare dal percorso rimettendo tutto com’era all’inizio, rendendo di fatto l’intero scenario – e a voler essere sinceri l’intero episodio – una colossale perdita di tempo.
Niente di nuovo, insomma.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Un Save Them All che non rispecchia un giudizio effettivo dell’episodio ma piuttosto una totale arbitrarietà da parte dello spettatore, che potrà goderne o vomitarne a sua discrezione. In termini di qualità, è indubbia l’inutilità raggiunta dalla serie con questo quarto arco narrativo, ma d’altro canto sembra che i suoi protagonisti si divertano genuinamente a mettere in scena questa sequela immensa di cazzate puntata dopo puntata, e almeno questo va riconosciuto.
La speranza, comunque, è che dopo questa quarta stagione si decidano finalmente a chiudere baracca e burattini. Sarebbe bello poter dire “con dignità finché sono ancora in tempo” ma quella barca è ormai salpata da tempo.
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.