Nell’Aprile 1996, come viene perfettamente mostrato da questo “Pamela In Wonderland”, Pamela Anderson veniva interrogata in maniera piuttosto discutibile circa la sua storia e sul come fosse passata dall’essere una comune ragazza canadese al sex symbol di tutto il mondo occidentale.
Un interrogatorio più votato al pubblico ludibrio piuttosto che all’imparzialità e, di conseguenza, estremamente disturbante, specialmente se si considera tutta la storia pregressa che ha portato la Pamela nazionale a subire questo discutibilissimo trattamento. Ed è proprio su questo punto che si focalizza la regia di Hannah Fidell e la penna di Sarah Gubbins, e non è un caso che siano proprio due donne e non due uomini a firmare quest’ennesimo disturbante episodio di Pam & Tommy. Perché, va riconosciuto, qualsiasi altra scelta sarebbe stata sbagliata in quest’occasione.
A tal proposito, la Redazione di Recenserie fa un mea culpa perché a scrivere questa recensione non è una donna ma un uomo che si è fatto un esame di coscienza. Ma questo è un altro discorso.
Hugh Hefner: “Could I be so bold as to offer some advice?”
Pamela Anderson: “You already are.”
Hugh Hefner: “People will pay you to be the Pamela that they want. The tabloids, the studios, even me. But that number, that dollar figure will never represent what you are worth.”
Pamela Anderson: “Are you saying you got a deal? I should ask for more.”
Hugh Hefner: “Always. Don’t forget. Separate your price from your worth. You do that, and you can be any version of Pam you need to be and still remember who you are.“
ROAD TO PAMELA ANDERSON 1996
Questo terzultimo episodio ha un unico scopo: delineare un chiaro percorso che ha portato Pamela lì dov’è in questa puntata enfatizzando i diversi modi in cui l’essere umano di sesso maschile la valuta.
Da un lato, durante il flashback del 1989, si denota una certa territorialità maschile di un fidanzato geloso che pensa di poter dire alla sua ragazza cosa può e non può fare, dall’altro nel presente del 1996 una serie di domande scomode e poste solo per puro piacere dell’avvocato che è totalmente focalizzato nel far sentire la canadese una prostituta.
In tutto ciò, il passaggio fondamentale che è necessario alla contrapposizione con il “presente” è l’ascesa fino alla Playboy Mansion in cui Pamela viene a contatto con la fama e un successo che fino a pochi mesi prima era impensabile. Un successo e una serie di complimenti che si pongono in netta contrapposizione con un interrogatorio che capovolge i fronti facendo cambiare istantaneamente tutte le opinioni maschili, le stesse opinioni che, verosimilmente, hanno anche apprezzato privatamente le performance artistiche di Miss Lee.
Il disgusto è lì pronto per essere provato da ogni spettatore e non potrebbe essere altrimenti visto che è l’unica sensazione che si può provare guardando passivamente l’interrogatorio e domande come quelle che seguono.
“Mrs. Lee, do you recall how old you were the first time you publicly exposed your genitals?”
L’unica nota stonata in tutto ciò è l’assenza strategica di Seth Rogen e il sotto utilizzo di Sebastian Stan che passa in secondo piano (anche comprensibilmente) in una puntata che si focalizza totalmente sull’impatto psicologico, morale e legale di una vicenda che sta facendo passare la vittima per colpevole.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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In questi 32 minuti, “Pamela In Wonderland” riesce a mettere il punto esclamativo sul maschilismo che ha rovesciato una situazione drammatica in un fiume di sensi di colpa e denigrazione che fanno riflettere e gettano luce su una situazione che avrebbe spezzato la psiche di molte ragazze. Tocuhé.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.