Come ogni storia che si rispetti, una volta raggiunto il massimo del successo si può solo cadere per poter poi risalire.
Questo lo sa bene Paul Westhead (Jason Segel), allenatore e amante dei capolavori shakesperiani che in uno stupendo dialogo con un giovane Pat Riley (Adrien Brody), descrive la situazione dei Lakers dopo il loro primo titolo NBA proprio grazie ad una metafora con l’Otello.
Inizia esattamente da qui la seconda stagione di Winning Time: The Rise Of The Lakers Dinasty, serie tv HBO ideata da Max Borenstein e basata sulla storia della famosa franchigia americana e del suo mito sportivo.
Il primo episodio di questo secondo capitolo riparte esattamente da dove si era interrotta la storyline orizzontale precedente, con i Lakers che, forti del loro primo titolo NBA vinto, devono affrontare una nuova stagione (quella del 1980-1981) consapevoli di non essere più una “cenerentola” del campionato ma di essere diventati la “squadra da battere”.
STARS VS TEAM: RANCORI E DISSAPORI IN CASA LAKERS
Paul Westhead: “Team beats stars. Everytime!”
Con il suo solito ed impeccabile stile di regia e storytelling, che unisce filmati in found footage e ricostruzioni con un filtro che richiama direttamente agli anni 80, la regista Salli Richardson-Whitfield offre una buona ricostruzione storica del periodo e del contesto narrato.
La NBA sta vivendo in pieno l’epoca dello showtime che, complice anche la filosofia edonista del periodo, pone sempre più attenzione ai singoli giocatori più che al team, facendoli diventare delle vere e proprie “star” (la prima scena in cui si vede Magic Johnson avviene tramite un cartellone pubblicitario della Pepsi).
Ovviamente in uno sport di squadra come la pallacanestro questo può creare tensioni interne. Tra queste spiccano quelle fra lo stesso Magic Johnson e Kareem Abdul-Jabbar, in cui il primo rappresenta l’astro nascente della squadra e l’altro il re ormai decaduto che non ha alcuna intenzione di lasciare il proprio scettro al successore.
Il plot twist dell’infortunio di Magic a inizio campionato non aiuta certamente in questo, dal momento che da qui in poi si creerà inevitabilmente una frattura fra il giocatore e il resto della squadra, mentre il ciffhanger finale dà il benservito alla squadra padrona di casa confermando come, anche quest’anno, i Lakers siano destinati a soffrire.
PADRI E FIGLI
Tutto questo non può che far gioire lo spettatore che si ritrova coinvolto all’interno di tali contrasti e diatribe dallo stile certamente soap-operistico ma mai banale (in fondo decisamente “americano”).
Il tema comune rimane sempre quello del “vecchio” vs “nuovo” (simbolo dello spartiacque non solo sportivo ma anche culturale che i Lakers rappresentavano all’epoca), qui con l’aggiunta della tematica “famigliare”.
I protagonisti risultano più maturi rispetto alla scorsa stagione ed è inevitabile che, forti di questa “maturità”, si scontrino sempre più fra loro. Sono soprattutto i rapporti fra padri e figli il focus principale di praticamente tutte le storylines mostrate nella puntata: Magic si ritrova inaspettatamente un figlio non riconosciuto; Kareem diventa genitore acquisendo una nuova consapevolezza di sé e del suo peso nella squadra; Jerry Buss deve vedersela con i propri eredi che non sembrano intenzionati a prendere in eredità il carrozzone di Lakers.
Fra tutti questi contrasti risulta chiaro come la sfida principale di quest’anno sarà vedere quale sarà il futuro dei Lakers dal momento che, come dice il titolo stesso, “non basta un anello per creare una dinastia”.
CONCLUSIONI
L’episodio dunque procede in maniera abbastanza schematica ma corretta, dando allo spettatore un rapido “recap” di quanto successo prima e introducendo vecchi e nuovi personaggi.
Il tutto senza rinunciare allo sperimentalismo visivo che già aveva fatto la fortuna dello show. Ancora una volta, infatti, le scene migliori sono quelle girate sul campo da gioco che danno la sensazione di essere effettivamente lì. In particolare, la sequenza della sfida durante il training camp ha più di un richiamo alla scene di combattimento in Toro Scatenato di Martin Scorsese, con la telecamera che segue in maniera dinamica i vari protagonisti, con il risultato di avere riprese più “sporche” ma efficaci dal punto di vista della tensione emotiva.
Anche quest’anno dunque c’è da aspettarsi grandi cose da questo show targato HBO, una delle migliori serie tv a tema sportivo mai realizzate di sempre.
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Torna lo show che racconta di una delle dinastie sportive più famosa di sempre: i Los Angeles Lakers degli anni 80. Dopo i fasti del primo titolo la squadra deve ricomporsi fra vecchie e nuove rivalità interne con uno sguardo ai problemi dovuti al successo e alla fama.
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!